L’inedita proposta del “governo d’armistizio”, lanciata domenica da Pierferdinando Casini, è riuscita a imporsi nella discussione sulle possibili soluzioni alla crisi politica della maggioranza. Il dibattito che si è aperto ha suscitato reazioni molto diverse, grazie soprattutto alle differenti interpretazioni che fin da subito hanno iniziato a circolare.
E così, il leader dei centristi, ospite ieri sera di Enrico Mentana, ha voluto chiarire che il 14 dicembre l’Udc voterà la sfiducia al governo. Nessuna cambiale in bianco per Berlusconi: senza le dimissioni del premier non esiste, perciò, alcuna possibilità di un sostegno eccezionale dei centristi all’esecutivo o di un loro ingresso nell’attuale maggioranza.
Nelle file di Futuro e Libertà, a questo punto, la divisione tra falchi e colombe sembra lasciare il posto a quella tra pessimisti e ottimisti riguardo a quella che potrà essere la risposta del Cavaliere all’“ultima offerta”, prima dello scontro finale.
«Sarò l’“ultimo dei Mohicani” – confida Giuseppe Consolo a IlSussidiario.net -, ma credo che esista ancora la possibilità che Fini e Berlusconi riescano a mettere da parte le questioni personali e tornino a pensare esclusivamente all’interesse del Paese. L’unica strada possibile, comunque, è quella che Fini aveva tracciato già a Perugia: dimissioni del premier e “Berlusconi bis”. In questo caso gli amici dell’Udc sarebbero i benvenuti».
Flavia Perina, direttore de Il Secolo d’Italia, la pensa però diversamente: «Le dimissioni di Berlusconi aprirebbero sicuramente scenari di responsabilità diversi, ma su questo punto devo ammettere di non nutrire speranze. La maggioranza si rifiuta di attribuire dignità politica a questa crisi: il dato politico è macroscopico, i nodi irrisolti riemergono (da ultimo lo sfogo di Mara Carfagna sul nuovo “caso Cosentino”), eppure la questione viene continuamente ridotta a un problema numerico. Ma cosa potrà fare Silvio Berlusconi dal 15 dicembre in poi? Ammesso e non concesso che alla fine riesca a strappare la fiducia alla Camera per una manciata di voti, magari incassando quelli dei radicali o rastrellando da qualche altra parte…».
Silvano Moffa, dal canto suo, si dice favorevole a un “centrodestra allargato” «sulle orme del Partito Popolare Europeo, dove Pdl, Fli e Udc sono già uniti. Certo, serve un grande segnale di discontinuità, ma non vedo perché – aggiunge – non possa essere lo stesso Berlusconi a guidare la nuova maggioranza».
«La palla oggi è nel campo del Cavaliere – dichiara invece Adolfo Urso a IlSussidiario.net -, possiamo solo sperare che non la mandi sugli spalti. Ciò che sta accadendo nel resto d’Europa, d’altra parte, sconsiglia qualsiasi tentativo di giungere in maniera traumatica alle elezioni anticipate. Per questo motivo servirebbe una risposta all’altezza dell’appello di responsabilità che prima Fini, e poi Casini, hanno rivolto al Presidente del Consiglio. Spero che Berlusconi non si riduca al “pallottoliere”. La storia insegna che chi, come Prodi, ha provato questa strada ha commesso un grave errore».
Se è vero che in questa partita a scacchi tocca al Pdl fare la prossima mossa, anche ai futuristi spetta una scelta importantissima il giorno della fiducia. Il direttore de Il Secolo d’Italia non vuole anticipare la decisione che il gruppo prenderà a seguito di un dibattito interno, ma avverte: «Se il Pdl prosegue su questa strada si va incontro inevitabilmente alla sfiducia». Moffa si augura invece «che non si arrivi a un appuntamento di questo tipo e che non lo si faccia con un Parlamento condizionato dagli “ordini di scuderia”. C’è ancora lo spazio per recuperare la ragionevolezza necessaria. D’altra parte, gli errori sono stati commessi da entrambe le parti: da un lato c’è chi pensa di risolvere la situazione affidandosi al calcolo aritmetico, dall’altro c’è chi, ogni volta che si apre uno spiraglio per il dialogo alza l’asticella, rendendo impervio il confronto».
Principale indiziato Italo Bocchino, che ieri ha dato il via a una nuova polemica, dichiarando che «nome e il simbolo del Pdl sono in comproprietà con Fini» e che quindi «Berlusconi non potrà utilizzarli in campagna elettorale». «È un falso problema – ci dice Consolo -. Queste dichiarazioni non aiutano anche perché è risaputo che il Pdl stava già pensando di cambiare simbolo». «Bocchino, invece, introduce un problema politico più ampio – argomenta Flavia Perina -. La questione del simbolo dice che tutto ciò che era collegato al Pdl è franato dopo l’espulsione di Fini e la costituzione dei gruppi di Futuro e Libertà. O si affronta questo punto essenziale o da questa crisi non usciremo mai. Inizio però a pensare che Berlusconi preferisca continuare a non risolvere questi nodi e che, continuando a galleggiare, proverà a gestire il percorso di avvicinamento alle elezioni in primavera, sempre più inevitabili».
Sull’eventualità di un voto anticipato i finiani sembrano però concordare: Fli potrà anche passare tecnicamente per un “Terzo polo”, ma non sarà il “Polo di centro”. Nel nome di “un’altra politica possibile” e con l’obiettivo di un “nuovo centrodestra” la competizione avrà un solo avversario: il Pdl.
(Carlo Melato)