«Il Sud è in agonia», ha affermato l’editoriale di Avvenire del 17 luglio titolato “Fermiamoci prima che sia troppo tardi”, rifacendosi a un recente rapporto Svimez. È vero che il Sud è in agonia, ma anziché cercare di mettere in dubbio il processo di federalismo fiscale avviato con la legge n. 42 del 2009, occorre interrogarsi davvero seriamente su quali ne sono le cause, altrimenti si rischia di difendere, come a volte fa lo Svimez, una politica assistenzialistica che, invece di esserne la cura, è proprio una delle principali cause di quella agonia.



In Italia, infatti, si è realizzata una forte dissociazione della responsabilità impositiva da quella di spesa, per cui metà dell’amministrazione pubblica è fuori dal vincolo democratico fondamentale: “no taxation without representation”. Inoltre, con la riforma costituzionale del 2001 sono stati anche eliminati i controlli che esistevano sui sistemi locali (ad esempio è stato abolito, riguardo ai Comuni, il controllo dei Co.re.co.), e, non essendo però stato introdotto tempestivamente quel meccanismo di responsabilizzazione costituito dal federalismo fiscale, interi settori della spesa pubblica decentrata, soprattutto al Sud, sono andati fuori controllo.



In Italia ci sono oggi differenze ingiustificate, basta leggere le relazioni regionali della Corte dei Conti: non è concepibile che una sacca per le trasfusioni costi in Calabria quattro volte di più di quanto costa in Emilia Romagna, o che una Tac costi in un alcune parti del Paese 800 euro e in altre 500, o ancora che la spesa pro capite per bambino negli asili nido a Roma fosse di 16mila euro e 7mila a Modena, che eppure è un modello premiato a livello internazionale.

Altro dato: la sanità della Calabria è uno dei buchi neri del bilancio dello Stato ed è stata una delle cinque Regioni beneficiate dal salvataggio da dodici miliardi di euro dell’ultimo governo Prodi. In questi mesi la situazione è stata tutt’altro che risanata, al punto che il Governo ha dovuto nominare Kpmg per ricostruire tutta la contabilità, perché quella locale era così inattendibile da risultare quasi inesistente. Una “perla”: si è scoperto che l’ospedale di Taurianova, con diciotto posti letto, ha centosettantaquattro dipendenti. Non è giusto che la sanità per il Sud dia ai cittadini servizi che valgono la metà (costringendoli a penose migrazioni della speranza verso il nord), però costando il doppio.



I conti non tornano, se non ipotizzando un enorme spreco di risorse che non si traduce in un vero aiuto alle realtà produttive e sociali, ma alimenta inefficienza, sprechi e illegalità di vario tipo. È questo, soprattutto, che rende poco sopportabile l’assetto attuale: sotto la giustificazione della solidarietà si cela spesso tutt’altro. Un sistema che rovescia la celebre formula no taxation without representation e crea il monstrum giuridico di una representation without taxation, non offre un buon servizio alla democrazia.

La legge sul federalismo fiscale approvata dal Parlamento italiano con una fortissima condivisione bipartisan è un testo equilibrato, che porta a sintesi tutti gli importanti contributi che si sono prodotti negli ultimi anni, e che contiene nello stesso tempo soluzioni innovative. Essa è destinata a scrivere la parola “fine” alle prassi assistenzialistiche basate sulla spesa storica e ai ripiani a piè di lista, alle logiche premianti per quegli amministratori che perseguono politiche devastanti per i bilanci pubblici facendole poi ricadere su tutti gli italiani. Introduce invece elementi diretti a consentire miglioramenti dei servizi e/o una riduzione della pressione fiscale, innestando fattori di competitività tra i sistemi locali, senza determinare inaccettabili lesioni del principio di eguaglianza delle opportunità, e ridà effettività alla possibilità del controllo democratico degli elettori.

Peraltro prevede espressamente una valorizzazione di quel principio di sussidiarietà (art. 2, lett. dd) che viene ora rilanciato con forza dalla Enciclica Caritas in Veritate e del favor familiae previsto dalla Costituzione, che all’art.2 lettera gg) dispone l’“individuazione di strumenti idonei a favorire la piena attuazione degli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione, con riguardo ai diritti e alla formazione della famiglia e all’adempimento dei relativi compiti”.

Federalismo fiscale vuol dire quindi insieme: responsabilità, moralità, equità. Perché la spesa pubblica irresponsabile finanzia in crescendo la cattiva spesa, sotto la crescente pressione delle parti meno sane della società.

Il Presidente della Repubblica, nel discorso pronunciato al Palazzo Ducale di Venezia, proprio parlando del “divario tra Nord e Sud” ha parlato della necessità di «chiamare al tempo stesso le Regioni del Mezzogiorno, alla pari di tutte le altre, alla prova della responsabilità per l’uso economico e il rendimento qualitativo delle risorse pubbliche, nazionali ed europee».

L’assistenzialismo non va a vantaggio della popolazione meridionale, che lo ha ben capito ed è disposta ad accettare quella «prova della responsabilità»: nel recente rapporto curato dalla Fondazione per la Sussidiarietà è emerso il dato significativo per cui anche nel Sud il 61% degli intervistati è favorevole al federalismo fiscale. Era del resto Sturzo a gridare: «Io sono unitario, ma federalista impenitente. Lasciate che noi del meridione possiamo amministrarci da noi, da noi designare il nostro indirizzo finanziario, distribuire i nostri tributi, assumere le responsabilità delle nostre opere, trovare l’iniziativa dei rimedi ai nostri mali; non siamo pupilli, non abbiamo bisogno della tutela interessata del Nord». Andiamo avanti, prima che sia troppo tardi!

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