Ai tempi bui del rapimento Moro (primavera del 1978) il quartier generale della politica era fra via delle Botteghe Oscure, sede del Pci, e piazza del Gesù, sede della Dc. In questa seconda, nel palazzo Cenci Bolognetti, dominava la banda dei quattro. Espressione di derivazione cinese, indicava quattro giovani colonnelli dell’allora sinistra dc, Guido Bodrato, Beppe Pisanu, Corrado Belci e Franco Salvi che costituivano i primi consiglieri del segretario di allora, Benigno Zaccagnini.



Di quel gruppo è rimasto in politica solo Pisanu, che in effetti era allora il più giovane. Oggi, ai tempi della crisi di Silvio Berlusconi, potremmo parlare della banda dei tre: Gianfranco Fini, Pierferdinando Casini e Francesco Rutelli.

Il centro della politica è più che mai Montecitorio ed infatti è là che i tre si sono ufficialmente riuniti, nell’ufficio del Presidente della Camera, per preparare l’incontro di ieri fra Bossi e Fini. Che cosa unisce la nuova trinità della politica italiana? Ovviamente l’età. Non sono più giovani, viaggiano sui sessanta. Ma qui da noi, sembrano ancora ragazzini, rispetto agli altri protagonisti.



Poi li unisce l’aspirazione alla successione dello stesso Berlusconi. Rutelli fu infatti il candidato premier proposto dal centro sinistra nella corsa elettorale, persa, nel 2001. Mentre sia Fini che Casini sono stati prima fedeli alleati di Berlusconi e poi lo hanno abbandonato dopo la creazione del Pdl. Casini prima delle ultime elezioni politiche del 2008, Fini dall’estate scorsa. Entrambi questi ultimi due sono stati Presidenti della Camera.

Ruolo che evidentemente inclina l’animo alla distinzione del leader di riferimento, visto che Berlusconi nelle legislature in cui è stato decisivo per quella poltrona vi ha fatto sedere: nel 1994 Irene Pivetti, nel 2001 Casini, nel 2008 Fini. Mentre la sinistra ci ha insediato Luciano Violante e Fausto Bertinotti, anche loro sia detto per inciso diventati eccentrici rispetto al mondo di origine.



 

Rutelli e Fini, hanno creato molto recentemente nuove formazioni politiche: l’Api e il Fli. Gli acrostici significano: "Alleanza per l’Italia" e "Futuro e libertà". Il loro disegno politico ha in comune l’aspirazione a creare un polo di centro moderato che possa condizionare la politica italiana. Una moderazione moderna, per certi versi post berlusconiana, che sappia ricreare una base condivisa di regole e valori con i competitori dell’altro polo, quello di centro sinistra.

 

Nella congiuntura la banda dei tre è fortissima, perché dalle loro mosse prenderà avvio la seconda fase della crisi parlamentare, forse già da mercoledì prossimo. Nonostante la buona immagine presso i media, sono vecchie volpi del Palazzo e sicuramente sapranno interpretare il loro ruolo al meglio.

 

La domanda che riguarda i tre al di là del contingente è questa: Fini, Casini e Rutelli saranno in grado di interpretare e quindi rappresentare l’Italia che fino ad oggi ha sostenuto Silvio Berlusconi? Paolo Macry sul Corriere della Sera di martedì poneva questa questione con grande acutezza e precisione.

 

"Logica vuole"’ ha scritto "che l’ uscita di scena del Cavaliere (quando accadrà) metterà in palio il ricco premio costituito dai suoi molti sostenitori, togliendo simmetricamente ogni ragion d’essere alle centurie della guerra totale.

 

Dunque sarà decisivo avere nel frattempo costruito un qualche canale di comunicazione con quel popolo tenace, con le sue ragioni profonde, i suoi valori, la sua cultura, perfino la sua psiche".

 

Per ora questo "canale comunicativo" non c’è, forse è prematuro aspettarselo, ma è certo questa la vera partita che la banda dei tre dovrà giocare nei prossimi mesi, se vuole affermarsi.