«Se Silvio Berlusconi facesse un passo indietro e lasciasse la politica risolverebbe un grave problema per il Paese». Rocco Buttiglione (Udc), intervistato da ilsussidiario.net, indica una via per uscire dalla paralisi di un governo assediato dagli scandali e indebolito dalla guerriglia interna.

«Sono favorevole all’ipotesi di un salvacondotto che metta fine alla guerra tra il Presidente del Consiglio e la magistratura. Sarebbe il giusto prezzo da pagare. D’altra parte, nelle vicende giudiziarie a carico del premier, anche se in parte potrebbero rivelarsi alcune sue colpe, è fuor di dubbio che ci sia stato un accanimento straordinario. Così come negli Usa c’è il cosiddetto perdono presidenziale per il predecessore, in Italia non ci sarebbe da scandalizzarsi per un’ipotesi di questo tipo. Noi dell’Udc, tra l’altro, avevamo già tentato di trovare una soluzione di questo genere, che non chiedeva nemmeno a Berlusconi di farsi da parte».



A cosa si riferisce?

Il Lodo Alfano è una nostra proposta, che si reggeva su questa idea: l’immunità per tutto il periodo dell’incarico in cambio della fine della guerra con i giudici. Non ci siamo riusciti perché sostanzialmente Berlusconi non ha accettato. Ha perso tempo e ha puntato su altre strade, chiaramente inaccettabili e incostituzionali. Da ultimo quella del “processo breve”, uno strumento che per ammazzare i suoi processi ne avrebbe sterminati un milione di altri. Qualche mese fa poi avevo anche suggerito una “crisi pilotata”, ma ora è tutto più difficile.



Come si poteva realizzare?

Avrebbe dovuto chiedere al Presidente della Repubblica un nuovo mandato in modo da poter gestire la transizione. A questo punto però non vedo altre strade: il Cavaliere dia le dimissioni e dall’istante successivo tutte le persone responsabili facciano un nuovo governo per il bene dell’Italia.

Con quali obiettivi? Solo quello di mettere mano alla legge elettorale?

No, ci sono altre urgenze, perché mentre il Paese non è governato sono aperte 200 crisi industriali e c’è un drammatico problema di competitività. Marchionne sarà stato anche offensivo dopo tutto quello che l’Italia ha fatto per la Fiat, ma ha detto una cosa vera: se non si vendono automobili non si pagano i salari. E la Fiat, solo per fare un esempio, ha registrato un calo di vendite del 40%. La disoccupazione, poi, è stata limitata per ora dalle molte aziende famigliari che hanno deciso di non licenziare, aspettando la ripresa. Se dovessero guardare soltanto ai conti però dovrebbero chiudere. In estrema sintesi: la casa sta bruciando.



Ma un governo tecnico non tradirebbe il volere degli elettori?

Chi ha vinto le elezioni ha diritto di governare fino a quando ne è capace. Se getta la spugna è legittimo cercare nuove soluzioni, che tra l’altro dovrebbero poter abbracciare la vecchia maggioranza o comunque sono impossibili senza almeno una parte di essa.

La Lega non sembra disponibile a questo progetto, anche se in molti la ritengono indispensabile…

Tutti siamo utili, nessuno è indispensabile…

Ma quali sono secondo lei le forze che dovranno far parte di questo governo di transizione?

Noi dell’Udc, insieme a ciò che è adesso il Pdl, i finiani, La Lega Nord e il Pd. Non escludo Di Pietro in linea di principio, anche se penso che sia molto difficile che partecipi a un governo di responsabilità nazionale.

Chi lo potrà guidare? Tremonti, Draghi, Alfano e Letta sono i nomi che si fanno in questi giorni.

Non bisogna partire dai nomi, ma dalle cose da fare. L’unica cosa che serve è un governo migliore di questo che sappia far fronte alla crisi. D’altra parte l’unica misura forte che ha preso il governo Berlusconi è stata quella di prolungare la cassa integrazione. Una mossa che non ha risolto nulla, ma che ha soltanto ritardato l’arrivo dell’ondata. Insomma, non è un governo balneare ciò di cui abbiamo bisogno, né un pasticcio utile solo per chi non ci vuole le elezioni. Chiamarlo tecnico è un controsenso, ciò che serve un governo politico di responsabilità nazionale.

Chi ha paura del voto?

Più di uno, ma non è il nostro caso. I sondaggi dicono che il 30% degli italiani è pronto a votare il Terzo Polo. Noi avremmo tutto da guadagnare, ma è il Paese che non se lo può permettere.

Non c’è più spazio per un’insperata tregua tra Berlusconi e Fini che eviti la crisi?

Questo è da escludere perché il nocciolo del problema è proprio il fallimento del Popolo della Libertà. Berlusconi e Fini sono entrambi responsabili ed è ridicolo che adesso litighino sui singoli punti programmatici. La vera questione è il programma non scritto.

Cosa intende dire?

È evidente che con il predellino il Cavaliere ha costruito una maggioranza in modo da avere le mani libere sulla giustizia e sulle televisioni, senza alleati come noi che potessero dire cosa si potesse fare e cosa no. Nel frattempo il mondo è cambiato e chi nel 2008 stava bene oggi ha delle preoccupazioni fino a poco tempo fa inimmaginabili. Per quanto possiamo ancora rimanere impiccati a un programma politico scaduto e a una formula politica che ormai si è disintegrata?

(Carlo Melato)

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