Bersani sta tentando di mettere in piedi l’alternativa a Berlusconi. Il Pd considera le elezioni anticipate molto probabili e a differenza del passato sembra persino auspicarle. Sono queste le due novità dell’ultima fase della storia recente del maggior partito di opposizione.

La segreteria Bersani si trova a fare i conti con diversi problemi ereditati dalle gestioni precedenti. In primo luogo quello del carattere del partito e della sua unità interna. Bersani ha messo in soffitta la vocazione maggioritaria e il partito liquido, cardine dell’impostazione veltroniana, e ha cancellato il radicalismo di Dario Francheschini che aveva portato il Pd  a farsi portavoce del gruppo “Repubblica”.



Il partito di Bersani svela un più netto ancoraggio a sinistra con la centralità del tema-lavoro e lo sforzo di dare alla propria organizzazione un radicamento e una solidità mai avute.

Questa scelta provoca non pochi contrasti. Nella minoranza sono quindi confluiti sia il filone “americano” di Veltroni sia una cospicua pattuglia di esponenti provenienti dal partito popolare. E torna a farsi sentire, anche se regolarmente smentita, la voce sul rischio scissione che aleggia sul partito.



Un nuovo fronte l’ha aperto anche Marco Follini che torna a mettere in guardia da quello che lui definisce il rischio frontista del Pd, cioè il privilegiare le alleanze a sinistra. Questo è l’altro dossier aperto da Bersani. Veltroni l’aveva risolto chiudendo alla sinistra radicale e aprendo a Di Pietro, Franceschini mettendosi in concorrenza con l’Italia dei Valori. 

 

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Bersani ha proposto un’altra strada. Il leader del Pd è convinto che la fine del berlusconismo sarà una partita difficile con molte insidie e tende a lavorare per una vasta alleanza repubblicana che comprenda l’Udc di Casini e forse il partito di Fini. Accanto a questa alleanza vuole ricostruire una sorta di Ulivo fra partiti più affini ed è per questo che ha aperto un nuovo dialogo con Nichi Vendola.



Chi sarà il leader di questi schieramenti? Non a caso uso il plurale. Nel caso di una alleanza larga è del tutto evidente che nessun leader di partito potrebbe prevalere sugli altri e diverrebbe necessario ricorrere al cosiddetto “papa straniero”.

Se restasse solo il cerchio più piccolo sarebbero invece necessarie le primarie che vedrebbero in campo Vendola e Bersani.

Tuttavia c’è ormai un grande lavorio nel fronte opposto a Berlusconi che fa pensare che le sorprese politiche siano ancora tutte da scoprire. Il cosiddetto terzo polo è molto affollato, gli scontenti moderati del Pd scalpitano: ne vedremo delle belle.