«A pochi giorni dall’intervento del Capo dello Stato il cammino del Lodo Alfano costituzionale sembra davvero compromesso. Separando il proprio destino di Presidente della Repubblica da quello del Presidente del Consiglio, infatti, Napolitano ha inferto un duro colpo allo “scudo”, rimettendo in circolo tutte le riserve che si agitavano in Parlamento. A questo punto, con il clima che si è creato, è difficile immaginare quattro letture parlamentari».
Stefano Folli, intervistato da IlSussidiario.net, non sembra credere a una riforma della giustizia in tempi ragionevoli. «È un nodo complicatissimo, inoltre, dopo la nota di Napolitano, anche Fini ha voluto fare un passo indietro dichiarandosi contrario alla reiterazione e andandosi così ad allineare all’opposizione».
La mossa del Colle, secondo lei, è il frutto di un rapporto politico ormai deteriorato?
Credo che il Presidente della Repubblica non fosse contento di essere affiancato a Berlusconi nella vicenda dello “scudo” e abbia voluto dissociarsi. Al di là delle intenzioni, comunque, quello che non può essere definito soltanto un intervento “in punta di diritto” ha scompaginato anche i piani di Berlusconi nella corsa al Quirinale per il 2013.
È questo il vero obiettivo del Cavaliere?
Senza dubbio, ma per poterlo raggiungere Berlusconi ha bisogno di uno scudo saldo, dato che l’art. 90 riguarda soltanto gli atti compiuti dal Presidente della Repubblica durante il suo mandato, non il pregresso. Senza questa “copertura” ci ritroveremmo inevitabilmente in una situazione di estrema tensione, ancora più grave di quella che viviamo oggi. Immaginiamoci un Capo dello Stato che deve evitare di farsi processare dai giudici… una situazione insostenibile a livello istituzionale. Il fatto che sia un obiettivo chiaro, ovviamente, non significa che i passaggi intermedi siano di facile realizzazione.
In quel caso Berlusconi dovrebbe allargare la maggioranza e trovare un successore?
In uno scenario di questo tipo serve certamente un successore che consolidi il collegamento con l’area moderata. Staremo a vedere, di sicuro il premier è consapevole di essere più debole di un anno fa e sa benissimo che per poterci provare dovrà farsi trovare pronto con una maggioranza fidata e solida fra due anni e mezzo…
Tornando allo stato di salute della maggioranza: lei non riteneva credibile l’ipotesi di un “patto di legislatura” tra Fini e Berlusconi anche quando questo sembrava a portata di mano, inutile contarci in questa situazione?
Continuo a non crederci per un motivo molto semplice: Fini ha impostato il suo percorso politico cercando di affermare un’identità chiaramente distinta da quella di Silvio Berlusconi. Già questo rende impossibile un accordo solido che copra l’intera legislatura, anche perché a ogni cedimento nei confronti del Presidente del Consiglio segue un danno d’immagine considerevole per l’ex leader di An, come si è visto in occasione del Lodo. Per questo motivo anche i paragoni che sento fare rispetto al passato non sembrano reggere.
A cosa si riferisce?
C’è chi paragona lo scontro tra i due leader del centrodestra alle vicende politiche di De Mita e Craxi, i quali, pur detestandosi, alla fine sapevano raggiungere una mediazione. In questo caso però non stiamo parlando di una trattativa tra “pari”, ma di un partito del 30% che dovrebbe trovare un accordo vincolante con una corrente che ha appena compiuto una scissione. Il confronto è sbagliato e l’accordo non si può trovare perché manca la doppia convenienza. Allo stato attuale, infatti, la tregua conviene solo ai berlusconiani.
Quali sono le prospettive per la maggioranza se lo “scudo” sembra compromesso e lo scontro al vertice non sembra destinato a rientrare?
Innanzitutto sarà importante capire cosa deciderà la Corte costituzionale sul legittimo impedimento il 14 dicembre. Stando ai rumors la Corte dovrebbe in qualche modo accettare la logica del legittimo impedimento, chiedendo soltanto qualche correzione. Se ciò accadesse Berlusconi otterrebbe una tregua ai processi, uno “scudo” raggiunto grazie a una legge ordinaria di carattere provvisorio. Penso che sia l’unica strada, anche perché il Lodo costituzionale porterebbe con sé anche un referendum popolare inevitabilmente incentrato sul premier e caricato politicamente.
Se ciò però non avvenisse si avvicinerebbero le urne?
Probabilmente sì, anche se la maggioranza dei partiti non le vuole, ad eccezione della Lega (che comunque in questa fase non vuol creare complicazioni al premier), della sinistra alternativa di Vendola e di Di Pietro. Ad oggi sia Berlusconi che il centrosinistra vorrebbero evitare le elezioni anticipate, così come Napolitano.
Questo aumenta le quotazioni del governo tecnico?
No, è un salto logico che non vorrei fare. Il Presidente della Repubblica ritiene che le elezioni siano un azzardo in un momento di difficoltà economica per il Paese. Bisogna anche tenere presente che in Italia, purtroppo, la formazione di un nuovo governo è un processo lento ed estenuante. Questo però non vuol dire che verrà appoggiata un’operazione di bassa lega soltanto per evitare il voto anticipato. La stessa ipotesi di un governo che si dedichi soltanto alla nuova legge elettorale non ha nessun senso.
Da ultimo, ieri Gianfranco Fini ha raggiunto Milano nel “tour” che anticipa la nascita vera e propria del nuovo partito. Come giudica il consenso e le adesioni che ha avuto nelle file del centrodestra? Ha saputo raccogliere solo qualche pidiellino scontento o c’è qualcosa di più?
La cosa interessante è che la maggior parte di quelli che stanno passando in Futuro e Libertà provengano da Forza Italia e non da An. È il segnale che c’è comunque un’area di malcontento all’interno del Pdl. Per il resto quello di Fini è un partito non ancora nato che ha ancora tutto da dimostrare, a livello di radicamento sul territorio e di leadership. Per capire poi se si possono aprire nuovi scenari aspetterei le comunali di Milano e un’eventuale candidatura di Albertini.
(Carlo Melato)