Egregio on. presidente Pierferdinando Casini,

Mi permetta di scriverLe in estrema confidenza, come donna, madre, come cattolica. La situazione richiede colpi d’ala, e impone di osare anche un appello a un leader per cui nutro stima e simpatia. Ultimo erede di una scuola politica cancellata dai furori di una stagione di odio e vendette; il più giovane di quei democristiani che non si vergognarono mai di chiamarsi tali, figli di una storia di cui siamo debitori. Che troppo rapidamente è stata liquidata o relegata nell’omaggio monumentale che si deve ai caduti.



Lei è l’ultimo superstite, presidente, da quando Cossiga se n’è andato. Il paragone non tiene sull’età, ma  sulla passione e l’attaccamento alle radici, sull’umanità, credo di sì. Del resto, dove sono finiti i democristiani, annacquati e trasformisti a destra, impauriti e stritolati a manca, quando non pronti a cambiare veste e bandiera, a strattonare perfino i vescovi, in nome di una fede “adulta”? Anche nel suo partito, mi lasci dire, non sono molti i protagonisti di carisma e di limpida e sincera storia politica. Ciononostante, in molti avevamo affidato a voi le nostre residue speranze sul bene comune, sul primato di un’antropologia cristiana, sulla necessità di tenere insieme, fede e vita, fede e ragione, tradizione e futuro. Vicini in tante battaglie, scomode ma qualche volta perfino vittoriose, e cito a caso la più importante, quel referendum del 2005 sulla Legge 40 che ci diede il sentimento di una tenuta, la speranza che un popolo cristiano, cioè pienamente umano, ancora reggeva.



Uso l’imperfetto, presidente, perché siamo, sono spaesata, e non ci giro tanto intorno. Davvero Lei è pronto a consegnare il paese a Fini? Davvero per cacciare Berlusconi è disposto a ignorare i suggerimenti di voci autorevoli nella Chiesa (e mi riferisco a quelle fedeli all’autorità, le altre, in ordine sparso, non mi interessano), ad allearsi su un programma elettorale comune con un liberale dell’ultim’ora, un anticlericale d’antan ma ben nascosto per tanti anni, per opportunismo, un politico capace di strizzare l’occhio e pianificare conversioni ideali e strategie in base a un ritorno d’immagine, o di potere?



Caro presidente, da almeno dieci anni ci sveniamo sui temi che più ci stanno a cuore (parlo al plurale, l’avete scritto nero su bianco), sui “valori irrinunciabili”, da cui tutti gli altri discendono e prendono consistenza e forza. Quelli della vita, da rispettare e tutelare dal concepimento alla morte naturale. Che si tratti dell’uso delle staminali embrionali, della fecondazione eterologa, dell’assistenza ai bimbi prematuri, di un’applicazione completa della legge 194, nata a difesa della maternità, non per la diffusione dell’aborto. Fino alla caparbia difesa del diritto a vivere, non a morire, a definire la vita degna sempre, non a seconda della sua qualità. Ha presente le posizioni di tanti finiani sulla fecondazione in provetta, presidente?

Torniamo ad un Far West che spalanca le porte al’eugenetica? Si ricorda Eluana? Uccisa, nonostante la mobilitazione di un ministro, nonostante l’intervento del presidente del Consiglio, perché la politica tutta non ebbe il coraggio di gridare con voce più netta e profetica? Da che parte stava Fini, lo ricorda?

 

Il suo partito si pone, tra i pochi, a difesa della famiglia secondo Costituzione, fondata cioè sul matrimonio tra un uomo e una donna. Punto. Non ci sono altre possibilità, se non il rispetto sempre e comunque dei diritti della persona, di qualunque persona. Sa che pensa Fini della famiglia, vero? Apriamo alle coppie di fatto, ai matrimoni omosessuali, alle adozioni dei gay? Lasciamole a Vendola, queste cose ci penserà già lui, con buona pace dei cattolici adulti del suo partito.

 

Potrei parlare della legge elettorale (buttiamo via 17 anni di bipolarismo?), dell’idea di cultura, di Stato, di libera stampa (quando sta dalla tua), di libera magistratura (quando sta dalla tua) che Fini ha esaltato in quest’ultimo anno di repentini mutamenti. Ma mi bastano i temi citati prima, i più cari, quelli che cerco di spigare ai miei figli, che il Papa ci ricorda ad ogni occasione. Li si può svendere o accantonare per far fuori Berlusconi? Vogliamo parlare della scuola paritaria? È vero, ogni anno Tremonti ci toglie quei quattro soldi, e poi ce li ridà, come un regalo. Ma siamo sicuri che non ci sia di peggio, cioè non averli per niente, quei soldi? E la libertà di educazione? E l’ora di religione, che ne dice, potremmo fare come la Francia. E l’8 per mille, mica è un diritto, il Concordato è roba vecchia. Fantasie. Esagerazioni, dirà; finché ci siamo noi, certe cose non si toccano. Siamo garanti noi.

 

Mi permetta di dubitare, presidente. Abbiamo qualche pregiudizio, ormai. Si fa in fretta a cedere, per un bene superiore, cioè la stabilità, la crisi economica, eccetera. Credo che non ci sia bene superiore alla coscienza di quel che siamo. La laicità non è contro una visione del mondo illuminata dalla fede: questa visione del mondo, dell’uomo, si tratta di difendere. Ci pensi, Presidente Casini. Non ci obblighi a scegliere tra Fini e Vendola. Non combini pasticci. Ci sono compagnie di giro buone per una bevuta, non per governare né per proporsi come salvatori del paese. Ci parli, ma niente governi con loro, niente programmi. Corra da solo.

 

La ringrazio di cuore dell’attenzione,

 

Monica Mondo