Se le vacanze natalizie sono state caratterizzate a livello politico dalle dichiarazioni trasversali sul dialogo e le riforme condivise, alla riapertura dei lavori i temi principali dell’agenda politica sembrano essere principalmente giustizia, fisco ed elezioni regionali.
Il ministro Calderoli rilancia l’ipotesi di una Convenzione per evitare che la campagna elettorale arresti i lavori, anche se resta da capire su quali temi esiste davvero una maggioranza che vada oltre il centrodestra. Ne abbiamo discusso con Stefano Folli, editorialista de Il Sole 24 Ore.
I propositi di riforme condivise di questi ultimi tempi sono destinati a rimanere tali o porteranno, secondo lei, a dei risultati concreti?
Le possibilità che gli schieramenti possano giungere a riforme condivise sono a mio parere molto scarse. Non penso che il Pd si siederà al tavolo delle trattative dopo che la maggioranza avrà approvato il cosiddetto “scudo giudiziario” per il premier tramite leggi ordinarie. Inoltre la campagna elettorale per le regionali è alle porte.
C’è comunque un dato positivo da registrare: il senso di responsabilità e l’attenzione a non esasperare i contrasti sembrano rimasti. L’opposizione sta cercando di non estraniarsi dal dibattito comune, mentre Berlusconi sembra non voler creare eccessivi problemi a Bersani.
Secondo lei è quindi più probabile che si torni a parlare di riforme dopo le regionali, nonostante la proposta di Calderoli?
Occorre realismo: l’importante oggi è mantenere un clima positivo, senza troppe illusioni in merito alle grandi riforme.
Una volta approvato lo scudo giudiziario e archiviate le elezioni, in base ai nuovi rapporti di forza, si vedrà se il cammino delle riforme sarà praticabile. Per quanto riguarda la giustizia la maggioranza dovrebbe poter contare sull’Udc, mentre sul fisco il governo ha tutti gli strumenti per operare. Su questo tema le grandi intese non sono necessarie.
Berlusconi chiede a Tremonti un primo segnale, indirizzato soprattutto alle famiglie, sulla strada della riduzione della pressione fiscale. Ci sono i margini per poterlo fare o sono proposte puramente elettorali?
Se la volontà politica c’è, a mio parere qualche provvedimento in questo senso si potrà prendere.
Sarebbe una mossa politica legittima per compattare il consenso, mantenere viva l’idea che il centrodestra è il vero schieramento riformatore e sottrarre a Casini il monopolio del tema della famiglia.
Una manovra più impegnativa, come quella delle due aliquote ipotizzata da Berlusconi, vecchio pallino del centrodestra, è invece molto più difficile.
Nel Pdl a breve è previsto un vertice tra Berlusconi e Fini. Si è parlato addirittura della possibilità di una scissione, anche se sembra più probabile un accordo tra le parti. Cosa ne pensa?
Il fantasma della scissione viene agitato solo perché c’è una battaglia in corso tra il direttore de Il Giornale, Vittorio Feltri, e Gianfranco Fini. Non si può escludere niente, ma i due leader troveranno sicuramente un accordo sulla giustizia, le regionali e l’assetto del partito. Detto questo, non sarà un abbraccio a cancellare mesi di dissidi che hanno solide ragioni politiche e di prospettiva.
Per quanto riguarda le elezioni regionali il caso pugliese è il più delicato e interessante per le implicazioni politiche a livello nazionale che potrebbe avere. Riguardo all’alleanza dell’Udc con il centrosinistra si è parlato di “laboratorio politico” e di Casini come un possibile “nuovo Prodi”. Sono ipotesi credibili?
Parlare di “laboratorio politico” mi sembra francamente esagerato. L’Udc sta cercando di capitalizzare al massimo il suo peso specifico. Il fatto che il suo leader venga paragonato a Prodi è un argomento polemico per mettere in luce le sue ambiguità. Non penso però che sia questo il suo obiettivo, che rimane invece la fine del bipolarismo. Difficile dire se il suo piano riuscirà, certo che in uno scenario di questo tipo avrebbe tutte le carte in regola per giocare una partita da protagonista assoluto.
La base del suo partito secondo lei capirà la “tattica dei due forni”?
Penso di sì, a condizione che porti risultati politici agli elettori e potere ai quadri del partito. In questo caso Casini continuerà ad avere un seguito. L’alleanza con la sinistra non penso invece che sia considerata accettabile per il suo elettorato.
Il centrodestra, come ipotizzato da Calderoli, potrebbe scaricare l’Udc schiacciandolo a sinistra e impedendogli di attuare questa tattica spregiudicata?
Non credo, dove il Pdl ha interesse ad allearsi all’Udc lo farà, dove può vincere autonomamente potrebbe anche scegliere di non farlo. Sono valutazioni di utilità reciproca.
L’alleanza con Casini in Puglia e i malumori di Vendola e della minoranza interna hanno però evidenziato le grandi difficoltà di Pier Luigi Bersani alla guida del Pd. Come giudica il suo lavoro
In questi primi mesi da segretario Bersani ha tenuto i ritmi blandi propri della politica di una volta. È un politico tradizionale, ma in questo modo rischia di farsi una fama da leader incapace di decidere. Difficile capire quale sia la linea se in Puglia accetta il veto dell’Udc e nel Lazio subisce passivamente la candidatura della Bonino. Non resta che aspettare i risultati di questo percorso tortuoso e a tratti inspiegabile, rimandando il giudizio a dopo il voto.
Il segretario del Partito Democratico sta rischiando di scontentare maggiormente l’ala cattolica o il cosiddetto popolo delle primarie?
Se un politico cattolico come Marini si dichiara favorevole alla candidatura della Bonino nel Lazio significa che da quel versante non rischia molto, dato che ha già avuto uscite eccellenti. Le stesse primarie sono sempre state un elemento di contraddizione nel Pd e potrebbero anche essere un sacrificio accettabile. Il rischio maggiore del Pd oggi è che sta dando l’impressione di non essere un partito, ma un insieme di anime diverse e male assortite.
(Carlo Melato)