A distanza di diciannove anni la strage di Bologna rappresenta ancora una ferita aperta della storia italiana. Qualche giorno fa, la manifestazione bolognese in memoria di quel 2 agosto 1980 è stata segnata dai fischi al ministro Bondi. Ad alzare la tensione la notizia della libertà concessa a Giuseppe Valerio Fioravanti, condannato all’ergastolo come esecutore della strage. Luigi Manconi, esponente del Partito Democraticoaffronta il tema della libertà condizionale ai condannati, le contestazioni di Bologna e auspica un lavoro comune e trasversale di approfondimento storico di quei terribili anni.



La liberazione di Fioravanti è stata contestata da più parti, a cominciare da Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei parenti delle vittime, da esponenti dell’Idv e del Pd (Mario Adinolfi: «Fioravanti è il peggior assassino della storia del nostro Paese ed è libero»). Lei cosa ne pensa?

La sentenza, definitiva e inappellabile, dice che Fioravanti, Mambro e Ciavardini sono gli esecutori materiali della strage del 2 agosto 1980. Le loro dichiarazioni di innocenza non sono rilevanti sul piano giuridico. Però per quanto riguarda la libertà condizionale concessa a Fioravanti il discorso è di tutt’altra natura: si tratta di un limpidissimo dettato costituzionale che prevede quale fine della pena un processo di recupero del condannato, che viene messo alla prova nella speranza di un suo ravvedimento. Questo è un principio figlio di una concezione liberale e garantista della giustizia e deve valere per tutti i condannati, senza eccezioni, dunque anche per Giusva Fioravanti.
Siccome nel caso in questione c’è un giudizio chiaro della Magistratura di sorveglianza  sul suo ravvedimento non c’è altro da eccepire.



Non condivide quindi queste reazioni?

Non mi interessano gerarchie macabre per stabilire quale sia il peggior assassino. Quello che dico vale per centinaia di condannati all’ergastolo, che non sono famosi come Fioravanti. È un diritto che è giusto affermare per tutti, anche per chi, in base a queste particolari classifiche potrebbe risultare più efferato di lui. Il solo elemento sbagliato di questa vicenda è l’inopportunità del momento. La magistratura aveva tutta la possibilità di non far coincidere la liberazione con la ricorrenza, doveva operare in saggezza e prudenza, invece ha dimostrato insensibilità nel sottovalutare questa oltraggiosa coincidenza.



La sentenza la convince del tutto?

Se da un punto di vista squisitamente giuridico non si può mettere in discussione la sentenza, ormai definitiva, agli occhi di chi l’ha osservata senza pregiudizi rivela numerose contraddizioni e punti deboli. Quando fu emessa scrissi un editoriale su La Stampa che suscitò molte polemiche, perché conteneva l’interrogativo “e se fossero innocenti?” Era l’esito di un’analisi del materiale processuale che mi lasciava più di una perplessità.
Mi riferisco però alle responsabilità di Fioravanti e Mambro, perché fino a quando non vedo i risultati di un’altra inchiesta della procura (e non di un giornalista o di un ex capo dello Stato) che mi dicano che la responsabilità è di altri, fino a quel momento non ho alcuna esitazione ad accettare la definizione di fascista per quella strage.

Qual è invece il suo giudizio su ciò che si ripete ogni anno: i fischi ai rappresentanti del governo alla manifestazione di Bologna in ricordo di quella tragedia?

Se la sentenza viene messa in discussione non da una inchiesta seria, ma dal chiacchiericcio infinito, da un complottismo straccione e mondano, da letture romanzesche, mi sembra del tutto naturale che i cittadini di Bologna reagiscano con questa indignazione, che ovviamente si scarica sul rappresentante del governo (qualche volta di centro-destra, qualche volta di centro-sinistra). Mi sembra una sciocchezza mettersi a misurare il volume dei fischi o dichiarare che che la sinistra reagisce diversamente quando viene liberato un terrorista rosso o nero.

Sarà sempre così? Non nutre grandi speranze per una manifestazione condivisa in futuro?

Le future indagini e inchieste dovranno svolgersi serenamente e in piena autonomia. Vedremo. Il problema che invece ci trasciniamo da tempo è molto pesante. Le stragi in Italia non hanno quasi mai conosciuto i colpevoli. Questo fatto non consente che si vada verso una ricostruzione comune della storia dei terrorismi.
Ritengo molto difficile, forse impossibile, giungere a una memoria condivisa, e forse non è nemmeno giusto, tuttavia è necessario lavorare (e in Italia finora non è stato fatto) per costruire terreni comuni di ricostruzione storica. Si possono approfondire le radici del terrorismo di destra e di sinistra, si può capire come si sia alimentato reciprocamente e può essere studiato con metodi di lettura comuni. Poi ognuno conservi pure la sua memoria, legata alle diverse biografie e alle diverse culture. Se si facesse questo lavoro, forse, tra un po’ di tempo, avremmo delle manifestazioni dedicate alla memoria, senza rivalsa ideologica.


Chi in passato non si è preso questa responsabilità?

La classe politica e intellettuale di due decenni fa. Quando il terrorismo fu sconfitto definitivamente a metà degli anni Ottanta bisognava fare questo lavoro di analisi delle responsabilità di ognuno e delle diverse parti politiche. Invece tutti tirarono un sospiro di sollievo accontentandosi della vittoria militare sul terrorismo. Quel capitolo cruento della storia italiana è stato chiuso senza la volontà di rielaborarlo, è stato rimosso e ovviamente ad ogni occasione il rimosso ritorna e la ferita si riapre.