Una sentenza ieri ha riconosciuto in Italia il diritto di usare le tecniche di diagnosi genetica preimpianto. Così viene riportato dalla stampa e questa novità richiede delle riflessioni giuridiche, ma anche riflessioni “biologiche”. Già, perché, prima di qualunque giudizio legislativo o medico, sta il dato di fatto biologico. Certo, c’è il dato della malattia che non si vuole che si ripresenti in un proprio figlio, ma c’è un dato ancora più a monte: riconoscere che tutti siamo stati embrioni e la diagnosi preimpianto serve a “scartare gli embrioni”. Sembra una banalità, ma è proprio il centro della questione: selezionando degli embrioni, alcuni restano non utilizzati e finiscono congelati indefinitamente, o verosimilmente, se malati, vengono “eliminati”. Ora il problema è proprio ricordare che tutti siamo stati embrioni, proprio come un giorno più o meno vicino saremo vecchi e che l’essere umano in quanto tale merita il massimo di rispetto, indipendentemente da etnia, religione, sesso, età, capacità di esprimersi e anche “nonostante le apparenze e le dimensioni”: non va “congelato” o “eliminato”. Tutto qua.
Da questo fatto incontrovertibile bisogna partire e trarre le conseguenze. L’embrione non è una forma di vita animale o aliena (che comunque meritano rispetto), ma un essere umano: è vivo, ha tutti i geni umani proprio come voi e me: certo, non parla, non è “bello” come un tronista o una velina, ma già è maschio o femmina. E non lo dice la Bibbia, ma ogni manuale di medicina. Lasciamo a chi si occupa di leggi fare il proprio lavoro; da medico mi permetto di ricordare questa realtà scientifica: tutti coloro che stanno leggendo queste righe sono stati embrioni. E nessuno ci ha fatto “diventare persone”, ma quello che eravamo quando eravamo piccolissimi come dei granelli di sabbia lo siamo ora. Ogni embrione che viene esaminato e diagnosticato non “diventerà”, ma “è” un essere umano; lo dice la genetica. Le conseguenze sono state riportate nella legge 40: siccome in una diagnosi preimpianto certi embrioni vengono scartati, congelati, fatti morire come “mezzo” per far vivere un altro, la legge 40 chiede che l’embrione umano, cioè l’essere umano, non vada trattato come “mezzo”, e su questo ha a suo favore come avvocato ancora una volta non la Bibbia ma il padre della laicità: Emanuele Kant che per l’appunto metteva alla base della sua etica l’idea che l’essere umano va trattato sempre come fine e mai come mezzo.
Per questo la legge 40, come è stata applicata finora, laicamente ci piace e non vogliamo che cambi.
Ma ci piacerebbe anche un’altra cosa: che tutte le discussioni sui giornali e TV per discettare su come correre ai ripari della sterilità con la fecondazione in vitro, venissero invece anche impiegate per spiegare come evitare di diventare sterili, dato che in buona parte questa è realmente evitabile, ma se ne parla così poco… Ci piacerebbe poi che si parlasse di più di adozione, che si lavorasse per renderla snella, sicura e supportata socialmente, dato che si è lottato per anni per toglierla dal ghetto e farla diventare un modo di filiazione come quello biologico. Parlare solo di FIV è come parlare solo di chirurgia quando si parla di come migliorare il proprio aspetto: denota perlomeno una certa miopia.