Per diverse settimane si è discusso di pallottolieri, “campagne acquisti”, mozioni e “gravidanze politiche”, ora, finalmente, il fatidico 14 dicembre è arrivato. Oggi, infatti, è il “B-day”, il giorno in cui, sia al Senato che alla Camera, si voterà la fiducia al governo Berlusconi.
La vigilia non è stata delle più tranquille, con gli interventi del premier nelle due camere, le trattative serrate nel campo dei finiani, le repliche e le polemiche.
Il Presidente del Consiglio, in ogni caso, ha scelto toni concilianti per rivolgere il suo appello ai deputati passati con Fini. Ha chiesto un ripensamento, facendo leva sulla “strada percorsa insieme, dal ’94 ad oggi”, aprendo poi all’ipotesi di un’alleanza più larga, che raccolga tutti i moderati. «A mio parere – dice Massimo Franco a IlSussidiario.net -, quello del Cavaliere è stato un discorso molto tattico. Si è rivolto infatti all’Udc e al Fli quando non vi erano più margini di trattativa. C’è però un dato politico interessante che emerge dalla giornata di ieri: per la prima volta dopo 16 anni si è rotto, in Parlamento, l’asse Berlusconi-Fini. Non era mai avvenuto prima d’ora. Anche lo scorso 29 settembre, infatti, i due leader erano riusciti in qualche modo a salvaguardare la loro unità».
È d’accordo con chi pensa che il Presidente della Camera sia stato troppo precipitoso nelle sue ultime mosse e che oggi sia in grave difficoltà, al di là di quello che sarà il verdetto numerico di questa mattina?
Non c’è dubbio. Deve affrontare alcuni seri problemi all’interno del proprio gruppo ed è quello che rischia più di tutti di trovarsi alla fine con il cerino in mano. Non solo, negli ultimi giorni l’ex leader di An non ha di certo fatto un bella figura come Presidente della Camera, adottando comportamenti istituzionalmente discutibili. Ha riunito la sua corrente nell’ufficio di presidenza e ha perorato la causa di una crisi extraparlamentare. Il fatto che il berlusconismo abbia in qualche modo legittimato gli errori altrui non mi sembra una valida attenuante.
Tornando alla fiducia, il tempo per le mediazioni, tattiche o sincere, è finito. Tra poche ore dalle camere dovrà uscire un verdetto. Che scenari si aprono, secondo lei, nel caso di una sconfitta o di una vittoria, seppur di misura, del governo?
Partirei dalle dichiarazioni di Bossi di ieri. Secondo il Senatur Berlusconi otterrà la fiducia sia alla Camera che al Senato, ma la strada maestra rimarrà, in ogni caso, quella delle elezioni anticipate. Ciò significa che, se anche il premier dovesse farcela, nell’ottica del leader della Lega Nord, si andrebbe comunque dritti al voto. Per questo i voti di oggi non andranno soltanto contati, ma anche pesati.
Cosa intende dire?
Che non basta sopravvivere a un appuntamento parlamentare. Se i voti di differenza saranno pochi, diverranno ancora più pesanti in termini di governabilità, preparando così il crollo imminente della legislatura.
Ci troviamo davanti, per essere chiari, a una resa dei conti, molto tattica, ma tutta interna al centrodestra, con la sinistra costretta a vivere di rimessa.
Se una fiducia risicata ci condurrebbe alle urne, la sfiducia segnerebbe invece la fine del berlusconismo?
Significherebbe certamente che Berlusconi non è più il padrone del centrodestra e aprirebbe scenari diversi, come, ad esempio, il mandato esplorativo da affidare al Presidente del Senato. Sarei però molto prudente prima di parlare di fine “del” berlusconismo tout court. Con la sfiducia probabilmente finirebbe “un” berlusconismo.
In che senso?
Si chiuderebbe il berlusconismo per come l’abbiamo conosciuto fino ad ora: quello dell’alleanza stretta con Fini.
Finirebbe in pratica il centrodestra nato nel ’94, ma ne potrebbe nascere un altro che comprenda ancora una volta Berlusconi?
Chi può negare che chiusa questa stagione non se ne possa aprire un’altra, magari all’insegna del “bossismo”? Il dato chiaro, al di là dei termini, è infatti che la Lega Nord è molto più forte del ’94 e anche questa è una campana che per Fini suona a morto.
Cosa intende dire?
Se il bilancio della sua “rivoluzione” è il rafforzamento di un partito che voleva ridimensionare e se il risultato dei suoi sforzi si limita all’indebolimento di Berlusconi a favore della Lega, direi che per l’ex leader di An il finale della storia è, come minimo, paradossale…
(Carlo Melato)