Le elezioni regionali si avvicinano. Milioni di persone saranno chiamate al voto il 28 e 29 marzo per rinnovare 13 regioni. Undici di queste sono attualmente governate dal centrosinistra, protagonista nel 2005 di uno storico successo che risparmiò soltanto Lombardia e Veneto, roccaforti del centrodestra.

La campagna elettorale è già iniziata, ma non tutte le candidature sono state definite. C’è tempo fino al 20 febbraio, come ha voluto ricordare Pier Luigi Bersani. Il segretario del Pd deve infatti sciogliere gli intricati nodi di Puglia e Lazio (a cui si aggiunge il caso Lorenzetti in Umbria), mentre nel centrodestra il malumore serpeggia tra gli azzurri che hanno sacrificato Galan in Veneto e hanno dovuto digerire la candidatura della finiana Polverini nel Lazio.



Il caso pugliese sembra comunque il più complicato: il “laboratorio politico” del nuovo centrosinistra doveva sperimentare l’alleanza del Pd-Udc con la candidatura di Francesco Boccia, che però non sembra in grado di sopravvivere alle primarie. Nichi Vendola le pretende  (forte della sua vittoria su Boccia del 2005 e di 5 anni di governo), altrimenti andrà da solo. Michele Emiliano torna a essere perciò ago della bilancia perché può garantire a Boccia quella maggioranza di delegati che gli permetterebbe di ottenere la deroga, mentre il centrodestra sta alla finestra con la speranza di ripescare Casini in extremis.



In Umbria è invece la bersaniana Lorenzetti a pretendere le primarie e un terzo mandato, ma deve lottare contro i regolamenti di quello che ha definito “il partito delle carte da bollo”. Situazioni intricate e in costante evoluzione nella maggior parte delle regioni, anche se, come dice Nicola Piepoli a ilsussidiario.net in molti casi i giochi sembrano già fatti.

Dottor Piepoli, in base ai dati in suo possesso, quali sono le regioni in cui il risultato non sembra in discussione?

Le regioni che possiamo dare per sicure sono 6 su 13. Due di queste andranno al centrodestra: il Veneto con Luca Zaia (Lega Nord) e la Lombardia con il quarto mandato di Roberto Formigoni (Pdl). Quattro regioni sono saldamente in mano al centrosinistra: Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Marche. Difficile perciò immaginare dei colpi di scena nelle roccaforti di entrambi gli schieramenti.

I dissidi interni al centrosinistra in Umbria non possono riaprire la partita?



Direi di no, in quella regione potrebbe scatenarsi una competizione interna alla sinistra, ma sembra comunque già assegnata.

Passiamo alle regioni in bilico: chi è favorito in Piemonte?

Il risultato in Piemonte è incerto, anche se, riflettendo la tendenza nazionale, il candidato di centrodestra è favorito. Roberto Cota (Lega Nord) perde circa il 2% di un voto che gli è favorevole per le sue dichiarazioni polemiche sul tema del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, che si celebrerà l’anno prossimo. Mercedes Bresso (centrosinistra), presidente uscente, gode di una buona fiducia da parte degli elettori e si ritrova in partita soprattutto grazie all’appoggio dell’Udc.

Questa è quindi una delle regioni in cui il partito di Casini sarà ago della bilancia?

Certamente. Il partito di Casini sarà determinante proprio perché sarà un testa a testa: nelle intenzioni di voto i due candidati sono quasi alla pari, mentre la numerica voti è di poco favorevole al centrodestra. Lo stesso vale per la Liguria dove domina l’incertezza, anche se è interessante notare come parecchi liguri si domandino cosa abbia fatto in questi anni il presidente Claudio Burlando (Pd).

A proposito di Udc, l’elettorato segue il suo leader nella tattica dei cosiddetti “due forni”?

Gli elettori di Casini vogliono essere ago della bilancia e sono orgogliosi di essere centristi: né destra, né sinistra. Detto questo, premiano maggiormente il partito quando si allea con il centrodestra, in caso di alleanza con il centrosinistra il 6% non segue il proprio segretario.
C’è da dire che in questa tornata elettorale l’Udc ha un potere immenso, perché avendo circa il 6% nazionale può far valere un differenziale di 12 punti, scegliendo uno schieramento piuttosto che l’altro.

Passiamo al caso Puglia, sicuramente il più interessante.

La Puglia ad oggi è un rompicapo quasi irrisolvibile, ci sono troppe variabili. Possiamo solo aspettare di vedere se uscirà il rosso o il nero alla roulette della politica. Diversamente dalle altre regioni in cui chi è al governo gioca in casa, qui siamo all’anno zero. Nichi Vendola è indubbiamente un trascinatore e si aggiudicherebbe le primarie, questo però non significa che abbia la forza di vincere le elezioni. La sinistra rischia di più e farebbe bene a riordinare le idee al più presto. Ubi ordo deficit, nulla virtus sufficit.

Spostiamoci su un’altra regione governata dal centrosinistra: quali indicazioni ci può fornire sulla Campania?

Direi che c’è una tendenza positiva per il centrodestra in Campania, anche se regna l’indecisione. Se De Luca fosse il candidato del centrosinistra le probabilità di vittoria del suo schieramento aumenterebbero, anche se non è abbastanza conosciuto a livello regionale e nazionale. A destra dipenderà fortemente dalla scelta del candidato.
Stessa incertezza in Calabria, anche se il candidato del centrodestra, Giuseppe Scopelliti, gode di grande considerazione e si è distinto come sindaco di  Reggio Calabria. La Basilicata, anch’essa tra le regioni incerte, vede invece un piccolo vantaggio del centrosinistra.

Quanto incide il problema dei rifiuti e l’impegno che Berlusconi aveva speso su questo tema sul risultato della competizione elettorale in Campania?

La risoluzione del problema rifiuti incide positivamente su chi governa attualmente la regione, il centrosinistra, indipendentemente dalle responsabilità del governo nazionale. La gestione di questi anni non è tra l’altro valutata in maniera del tutto negativa dalle persone. Tra i fiori all’occhiello c’è sicuramente la “rivoluzione” del sistema dei trasporti: l’alta velocità che la collega al nord, il miglioramento dei tram e della linea metropolitana.

Passiamo ora al Lazio dove si profila lo scontro Polverini (Pdl) – Bonino (Partito Radicale). Chi la spunterà?

Nel Lazio sembra quasi che la sinistra faccia di tutto per perdere. La Polverini è sicuramente avvantaggiata dall’indecisione della sinistra e dalla storica tendenza della regione a una gestione di destra e a uno spirito conservatore, direi papalino. L’Udc in questo caso ha annusato il vento e le ha assicurato il suo appoggio. La numerica voti è incerta quindi la scelta del candidato inciderà molto, come già successe con Storace e Marrazzo. La Polverini è in grado di spostare voti, Zingaretti invece no. Ecco perché il centrosinistra potrebbe puntare davvero sulla Bonino.

Pesa sul centrosinistra il recente scandalo che ha visto protagonista l’ex presidente Piero Marrazzo?

Non incide, viviamo in un mondo determinato da ritmi velocissimi. Gli scandali sessuali sono già stati dimenticati: la gente pensa alla sanità, ai trasporti, all’ambiente. A mio parere, se la sinistra vuole provare a vincere, deve cambiare atteggiamento. Per ora sta giocando in difesa, mentre la Polverini è decisamente all’attacco.

Da ultimo, due questioni generali: i dissidi tra Fini e Berlusconi fanno guadagnare o perdere voti al Pdl? Quanto è sentito dalla gente il tema delle riforme condivise?

Fini non fa perdere né guadagnare un voto al Pdl, su questo piano è ininfluente. Questo lo sanno sia lui che Berlusconi. Sul tema delle riforme condivise e i problemi della giustizia, tanto per essere chiari, l’interesse delle persone è pari allo zero.

(Carlo Melato)