Non entro nel merito delle singole questioni poste lucidamente da Giorgio Vittadini. Mi chiedo invece quali siano le ragioni politiche per le quali il Governo non ha fatto quello che aveva promesso.
Il governo è bloccato dai veti parlamentari, come ritiene Panebianco? Non mi pare. Il governo ha superato non solo gli eventuali veti parlamentari, ma le stesse procedure ordinarie, facendo ricorso in molteplici occasioni, alla sequenza decreti legge-maxiemendamenti-fiducia.
Il governo, inoltre, non ha favorito in alcun modo quelle riforme costituzionali (riduzione del numero dei parlamentari, Senato federale, poteri del Governo e del Premier in Parlamento, sfiducia costruttiva) che agevolerebbero il suo funzionamento e sulle quali c’è un vasto consenso parlamentare.
La ragione è di natura diversa. Il presidente Berlusconi, uomo d’azienda, come egli stesso ama definirsi, ha trasferito la forma-azienda, dell’uomo solo al comando, prima alla forma del suo partito e successivamente alla forma del suo governo. L’opzione carismatica è diventata, per la forte personalità del presidente del Consiglio, forma materiale di governo.
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Il governo carismatico, come il partito carismatico, non si regge sulla qualità delle sue decisioni, ma sul consenso. La passione per i sondaggi del presidente del Consiglio non è dovuta a una sorta di personale mania. In queste condizioni diventa una passione necessaria perchè il sondaggio costituisce il termometro quotidiano dello stato del carisma. Diventa come lo specchio della favola di Biancaneve al quale la regina chiede continuamente chi è la più bella del reame.
Il governo carismatico, paradossalmente, è costretto a decidere poco e in materie non conflittuali perché ogni scelta socialmente rilevante lascia vistose scie di malcontento. Forse anche le decisioni di politica economica del Ministro Tremonti, che peraltro ci hanno salvato dal crack, hanno risposto allo stesso criterio. I documenti economici hanno tagliato dappertutto allo stesso modo senza salvaguardare alcun settore; penso in particolare alla scuola e alla ricerca. Salvaguardarne qualcuno avrebbe significato scegliere in danno degli altri e quindi creare insoddisfazione non solo per i tagli ma anche per essere stati esclusi dalla salvaguardia . Tagliare in tutti i settori allo stesso modo avrebbe fatto prevalere, come in effetti è avvenuto, l’emergenza su ogni alternativa.
Il governo è privo di visione strategica, come ritiene Folli? Credo che nell’Esecutivo, a partire dal presidente del Consiglio e dal ministro dell’Economia, non manchino personalità con una forte visione del futuro. Il problema sta forse nei limiti propri dei sistemi carismatici. Il carisma può lumeggiare il futuro, ma non può strategicamente costruirlo. Prefigurare il futuro, con inevitabili sacrifici per il presente, comporta infatti un dilazionamento delle aspettative dei cittadini che potrebbero a quel punto revocare il consenso al titolare del carisma.
La debolezza di questa visione della politica è dimostrata anche dalla difficoltà di tenere unita la coalizione. Nel 2006 andò via Pier Ferdinando Casini con l’Udc. Nel 2010 si è allontanato (o è stato allontanato) Gianfranco Fini. La maggioranza parlamentare più ampia dell’età repubblicana rischia di restare in bilico per uno o due voti.
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Questa analisi sembra confermata dopo le recenti prese di distanza del presidente del Consiglio dal suo partito. Alle soglie nell’estate aveva assicurato che avrebbe rimesso le cose a posto da solo. A ottobre la situazione politica, secondo alcuni osservatori non ostili, da Vittadini a Marcegaglia, è peggiorata.
A questo punto è apparso inevitabile spostare fuori di sé, sul partito, la responsabilità del declino. Ma, evidentemente, non é una soluzione. L’alternativa sarebbe un esercizio delle responsabilità di governo secondo criteri che possono rischiare l’impopolarità del giorno dopo, per acquisire la gratitudine nei tempi medi. Le prossime settimane ci diranno se è un’ipotesi realistica.