Per quale motivo parlamentari degli opposti schieramenti dovrebbero lavorare insieme in un momento in cui uno scontro politico che ha raggiunto i suoi massimi livelli sembrerebbe suggerire di indossare l’elmetto e fare le barricate? È possibile dialogare a poco meno di un mese da quel 14 dicembre che, grazie ai suoi verdetti (la fiducia alla Camera e al Senato a cui si aggiunge la sentenza della Consulta sul legittimo impedimento), è stato ribattezzato il “giorno della verità” della politica italiana?
La due giorni di formazione promossa dall’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà (fondato nel 2003 su inizitiva di Maurizio Lupi insieme a Pierluigi Bersani, Enrico Letta e altri deputati di tutti gli schieramenti) che si aprirà questa sera a Roma con l’intervento del Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, sembra sfidare la risposta più ovvia che si sarebbe tentati di dare a queste domande.
Al centro dei lavori, condotti dal Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Giorgio Vittadini, due temi fondamentali come famiglia e lavoro, che verranno approfonditi dal prorettore dell’Università Cattolica di Milano, Luigi Campiglio, e dal Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi.
«Chi ha il desiderio di costruire ha il dovere di guardare avanti – dice Tiziano Treu (Pd) a IlSussidiario.net -. In questo momento è indispensabile occuparsi dei problemi di fondo, nonostante le contingenze e al di là di chi eventualmente sarà chiamato a prendere il testimone, perché se è vero che questa crisi politica rende tutto più incerto è ancor più vero che la responsabilità a lavorare assieme è più grande». Dello stesso avviso il presidente del gruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, che paragona l’esperienza dell’Intergruppo a «un’oasi, un porto franco dove il dialogo, quando lo scontro si fa più aspro, è ancora possibile, proprio perché non viene usato come alibi per creare confusione o per portare avanti secondi fini. Torneremo poi a dividerci, com’è giusto, su quelle che sono le soluzioni a questa crisi. A mio avviso, ad esempio, non ne usciremo con una “staffetta”, ma solo rispettando la sovranità popolare».
«La Chiesa – afferma Paola Binetti (Udc) – ha espresso la sua preoccupazione per l’attuale quadro politico e ha invitato tutti ad assumersi la responsabilità di lavorare insieme al servizio del Paese, senza farsi trascinare da una dialettica sterile e conflittuale. Per questo motivo ascoltare le parole del Cardinal Bagnasco sarà un segno di maturità, soprattutto da parte di una classe politica che si riconosce nei valori e nella tradizione cattolica. Abbiamo bisogno di parlare tra di noi e di confrontarci con tre voci forti, per cercare poi di dare sintesi, a livello personale e a livello di appartenenza politica. Nei prossimi giorni, infatti, potremo votare la fiducia o la sfiducia, andare alle elezioni – se sarà indispensabile – scegliendo come e con chi andare, ma saremo tutti più consapevoli delle conseguenze delle nostre azioni».
Se le posizioni di partenza sono però così diverse su cosa si possono incontrare laici e cattolici, parlamentari e senatori della maggioranza o dell’opposizione? «Quella che mi sembra l’unica clausola su cui si regge l’Intergruppo – dice Matteo Colaninno (Pd) a IlSussidiario.net – è il valore del bene comune che avverte chi sente su di sé la responsabilità e l’onore di rappresentare il popolo italiano. La politica deve tornare a rispondere alle sfide che l’attendono e che riguardano più in generale l’instabilità dell’Occidente, trovando esperienze di unità. L’intergruppo va in questa direzione e, proprio avvicinando persone dalle provenienze politiche differenti, riesce a trovare risposte comuni».
«Se questo avviene – fa notare Giuliano Cazzola (Pdl) – è perché esiste un tessuto riformista che non si lascia rinchiudere nei confini degli schieramenti contrapposti. Se si andasse al di là della cronaca si scoprirebbe che, tutto sommato, oltre alle cose che dividono, tante potrebbero unire. È un buon segnale per il Paese quello che viene dal seminario della Fondazione della sussidiarietà, che ancora una volta è in grado di coinvolgere in riflessioni comuni parlamentari della maggioranza e della opposizione».
«Le differenze restano – sottolinea il leghista Massimo Polledri -. Noi parliamo di “famiglia”, mentre a sinistra c’è chi parla di “famiglie”. Non è un dettaglio. Detto questo, senza confusione, né sconti su valori, anche noi della Lega avvertiamo il dovere del dialogo, perché nessuno ha la verità in tasca. Serve una politica che guardi più in là del dopodomani e che sappia affrontare le sfide a cui vengono sottoposte le famiglie e la rivoluzione generazionale che stiamo attraversando. All’appello, rispetto agli anni Settanta, mancano 7.000.000 di giovani, mentre il tema delle “culle vuote” veniva sollevato già da Papa Giovanni Paolo II. Chi non vuole rassegnarsi deve adoperarsi per individuare nuove soluzioni».
Ma l’Intergruppo può fare ancora di più, secondo Ermete Realacci (Pd): «È un soggetto che, per il valore che ha, è ancora troppo debole. L’iniziativa del 5 per mille, ad esempio, è stata drasticamente ridotta dai tagli e le organizzazioni che operano nella società ne soffriranno molto. Lo vorrei più ambizioso perché il senso dell’Intergruppo, fin dalla sua nascita, è sempre stato quello di ragionare sui fondamentali, su ciò che tiene assieme l’Italia. E ancora oggi è uno strumento importantissimo che legge la politica con l’occhio delle persone, della comunità e dei territori, alla luce del principio di sussidiarietà. C’è ancora più bisogno di tutto questo, in un momento in cui sembra ancora più difficile scommettere sull’Italia. Non resta che tornare al lavoro, perché, come insegna un proverbio africano: “Da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontano…”».
(Carlo Melato)