«Fini sta giocando la sua partita per il dopo-Berlusconi. Quanto buone siano le sue carte è tutto da vedere». E Maurizio Belpietro, fresco direttore di Libero e già direttore di Panorama e Il Giornale, delle cose del centro-destra se ne intende, come anche del mondo dei media che sembra essere in questi giorni il vero campo di battaglia per Pd e Pdl.
Direttore, le tensioni tra Fini e Berlusconi covavano ormai da tempo, ma grazie allo scontro tra il Presidente della Camera e il direttore de Il Giornale (a colpi di minacce di dossier e querele) sono esplose pubblicamente. Qual è il suo giudizio sulla vicenda? Cosa c’è in gioco?
Al di là delle vicende giornalistiche, Fini ha da tempo posizioni lontane dalla linea tradizionale del centrodestra: a partire dall’immigrazione fino ai temi etici. Questo smarcamento ha avuto inizio nel 2004 con le sue prese di posizione sulla Legge 40. Non penso comunque che Fini voglia passare a sinistra, né tanto meno che miri ad alleanze al centro. Fini sta giocando la sua partita per il dopo-Berlusconi. Quanto buone siano le sue carte è tutto da vedere. Di certo sull’immigrazione rischia di rompersi le corna, perché il sentimento diffuso della gente è di preoccupazione per un fenomeno che non è stato controllato e gestito bene, mentre sulle questioni etiche sta provando a dar voce a una minoranza interna al centrodestra. La sua comunque è una scommessa difficile e la sua strada mi sembra in salita.
Chi appoggia davvero Fini all’interno e all’esterno della maggioranza?
All’interno della maggioranza non sono in tantissimi, diciamo una cinquantina. Oggi però Tremonti ha dichiarato che le idee di Fini devono essere discusse nel Pdl. Questo vuol dire che le sue non sono posizioni così isolate, anche se rimango dubbioso su quante forze sarà in grado di aggregare.
Un sondaggio uscito ieri afferma che 7 elettori del Pdl su 10 appaiono disorientati da Fini. Vittorio Feltri ha avanzato l’ipotesi che le sue mosse abbiano come fine l’appoggio a sinistra per arrivare alla Presidenza della Repubblica. Cosa ne pensa?
È un’ipotesi suggestiva, ma bastano due conti per capire che non sta in piedi. Se Fini cambiasse schieramento in questo Parlamento, pochissimi esponenti della maggioranza sarebbero disposti a votarlo. Se invece, rimanendo nel centrodestra, continuerà a cercare il consenso della sinistra non credo che riuscirà a soffiare a Berlusconi la Presidenza della Repubblica. Il Premier se vorrà farà di tutto per candidarsi, altrimenti punterà su un cavallo vincente come Gianni Letta. Ipotesi che, a mio parere, molti esponenti del centrosinistra preferirebbero a Fini, dato che per molti di loro è pur sempre un ex-fascista.
Recentemente lei ha scritto che la guerra Veltroni-D’Alema, in questi anni, ha logorato la sinistra, augurandosi che la stessa cosa non accada nel centro-destra. Prevede una resa dei conti tra Fini e Berlusconi?
Non credo alla resa dei conti. Sicuramente la situazione è precipitata dopo il famoso editoriale di Vittorio Feltri. Ma non vedo alternative: se Fini esce dal Pdl per dare vita a una proprio formazione avrebbe poca fortuna, al centro con Casini sarebbe impossibile trovare una sintesi sui temi etici. La cosa più probabile è che Fini manterrà la sua posizione scomoda cercando di prepararsi al futuro, mentre Berlusconi dovrà fare buon viso a cattivo gioco, tenendosi in casa Fini, anche se gli procura fastidio.
A proposito di movimenti in uno scenario post-berlusconiano. Qual è il suo giudizio sulle ultime mosse di Casini?
Non credo al grande centro e mi sembrano tutte manovre destinate a fallire. Vi ricordate la rosa bianca e quanto ha raccolto? Le ambizioni e i tentativi in quell’area si ripetono, ma il fatto è che il centro è già presidiato da Berlusconi e rimane un modesto 7-8% da dividersi.
In un editoriale lei aveva ricordato a Fini che il modo con il quale ha gestito An non è lontano dall’attuale gestione berlusconiana del Pdl. Secondo lei il Pdl deve cambiare modalità di conduzione?
No, secondo me non deve cambiare. I partiti oggi sono dei grandi comitati elettorali. Mi sembra che venga reclamata un’idea novecentesca dei partiti: le sezioni, il segretario di sezione, i delegati al congresso, il comitato centrale… Oggi i partiti che contano hanno poche idee, chiare e che colpiscono l’elettore, portate avanti da un leader carismatico.
Quando il centro-destra era composto da più partiti il rapporto privilegiato Berlusconi-Bossi e le famose cene di Arcore generavano gelosie negli alleati. La stessa cosa accade oggi quando Bossi è di fatto l’unico alleato. Pensa che Berlusconi sia davvero troppo sbilanciato su Bossi?
Le trovo polemiche inutili. Oggi Bossi rappresenta una quota rilevante in termini di voti, porta avanti le istanze del Nord ed è appunto l’unico alleato. Mi sembra la cosa più naturale che i due leader si incontrino per discutere la linea del governo. Un altro conto è discutere del fatto che le proposte della Lega siano sensate e condivisibili.
Filippo Facci oggi dalle colonne del suo giornale parla di “settembre nero” di un giornalismo fatto di inchieste e cassetti pieni di stracci e cartacce. Lei condivide lo stile delle ultime inchieste di Vittorio Feltri, da ultimo quella sul presunto dossier su An e Gianfranco Fini?
L’attacco a Fini ci può stare, certo il tono non mi è piaciuto…
In che senso?
Nel senso che se avesse pubblicato un dossier su Fini in cui si documentano dei fatti sarebbe stato un conto, mentre scrivere un articolo in cui si dice: “stai attento perché c’è il rischio che può succedere anche a te”, è un altro. È un metodo che non mi è piaciuto, perché poco trasparente e poco giornalistico.
L’attacco de Il Giornale a Boffo e a Fini fanno bene al centrodestra o aprono dei fronti difficili da sanare?
Da un lato queste inchieste hanno alleggerito la maggioranza dal martellamento che continuava da mesi. Anche gli elettori secondo me hanno tirato un sospiro di sollievo perché si è ristabilito un certo equilibrio. Dal punto di vista politico non so quanto facciano bene al centro-destra perché qualche fronte si è aperto: con la Chiesa e con Fini, ma questo non è un problema di Feltri. In quest’ultimo caso adesso è evidente uno scontro che era sotterraneo e che non sappiamo come finirà. Potrebbe portare, anche se non credo, a clamorose rotture o a delle intese anche a svantaggio di Berlusconi, che potrebbe dover pagare un certo prezzo per riportare la pace in famiglia.