Silvio Berlusconi, intervenendo telefonicamente alla convention del Popolo della Libertà di ieri, ha confermato la strategia che in questi giorni alcuni dirigenti di partito avevano lasciato trapelare. Il governo è pronto a chiedere la fiducia al Senato e alla Camera. Nel caso in cui i numeri a Montecitorio dovessero essere sfavorevoli alla maggioranza il centrodestra tornerebbe a chiedere il voto per rinnovare un solo ramo del Parlamento. «In questa fase – dice Paolo Franchi a IlSussidiario.net – stiamo assistendo a manovre politiche assolutamente inedite che, in punta di astrattissimo diritto, possono persino essere ipotizzabili, ma che a livello politico non fanno altro che radicalizzare lo scontro e ricacciare l’esecutivo in una trincea di resistenza senza grandi prospettive».



Quale sarebbe a suo avviso l’atteggiamento più ragionevole che il premier dovrebbe assumere?

A mio parere la sfiducia della Camera non può essere compensata con la fiducia al Senato. Il passaggio delle dimissioni mi sembra quindi inevitabile. A quel punto il Cavaliere avrebbe comunque tre strade davanti a sé. La prima: Berlusconi potrebbe rilanciare e aprire al contributo di tutti per completare la legislatura, magari impugnando per primo la riforma della legge elettorale. In questo modo Berlusconi potrebbe cercare di scongiurare il governo tecnico e di sparigliare il campo avversario (che sulla legge in questione non ha un’ipotesi comune). La seconda, puntare tutto sulla richiesta di elezioni anticipate, forte del fatto che una legge elettorale pensata “alla faccia” di chi le elezioni le ha vinte non è certo una cosa commendevole. La terza ed ultima è quella di prepararsi a una dura opposizione nei confronti di un governo tecnico da cui si è stati esclusi.



I presidenti di Camera e Senato intanto litigano sul calendario per decidere quale ramo debba essere interpellato primo. Una questione simbolica non secondaria di questo voto…

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È un altro degli aspetti inediti e divertenti della partita. Al di là di questo rimango della mia opinione: un risultato discordante porta necessariamente alle dimissioni, al di là di chi si pronuncia per primo o per secondo.

Nelle file del Pdl c’è ancora chi spera in qualche gradita sorpresa delle colombe finiane che, in questa fase, sono state messe in disparte…



Tutto è possibile, anche se è dall’inizio di questa vicenda che sulla divisione dei futuristi in molti scommettono e, spesso, finiscono per perdere. Non resta che aspettare, perché, al di là della diversa visibilità che i giornali riservano, il voto di una colomba vale quello di un falco…

In questo momento di grande confusione circolano teorie discordanti. Una di queste indicherebbe nel “sacrificio” di La Russa e di altri ex colonnelli “traditori” di Fini l’ultima via per arrivare a una clamorosa e inaspettata tregua tra i cofondatori del Pdl. Cosa ne pensa?

 

Poteva essere una mossa efficace se fosse stata pensata almeno due mesi fa. Gli ormeggi ormai sono stati tagliati e non si può più rimediare facendo rotolare qualche testa, seppur eccellente. La politica sarà anche tattica, ma dopo una doppietta come quella di Mirabello e Bastia Umbria, chi è in grado di dire: “scusate abbiamo scherzato”?

 

La breve stagione delle “mediazioni” è quindi conclusa? La Lega continua a ribadire che la mediazione tentata con Fini non è stata un buco nell’acqua…

 

Se parliamo della Lega il quesito decisivo a mio parere è uno: per quanto tempo ancora Bossi resterà legato a Berlusconi? Non c’è un solo elemento, ad oggi, che possa far presagire un abbandono del Cavaliere da parte della Lega. In una situazione come questa tutto ciò fa molto onore al Carroccio, anche se la domanda rimane aperta. Di certo il premier ha bisogno di superare da Palazzo Chigi il passaggio del legittimo impedimento del 14 dicembre.

 

Date queste premesse, il leader dei futuristi rischia di rimanere “schiacciato” sulla sinistra al momento della sfiducia?

 

 

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Il premier farà il possibile affinché questo avvenga e Fini, ovviamente, cercherà di non cadere nella trappola. La vera novità in questo senso è la mozione che si sta facendo strada nel terzo polo con la convergenza di Udc e Fli. Vedremo se la sinistra accetterà di recitare un ruolo di seconda piano.

 

Tra Bersani e Fini, effettivamente, è in corso una difficile partita: per certi aspetti sono alleati, per altri devono marcare le differenze. Questa sera i due leader saranno, tra l’altro, ospiti della trasmissione di Fazio e Saviano. Un episodio ininfluente o su cui è il caso di fare qualche riflessione?

 

Mi sembra un fatto tutt’altro che secondario, che apre però un discorso più ampio e generale su una Rai che sembra davvero impazzita. Pur non essendo un maniaco della par condicio rimango infatti un po’ perplesso dell’idea secondo cui ognuno ha il proprio contenitore all’interno del quale può fare ciò che vuole. È un problema di regole condivise che metta limite al protagonismo di conduttori del servizio pubblico vecchi e nuovi. Detto questo, tra i due Fini è sicuramente più abile a usare il mezzo televisivo e la stessa Rai ha dato all’ex leader di An una grossa mano nella sua battaglia contro Berlusconi. Bersani, invece, sembra soffrire il protagonismo di Fini e inizia a temerlo anche sul piano elettorale. Non ci resta che aspettare di vedere se tra i due prevarrà le polemiche o le pacche sulle spalle…  

 

 

Da ultimo, un commento sulla vittoria di Giuliano Pisapia alle primarie del centrosinistra a Milano. 

 

È un evento di prima grandezza che apre un grosso problema nel Pd, a livello nazionale. Che una struttura come quella del vecchio Pci sia quasi del tutto scomparsa non è certo una novità,  ma, a questo punto, Bersani non può più rimandare una profonda riflessione su tutto ciò che sta a sinistra del Partito Democratico e sulla "corsa di Vendola"…

(Carlo Melato)

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