In altre parole, c’è una folla di motivi che militano contro South Stream, brillantemente presentati e discussi già un anno fa da Zeyno Baran (Rapporto preparato per Parlamento Europeo sugli aspetti di sicurezza di South Stream dallo Hudson Institute di Washington), ma finora le pressioni politiche americane sull’argomento non sono arrivate con grande forza. Ciò per vari motivi. Washington non vuole un confronto duro con la Russia, con cui invece vuole costruire un rapporto positivo, visto che tra l’altro ne ha bisogno per la soluzione del problema dell’Afghanistan e dell’Iran.



L’America vuole costruire un “engagement” con la Russia, trovare soluzioni ai problemi delle condotte attraverso l’Ucraina; con la presidenza Obama è diventato possibile anche discutere dei missili in Polonia, della posizione della Georgia nel Caucaso. Ma certo questo engagement non può voler dire regalare a Mosca l’Europa e il Mediterraneo. D’altro canto alcuni a Washington pensano che South Stream è irrealistico, e che non partirà mai. Altri però pensano che semplicemente continuare a spingere su South Stream può essere sufficiente a far morire Nabucco e quindi occorre porvi un freno rapidamente.



In questo c’è una scadenza temporale. A fine settembre ci sono le elezioni in Germania, se il partito di Schroeder (altro paladino di South Stream) come si prevede perde ed esce dal governo, l’entusiasmo tedesco per il progetto scema e l’Italia e Berlusconi restano “con il cerino in mano” nel sostegno di South Stream tra i paesi europei importanti. Allora l’oggettiva pressione sul capo del governo italiano potrebbe diventare enorme. Perché diventa interesse degli americani bloccare South Stream non in Russia, per non guastare i delicati rapporti con Mosca, ma in Italia, dove per mille motivi può essere più facile.



Qui la storia internazionale diventa storia italiana. Ciò crea una enorme finestra di opportunità per tutte le opposizioni interne per attacchi non su pallide questioni morali di donne, ma su grandi temi politici, cosa di cui moltissimi in Italia capiscono poco ma di cui tutti vedono l’importanza. Il capo del governo Berlusconi quindi ha un forte interesse a raffreddare gli entusiasmi con South Stream e riconsiderare profondamente la sua politica estera filo-russa. Se lo farà, di fatto i suoi problemi interni, privi di una sponda politica importante, potrebbero anche recedere e sparire.

South Stream in altre parole è solo incidentalmente una questione di affari, ma non lo è nella sua essenza. Così South Stream non si può compensare comprando quattro attrezzature in più dall’America o distribuendo favori economici più o meno mirati. È una questione di sopravvivenza dell’Europa per come è emersa dalla guerra fredda, sono questioni di vita o di morte per interi paesi su cui il denaro smette di contare. Come insegnavano gli antichi filosofi yanghisti cinesi: qualcuno può farsi tagliare un dito, magari anche cavare un occhio per un compenso, ma farsi uccidere con certezza per un compenso in denaro smette di essere attraente, perché semplicemente il denaro è un mezzo per vivere meglio, se si smette di vivere il denaro smette di avere senso.

Inoltre esiste anche un versante di politica che va considerata per la Santa Sede. Mosca ha consolidato i rapporti con la Chiesa ortodossa russa, e Roma sta lavorando alacremente per migliorare i rapporti con gli ortodossi russi, dove le differenze teologali non sono enormi. C’è quindi uno sforzo di riportare Mosca entro l’alveo cattolico. Con accenti diversi, con scopi anche diversi, però c’è un parallelismo tra azione americana e della Santa Sede con la Russia, entrambi tesi a un confronto con Mosca, più prudente a Washington, più caloroso a Roma, ma certo non si vuole regalare la Chiesa cattolica al pope di Mosca. Una “sudditanza” politica dell’Italia con la Russia nella questione South Stream oggettivamente, però, rafforza la mano del Pope moscovita legatissimo allo “zar” di Mosca.

Né i rapporti tra Santa Sede e Washington sono privi di difficoltà. La storia dei preti gay, della pedofilia nelle parrocchie, sta rovinando la Chiesa in America, e tiene il Vaticano sotto minaccia. In Usa c’è anche una proposta di legge, per ora dormiente, secondo cui le cause di molestia sessuale potrebbero non avere limiti temporali. Cioè si potrebbe citare in tribunale un prete accusandolo di molestie compiute 30 o 40 anni fa. Ciò significa mettere la Chiesa Usa a rischio di bancarotta (i preti citati accettano sempre di pagare i “molestati” pur di non andare in dibattimento in tribunale che infangherebbe tutta la Chiesa). Obama aveva proposto di fare passare la legge, ora essa è in ghiacciaia.

Se però una nuova campagna di accuse sull’omosessualità nella Chiesa si fa largo in Italia come si è iniziato a fare con le accuse del direttore del Giornale Feltri al direttore dell’Avvenire Dino Boffo, si colpisce su una ferita aperta del Vaticano, e si rischia di aprire un vaso di Pandora per tutto il mondo, in Francia, Spagna, Germania, America Latina ecc. Si rischia di colpire la Chiesa universale. In altre parole il ricatto di Feltri è stato enorme, può mettere a rischio tanti interessi della Chiesa.

Anche questo è un terreno minato per il capo del governo italiano, in cui si incrociano pericolosamente strategie e intenzioni americane, vaticane e russe, ma su cui l’Italia o il governo peraltro non ha alcun interesse strategico se non forse quello di sostenere per quanto possibile il Vaticano, perché ha sede a Roma, da minacce politiche che possono arrivare da Oriente o Occidente. Perciò, qualunque sua mossa su questo terreno rischia di essere sbagliata e galvanizzare opposizioni interne e esterne. Anche su questo fronte l’interesse di Berlusconi è gettare acqua sul fuoco e non risollevare mai più la questione.

(3 – fine)