«Il fatto che i poteri forti dello Stato utilizzino i mezzi di comunicazione per far filtrare dei dossier ad personam è un fatto molto grave». Si dice preoccupato Antonio Polito, direttore responsabile del Riformista, intervistato da Ilsussidiario.net sulle campagne giornalistiche, orchestrate da destra come da sinistra, che da ormai un anno stanno surriscaldando il clima politico. L’ultimo caso in ordine di tempo è stato quello di Report, il programma condotto da Milena Gabanelli, che ha acceso i riflettori sulla casa ad Antigua del premier Silvio Berlusconi. Un vicenda che, in ordine di tempo, ha seguito la campagna de Il Giornale contro Gianfranco Fini, il presunto dossier contro Emma Marcegaglia, il caso Boffo e l’affaire D’Addario.
Direttore Polito, dove sta la differenza tra una vera inchiesta giornalistica e il cosiddetto dossieraggio?
La differenza non sta nel modo con cui è condotta l’inchiesta, ma nel suo fine. Se il giornalista è il cane da guardia dell’opinione pubblica, deve indagare su tutti i potenti. Se invece è il cane da guardia che difende un padrone, indaga solo sui nemici del padrone. Usa cioè l’inchiesta come un’arma politica, e non fa del buon giornalismo ma mette a segno delle vendette. E questo anche se magari lo fa realizzando delle inchieste giornalisticamente valide.
Che cosa trova che sia più grave in questa deriva verso i dossier ad personam?
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Il fatto che ci siano stati casi in cui le campagne non sono nate su iniziativa dei giornalisti, ma della polizia, della magistratura o più in generale dallo Stato con la S maiuscola. Poteri forti insomma che hanno utilizzato a questo scopo la loro autorità, di cui invece è sprovvisto il comune cittadino, come quella di indagare, limitare la libertà delle persone, andare a guardare nei conti correnti o ascoltare le telefonate private. Con l’obiettivo di far filtrare delle informazioni sulla stampa per aiutare deliberatamente l’una o l’altra campagna.
Davvero ritiene che sia andato così?
Sì, e lo trovo un fatto molto grave, perché in questi casi non è più il giornalista contro il potente, Davide contro Golia, ma è l’esatto contrario: lo Stato, il Moloch che con la sua enorme potenza di indagine sfrutta il giornalista che gli dà spazio.
Chi si è comportato peggio, Vittorio Feltri o Milena Gabanelli?
Per l’idea che mi sono fatto, Report ha condotto l’inchiesta sulla casa di Antigua esattamente come Il Giornale fa le sue. Il problema però non sono quotidiani e tv, ma chi li usa per fare filtrare delle informazioni…
La politica e gli altri poteri dovrebbero quindi smettere di influenzare il lavoro dei giornalisti?
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Sì, perché questo è pericoloso. Sia che lo faccia la magistratura, sia che lo faccia la politica nei confronti di un programma di un’azienda radiotelevisiva come la Rai, che comunque dipende dalla politica. E quindi anche nel caso della Rai è la politica che conta.
C’è stato qualche caso che ha ritenuto peggiore di altri?
Sono sempre stato contrario al modo con cui è stato condotto l’attacco contro l’ex direttore di Avvenire, Dino Boffo. Che tra l’altro è stato viziato da una serie di notizie non vere, come riconosciuto anche dal direttore de Il Giornale. Ma il fatto più grave è un altro. E’ stato Feltri stesso, nel presentare l’inchiesta contro Boffo, a dire più o meno: «Siccome Boffo si è permesso di sindacare sulla moralità della vita privata di Berlusconi, adesso andiamo a guardare nella sua vita privata». L’intento di Feltri era cioè chiaramente una rappresaglia. Perdipiù non contro un uomo politico, che cercava il voto degli elettori, bensì contro un professionista che rispondeva solo al suo editore.
Intanto però negli Usa chi fa le inchieste giornalistiche vince il premio Pulitzer…
Sì, ma il loro scopo è completamente diverso. Per capire quello che succede negli Usa, come in tutti i Paesi liberi, dobbiamo immaginarci che cosa accadrebbe da noi se Panorama pubblicasse un’inchiesta sugli affari segreti del Cavaliere, o se Repubblica facesse lo stesso nei confronti del capo del Partito democratico. Un’operazione di questo tipo avrebbe un significato del tutto diverso dai dossieraggi orchestrati per colpire i nemici politici.