Mancano pochi giorni alle primarie in Puglia con cui il centrosinistra sceglierà il proprio candidato. Dall’esito di questa consultazione sembrano dipendere le alleanze regionali e nazionali, con particolare attenzione alle scelte dell’Udc, che si presenta come ago della bilancia nelle regioni in cui il risultato è incerto. Intanto il Senato approva la legge sul processo breve riportando all’ordine del giorno il tema della giustizia. Antonio Polito, direttore de Il Riformista, affronta per ilsussidiario.net i principali temi dell’agenda della politica italiana.
Il via libera del Senato alla legge sul processo breve rischia di spegnere le speranze di riforme condivise che si erano alimentate negli ultimi mesi?
In linea teorica il voto di ieri non dovrebbe pregiudicare nulla, anche se sicuramente non aiuta. Non si può parlare di riforma, ma di legge ad personam che porta con sé effetti erga omnes dato che, colpendo i processi a carico di Berlusconi, coinvolge tutti quelli di durata analoga.
Le riforme condivise sono comunque rimandate a dopo le regionali a causa della campagna elettorale. Dopo questo appuntamento penso che si possa tornare a parlare di riforme di sistema costituzionali, per le quali è la Costituzione stessa a imporre un ampio accordo e la maggioranza dei due terzi.
Cosa si sta giocando il Pd in Puglia? Come giudica la scelta dei vertici del Partito Democratico di ricorrere allo strumento delle primarie?
In Puglia rischia di naufragare il progetto politico del Pd che prevedeva l’allargamento dello schieramento di centrosinistra e l’ingresso dell’Udc. Sembrava cosa fatta, ora invece è tutto in discussione: se vince Vendola si compromette questo progetto e la possibilità per il centrosinistra di mantenere il governo della regione pugliese. Se invece vince Boccia significa che la segreteria del Pd ci aveva visto giusto.
Secondo lei chi è il favorito?
Il favorito resta senza dubbio Nichi Vendola. Anche se non c’è più il clima di cinque anni fa e la sinistra parlamentare è uscita dalle Camere, la popolarità del governatore è ancora molto alta. La vicenda giudiziaria che è uscita in questi giorni, tra l’altro, non ha fatto altro che rafforzarlo e rilanciarlo.
Il centrosinistra cinque anni fa vinse 11 regioni su 13. Quali sono i suoi obiettivi in questa tornata?
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Cinque anni fa stravinse le regionali anche perché il governo Berlusconi attraversava il suo momento più difficile. Il centrosinistra probabilmente perderà molte regioni, dovrà perciò cercare di mantenere il vantaggio sul Pdl e soprattutto di vincere alcune battaglie al di fuori del "quadrilatero appenninico" (Umbria, Emilia-Romagna, Toscana e Marche): Piemonte, Liguria e almeno una regione meridionale tra Puglia e Calabria.
Il progetto dell’Udc di mettere in crisi il bipolarismo sta funzionando?
Anche in questo caso dipenderà dal risultato: se vincesse ovunque e dimostrasse di essere decisivo il suo ruolo si rafforzerebbe molto. Dovrà però dimostrare di essere veramente l’ago della bilancia sui terreni più caldi, con la Polverini (Pdl) nel Lazio e con il centrosinistra in Piemonte e Puglia.
Proprio l’atteggiamento da avere nei confronti di Casini sta creando un certo dibattito nel centrodestra tra Berlusconi e Fini. Tra loro sembrano esserci ancora numerosi dissidi, tanto che ogni tanto si torna a parlare addirittura della possibilità di una scissione dopo le regionali. Lei cosa ne pensa?
I rapporti tra il Presidente del Consiglio e il Presidente della Camera sembrano sempre fermi in uno stato di freddezza personale e di notevole diversità di vedute a livello programmatico e di prospettive politiche. L’ipotesi di una scissione è possibile, anche se non ancora decisa. I risultati determineranno i nuovi assetti. Sarà interessante osservare i risultati della vecchia An, soprattutto nel Lazio. Il centrodestra ha comunque la necessità di dimostrare che il consenso è ancora dalla sua parte e proverà a strappare agli avversari più regioni possibili.
Chiusa la parentesi delle elezioni, quale sarà l’agenda politica di governo? E’ possibile aspettarsi entro la fine della legislatura la diminuzione della pressione fiscale, spesso promessa e poi rimandata?
Nel 2013 è prevista una vera e propria riforma delle tasse come ultima mossa prima della fine della legislatura. Questo sembra essere l’impegno del governo, anche se non credo che le condizioni del deficit pubblico lo permetteranno, soprattutto per quanto riguarda l’intervento sull’Irpef.
Da ultimo, quali protagonisti della scena politica sono più attivi in un’ottica post-berlusconiana?
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Sicuramente Fini e Casini, come sottolineato da tutti i commentatori. Non dimentichiamoci però di Montezemolo.
Si era parlato di lui in questo senso ai tempi della bocciatura del Lodo Alfano, ultimamente però questa prospettiva sembrava accantonata…
Montezemolo sta costruendo un suo standing politico, una sua immagine istituzionale, anche se per ora opera all’esterno della vita politica e il suo progetto non ha effetti immediati. Più si rafforzano Fini e Casini e più possibilità ci sono che le strade di questi tre possano trovare una convergenza. Non è detto tra l’altro che questo debba significare la fine del bipolarismo, sicuramente però la fine del bi-leaderismo e dell’era Berlusconi.
Non crede quindi all’ipotesi di Casini leader di un nuovo centrosinistra, il “nuovo Prodi” come era stato definito?
A mio parere non c’è posto per tutti e due, il prossimo candidato anti-berlusconiano di una coalizione di centrosinistra, anche se diversa da quella attuale, sarà Montezemolo.
(Carlo Melato)