La Germania ha scelto: a governarla sarà ancora Angela Merkel, non più però con l’Spd, che ha subito una batosta elettorale senza precedenti, ma con i liberali (Fdp) di Guido Westerwelle, passati dal 9,8 per cento del 2001 al 14,5 per cento. Sono loro i vincitori morali della tornata elettorale, insieme a Die Linke, la sinistra radicale guidata da Bisky e Lafontaine, cha ha avuto il 12,2 per cento dei consensi contro l’8,7 per cento di otto anni fa. Cosa cambierà nella nuova Germania liberal democratica? Ilsussidiario.net lo ha chiesto ad Alberto Indelicato, diplomatico e opinionista, ultimo ambasciatore d’Italia nell’ex Repubblica democratica tedesca.
La Germania si prepara ad un governo Merkel con i liberali dell’Fdp. Va in soffitta invece la Grande Coalizione. Cosa pensa del risultato uscito dalle urne?
Sulla nuova maggioranza e sul pensionamento della Grosse Koalition non esistono dubbi. Qualche dubbio invece è lecito avanzare sull’armonia delle due componenti della nuova coalizione di governo. Cdu-Csu resta il partito di maggioranza ma singolarmente considerato non esce vincitore, perché ha ottenuto uno dei risultati più bassi della sua storia, mentre per l’Fdp si è trattato del più grande risultato mai raggiunto. Si tratterà di vedere cosa questo comporta a livello di governo.
Che cos’ha determinato il tracollo del partito socialdemocratico?
Ci sono fenomeni concomitanti. Il primo è il distacco dell’opinione pubblica dai socialisti, che ormai non sono più veramente tali: i socialdemocratici oggi non sono altro che amministratori benevoli del capitalismo. E questo spiega il successo della Linke. C’è poi lo scontento fisiologico nei confronti dei partiti al governo, che finiscono sempre un po’ per deludere: si parte da grandi promesse, ma si tratta poi di mediarle con la realtà. Un esempio per tutti: la sinistra, già quando era al potere con i verdi, aveva promesso di smantellare le centrali nucleari. Merkel ha preso tempo, contando di riuscire a sbarazzarsi dei socialisti, i socialisti non hanno potuto mantenere la promessa fatta agli elettori e la Linke ha puntualmente fatto propri gli argomenti traditi dall’Spd. Ma anche i cristiano democratici hanno deluso gli elettori.
Il successo della Linke di Bisky e Lafontaine, passata dall’8,7 per cento del 2005 al 12,2 di quest’anno, ha sorpreso tutti.
La Linke non è soltanto un partito di nostalgici del vecchio regime e della politica fatta dai vecchi funzionari. Come formazione politica è giovane e come tutti i partiti di estrema sinistra è fatto di vecchi e di giovani. Per molti versi mi ricorda il successo che in certi periodi, e in certe regioni italiane, aveva il Msi. Un partito di nostalgici – i più vecchi – e di scontenti dell’oggi – i più giovani – che trovavano in quel partito uno strumento di attacco e di protesta.
La Linke andrà mai al governo?
La Linke e i liberali rappresentano le ali “estreme”, genuine, delle due formazioni che hanno deluso molti elettori e perso voti, socialisti e democristiani. Ma a differenza dei liberali la Linke non andrà mai al governo, esattamente come non è stato possibile andare al governo per il Movimento sociale, se non dopo anni, dopo una lunghissima trasformazione e soltanto con alcuni dei suoi esponenti.
Dove può attingere la socialdemocrazia tedesca la forza per rinnovarsi?
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Difficile dirlo. C’è un fatto: oggi ci sono soltanto sette dei ventisette paesi dell’Unione europea che sono governati dai socialisti. Verso di loro c’è una generale disaffezione: per andare al governo devono smettere di essere socialisti, mettendo da parte i loro capisaldi; ma allora una parte dell’elettorato li abbandona, spostando a sinistra il baricentro dell’opposizione. Lafontaine e Bisky sanno benissimo che una parte cospicua dei loro elettori viene dalla socialdemocrazia, ma realisticamente non si pongono, con il programma che portano, obiettivi di governo.
Quali sviluppi prevede per Spd e Linke?
Secondo me l’erosione dei partiti socialisti “ufficiali” continuerà. O a vantaggio di partiti come la Linke o a vantaggio dell’astensione. La quale, risultati alla mano, è stata superiore a sinistra rispetto a destra. Il tutto è stato moltiplicato dal sistema elettorale, che si è dimostrato da un lato molto elastico, dall’altro ha deluso i partigiani del bipartitismo, che in Europa non decolla.
Allora servono riforme.
Non è questione di riforme. Si prende spesso a modello la Gran Bretagna, ma a sproposito perché i liberaldemocratici sono un grosso partito e gli indipendentisti scozzesi danno del filo da torcere ai laburisti. In Italia ci sono sì due grossi partiti, ma ce ne sono anche altri che non permettono di semplificare indebitamente lo scenario. Il bipartitismo soffre molto, almeno in Europa, perché a differenza degli Usa nel vecchio continente le tradizioni ideologiche sono molte e variegate. È questo che sfalda i tentativi prettamente bipartitisti. Ne rimangono le speranze, vedremo fino a quando.
Cosa cambierà nella nuova coalizione di maggioranza in Germania a livello di programma?
Cambierà molto. Intanto Merkel ha già fatto sapere di voler sospendere il programma di smantellamento nucleare e questo è un fatto importante, non solo per la stesa Germania ma per tutta l’Europa. L’Fdp chiederà una politica basata su liberalizzazioni e riduzione della pressione fiscale. Non sempre le intenzioni si possono realizzare, ma forse questa volta, un poco, sì. Intanto Westerwelle ha già detto di volere il ministero degli Esteri.
In campagna elettorale i liberali hanno puntato moltissimo sulla tutela economica del ceto medio.
Si, anche se una maggiore liberalizzazione non potrà voler dire smantellare lo stato sociale, come diceva la campagna elettorale della sinistra socialdemocratica, ma certamente un qualche limite lo vedremo. Bisognerà vedere poi fino a che punto Merkel vorrà spingersi nel dare corso a queste richieste, perché nel suo partito, più che in quello bavarese, ci sono spinte molto forti in chiave di protezione sociale.
Si è spesso parlato di un asse franco-tedesco al centro dell’Europa. Come cambierà la nuova politica estera?
Più che un asse franco tedesco, vedo punti di convergenza di rispettivi interessi. C’è per esempio la questione turca: Sarkozy troverà quasi sicuramente un alleato nel nuovo governo liberal democristiano tedesco e la Turchia se lo può togliere dalla testa di entrare in Europa in tempi rapidi, intendo dire nei prossimi dieci, quindici o vent’anni. Inoltre è probabile che Westerwelle sarà fautore di una politica meno aperta nei confronti della Russia. Cosa che invece la Francia non vuole o non può permettersi.
Nella vecchia coalizione era stata l’Spd a guardare di più verso la Russia.
Sì, e non solo per ragioni geopolitiche. È vero che Schroeder dopo il suo mandato ha assunto una posizione di vertice nell’industria energetica russa, ma non c’è solo questo. Sono vari i legami, sotterranei e superficiali, che ora rischiano di saltare.
Vede possibile un cambiamento nella politica energetica tedesca per quanto riguarda il discusso tema degli approvvigionamenti di gas?
In quel campo ci sono interessi molto forti e complessi e non si possono fare delle previsioni. Sappiamo che gli americani si sono detti preoccupati perché vedono legami troppo forti c crescenti con fornitori come Russia, Libia e Iran. Il fatto che la Germania possa cercare – anche se non possiamo dire nulla di certo su questo – di smarcarsi, può forse incoraggiare anche altri paesi europei a seguirla su quella strada.