«Stiamo assistendo a una fase politica segnata da numerosi tentativi di mediazione che risultano però poco credibili». Stefano Folli, intervistato da IlSussidiario.net, commenta così l’evolversi della crisi della maggioranza, all’indomani dell’incontro interlocutorio tra Bossi e Fini. «È stata un’operazione che la Lega ha portato avanti per esigenze politico-elettorali proprie e che il premier ha assecondato, pur non essendone assolutamente convinto. D’altronde Bossi ha l’esigenza di ritagliarsi un ruolo in questo momento, mostrandosi conciliante con i suoi interlocutori e stando molto attento a non passare per “falco” in modo da poter incassare il federalismo. Allo stesso tempo, deve cercare di non apparire troppo ossequioso alle direttive di Berlusconi, soprattutto agli occhi della propria base».
L’esito dell’incontro di ieri era perciò scontato?
Direi di sì. Le dichiarazioni di Gianni Letta sulle prospettive limitate della legislatura erano state un segnale chiaro in questo senso: difficile sperare che la soluzione arrivi da questi negoziati. Tocca a Berlusconi prendere un’iniziativa, in un senso o nell’altro. L’attendismo che sta dimostrando in questa fase è deleterio e lo costringe a subire le mosse altrui.
Casini lo invita a fidarsi di una “crisi pilotata” che passi attraverso le sue dimissioni…
In questa situazione sarebbe un suicidio. Non c’è il minimo accordo tra le parti che portano avanti questa proposta e nessuno è in grado di assicurare al premier il “ritorno” a Palazzo Chigi. Siamo poi davvero sicuri che la Lega sia favorevole a un allargamento della coalizione all’Udc e a un riconoscimento delle istanze dei finiani? Difficile crederlo, al di là delle dichiarazioni di questi giorni, funzionali alle trattative in corso.
Qual è allora l’alternativa?
Se davvero Berlusconi non è disposto a cedere, ritiene di poter reggere ancora la sfida e non viene tradito dal suo unico alleato (cosa che Bossi, a mio parere, non farà), Berlusconi può ancora provare a gestire la crisi del governo. Fini ormai si è esposto e a breve sarà costretto a provocarla. L’esito finale però potrebbe essere il voto anticipato.
In che modo?
Davanti all’annunciato ritiro della delegazione finiana il Presidente del Consiglio non ha rassegnato le dimissioni (come ci si sarebbe potuti aspettare nella Prima Repubblica) ma ha sfidato i futuristi alla prova del Parlamento. E se il premier dovesse passare prima dal Senato e poi dalla Camera ci si potrebbe trovare nella singolare situazione di una fiducia che viene ottenuta solo al Senato. Grazie a questa vittoria parziale la strada che porta al governo tecnico, sarebbe comunque compromessa.
Sui giornali intanto si scommette sull’evento scatenante che può far precipitare la situazione: la finanziaria, la giustizia, la sfiducia al ministro Bondi dopo i fatti di Pompei…
Grazie all’appello di Napolitano il governo non dovrebbe cadere sulla Legge di stabilità. Un intervento il suo che, tra l’altro, ha dato voce al sentimento di un Paese molto preoccupato per la situazione politica e per l’incertezza che ne deriva. Resta difficile fare previsioni, ma una volta incassata la finanziaria e una volta che il pacchetto federalista sarà blindato, ogni pretesto potrebbe essere quello buono per portarci alla crisi. La mozione di sfiducia verso un ministro è certamente un fatto grave, vedremo se su questo punto ci sarà un passo indietro dei finiani.
Nell’attesa della prossima mossa del Cavaliere c’è comunque un asse Fini-Casini o la freddezza che il mondo cattolico ha manifestato nei confronti del leader dei futuristi sta costringendo i centristi a cambiare i loro piani?
Tra i due leader c’è un accordo tattico evidentissimo. Entrambi non si fidano del tutto, ma hanno l’interesse comune nel procedere insieme, senza scavalcarsi a vicenda. Sul piano strategico è però difficile immaginarsi qualcosa di più di un’alleanza elettorale. L’ipotesi di una fusione e di un terzo polo costruito su queste basi non sembra davvero reggere.
(Carlo Melato)