L’invito di Sergio Chiamparino a “superare il Pd” e a creare dopo le regionali un “nuovo Ulivo” inasprisce ancor di più lo scontro interno al Partito Democratico, scosso dalla vittoria di Vendola e dalla fine del cosiddetto “laboratorio politico” pugliese. Il Pdl si ritrova invece a inseguire l’Udc, preoccupato dal “fenomeno Vendola” e dalla sfida delle regionali, che stava forse iniziando a sottovalutare. Marcello Veneziani commenta per ilsussidiario.net il delicato momento della politica italiana.
Domani, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, l’Anm protesterà contro l’esecutivo abbandonando l’aula. Dopo le ultime dichiarazioni di Fini il centrodestra sembra aver ritrovato una certa unità sul tema della giustizia. Come giudica l’operato del governo in questo ambito?
Il centrodestra alterna dichiarazioni distensive a toni perentori. A mio parere dovrebbe impegnarsi maggiormente a stemperare il clima recependo alcune istanze dei magistrati e dell’opposizione, anche se questo a una certa magistratura non basterebbe comunque.
Le dichiarazioni di Fini segnano sicuramente un ritrovato accordo con Berlusconi e effettivamente suscitano qualche curiosità, anche se non è dato di sapere quali siano i motivi che stanno dietro a questa intesa.
Il Pdl sembra comunque più preoccupato delle regionali e alle più delicate…
In effetti colpisce molto il ritardo con il quale il centrodestra si sta muovendo. L’alibi di voler aspettare le mosse dell’avversario, come successo in Puglia, non regge più. Ha sottovalutato molte situazioni e si ritrova a rincorrere quei candidati che potrebbero rappresentare un’ancora di salvezza.
Dove rischia di più?
Certamente in Puglia e in alcune regioni chiave come il Lazio. La Polverini sulla carta è vincente, ma la capacità emotiva della Bonino è molto forte. Al nord invece la Lega potrebbe mettere in atto il sorpasso. La scelta di inseguire Casini mi sembra giusta, ma, come dicevo, tardiva.
Il Pd attraversa invece un momento delicatissimo, dilaniato dalle lotte intestine, dalle critiche di Romano Prodi e dagli scandali. Ieri si è aggiunta la proposta di Chiamparino di riazzerare tutto dopo le regionali per costruire un “nuovo Ulivo”…
Nel centrosinistra sta iniziando a circolare una forte nostalgia di Romano Prodi, che rappresenta il leader di una stagione di vittorie. Gli errori dell’attuale segreteria del Pd non fanno altro che aumentare questi sentimenti, anche se non bisognerebbe scordarsi del fatto che alcuni degli ultimi autogol sono imputabili allo stesso Professore. Lo scandalo del sindaco di Bologna, Delbono, è solo un esempio.
Secondo lei Prodi scenderà in campo riproponendo così l’eterno scontro con Berlusconi?
Per adesso Prodi si limita a dire che ha salvato la sinistra due volte e non è più disponibile a farlo, in realtà sembra coltivare un desiderio di acclamazione. A rinforzare le possibilità di un’ipotesi di questo tipo è lo stato del Pd, che si sta accartocciando su se stesso. Se il centrosinistra continua a rimpiangere le stagioni in cui versava in condizioni migliori il recupero di Prodi (o di un suo fedelissimo) sembra fatale.
Non crede a chi indica invece Nichi Vendola come futuro leader della sinistra?
Vendola ha certamente la capacità emotiva per diventare un punto di riferimento nazionale, ma non mi sembra né un affidabile amministratore regionale, né un leader politico con un grande respiro strategico. È un leader populista certamente capace di suscitare passioni politiche.
La linea di Bersani e D’Alema, mai così sotto attacco, è quindi destinata a soccombere?
L’attuale dirigenza del Pd è in evidente difficoltà. Una sconfitta elettorale alle regionali sarebbe la fine.
Sulla carta il disegno di Bersani era quello giusto: riconversione alla socialdemocrazia nel segno della tradizione europea, senza sogni all’americana. Il Pd però è rimasto un partito a sovranità limitata, nel quale ogni segretario deve tener conto delle baronie interne e delle innumerevoli influenze esterne. L’ultima speranza è un clamoroso successo alle regionali.
Se questo è lo stato di salute dei due principali partiti, come sta il bipolarismo italiano?
Il bipolarismo è in evidente crisi e continua a reggersi solo in forza della presenza di Berlusconi. Al di là di questo non ha motivi per sopravvivere. Il bipartitismo invece è stato bocciato sia a livello elettorale che di cultura politica. A mio parere stiamo andando incontro a una scomposizione e una ricomposizione del quadro.
In questa prospettiva quindi Casini rischia di trovarsi favorito?
Casini porta avanti un gioco vecchio che rischia però di dettare le regole nella politica di domani. Se crollasse il bipolarismo si ritroverebbe in mano un fatturato politico molto alto.
Il direttore de Il Riformista, Antonio Polito, da queste pagine ha ipotizzato una convergenza tra i diversi disegni post-berlusconiani di Fini, Casini e Montezemolo. Lei cosa ne pensa?
Sono progetti aleatori, ancora condizionati dalla presenza di Berlusconi. Casini però porta avanti un progetto nel solco della tradizione politica democristiana e sulla base di un partito che ha una sua consistenza. Gli altri due rischiano di attraversare il deserto e finire nella terra di nessuno, a meno che riescano a intercettare popolazioni in esodo dal centrodestra o dal centrosinistra.
Da ultimo, un giudizio sulla polemica che ha coinvolto Roberto Saviano, “reo” di aver ammesso la sua frequentazione delle opere di Ezra Pound, Céline, Evola…
Saviano ha mostrato la sua libertà e la sua intelligenza critica, confermando il suo coraggio. Il conformismo che invece insorge contro di lui dimostra che esistono ancora degli steccati di intolleranza e di odio che continuo personalmente ad avvertire. E’ un clima palpabile anche nei confronti di persone totalmente estranee a un certo humus e a un certo habitat culturale che si "permettono" di citare degli autori che considerano degni di attenzione.
(Carlo Melato)