Il Mezzogiorno continua in qualche modo ad essere al centro del dibattito politico di questi giorni. Alle “minacce” della costituzione di un partito del Sud all’interno della maggioranza, il Governo ha risposto con un piano specifico che, partendo dalla Sicilia, dovrebbe poi essere esteso anche alle altre regioni. Il Ministro Tremonti ha poi detto di voler creare una nuova Cassa del Mezzogiorno. Sul tema di come il Sud interpella il nostro mondo politico e di quali soluzioni andrebbero adottate, ilsussidiario.net ha interpellato lo scrittore e giornalista Marcello Veneziani.



La minaccia di fondare un partito del Sud, per il momento, è rientrata. Ma oggi ce ne sarebbe bisogno?

No, non serve, anche perché nasce male, come una coalizione di risentimenti e ricatti personali verso i propri schieramenti, nasce da presidenti delle regioni da non brillanti esperienze, nasce dall’autonomismo siciliano, insomma non ci sono presupposti incoraggianti. Ma dimostra due cose: il bipolarismo è vuoto e in crisi; la politica ha bisogno di legami territoriali.



Quali sono le forze politiche attualmente sulla scena che possono farsi realmente portatrici dell’irrisolto problema del Sud oggi? Più il Pd o più il Pdl?

Siamo reduci dal fallimento dell’esperienza di centrosinistra alla guida di quasi tutti i governi regionali del Sud, e non abbiamo esaltanti esperienze dall’altro versante. Si deve dunque distinguere all’interno degli schieramenti tra persone, soggetti, gruppi. O ripiegare sul meno peggio, sulla comparazione tra chi fa meno danni.

Il federalismo, introducendo il criterio della responsabilità di spesa, servirà a cambiare la situazione?



Il federalismo in linea di principio responsabilizza i poteri locali. Ma in linea di fatto, non prevedendo di semplificare la selva di assetti locali e attribuendo agli enti locali poteri troppo estesi in materia di sanità, scuola e sicurezza, temo che non produrrà effetti efficaci ma ridondanze e sprechi. In altri termini non credo che il federalismo sia la dannazione del nostro Paese, ma tanto meno penso che sia la sua salvezza.

Secondo Geronimo, che è intervenuto di recente sul nostro giornale su questo tema, la chiave del problema del Sud è oggi la (non) selezione di una nuova classe dirigente. Che ne pensa?

La selezione della classe dirigente è in effetti il problema principale del nostro Paese e del Sud in particolare. Non mi pare di poter dire che fino al ’92 vi fossero criteri selettivi meritocratici, ma certo possiamo dire che oggi il merito, le capacità, l’affidabilità non contano niente. La società politica non seleziona risorse ma coopta solo affiliati.

Alessandro Campi, intellettuale del think tank “Fare Futuro”, ha sottolineato a più riprese la debolezza contenutistica e progettuale del Pdl. Alla cultura del centrodestra serve una nuova visione identitaria, o basta saper governare bene?

Occorre anche un’idea di quel che si vuol fare, un disegno progettuale, una passione civile. Non basta gestire il potere e amministrare. La debolezza del Pdl sul piano dei contenuti è evidente e non può essere colmata con l’attivismo, la seduzione e l’intraprendenza di Berlusconi; ma ancor meno non viene riempita dalla vacuità progettuale e politica di Fini, caduto nella terra di nessuno. Non mi pare in altri termini che vi sia un fruttuoso antagonismo sul piano dei contenuti e dei progetti all’interno del Pdl.

Secondo lei la Lega Nord esercita un’egemonia sull’alleanza di governo? Servirebbe, per questo, una “Lega del Sud”?

Egemonia direi di no, ma certo influenza molto le decisioni del governo, riesce a far sentire la sua presenza, perché è coesa, ha forte legame territoriale e ha ancora convinzioni. Servirebbe un’analoga passione del Sud, non nel senso del separatismo, ma nel senso dell’impegno civile. Ma fuori dall’idea di fondare partiti del Sud.