Un museo italiano, in proporzione al numero di visitatori, ha un costo superiore rispetto a Louvre, British Museum, Prado e Metropolitan museum of art di New York. E’ il museo Madre di Napoli, cui è stato dedicato uno studio della Seconda Università partenopea che sta facendo molto discutere.
L’ARTE DELLO SPRECO – Per ogni visitatore che entra nel museo Madre si calcola una spesa pubblica di 148 euro rispetto a una media di 30 euro nei più famosi musei internazionali. A calcolarlo sono stati i professori di Economia e gestione degli enti culturali della facoltà di Economia dell’ateneo campano, su commissione dell’assessorato alla Cultura della Regione. Scatenando una vera e propria battaglia tra il governatore Stefano Caldoro, secondo cui il Madre è «il peggior esempio di gestione di un museo di arte contemporanea», e il direttore Eduardo Cicelyn, che ha replicato sullo stesso tono polemico. Fatto sta che ai primi di dicembre la giunta ha varato la modifica dello statuto della fondazione Donnaregina, sancendo l’ingresso dei privati.
«NON SIAMO UN BANCOMAT» – Anche se il consiglio di amministrazione, guidato dall’ex assessore della giunta Bassolino, Oberdan Forlenza, potrà esercitare il diritto di veto. Nel 2009 il museo Madre ha comportato una spesa pubblica di 10 milioni di euro, mentre i visitatori sono stati in tutto 66mila. Circa 148 euro a visitatore rispetto a uscite decisamente più contenute per British Museum (15 euro a visitatore), Prado (17 euro), Louvre (30 euro) e Metropolitan museum of art di New York (16 euro). Dopo la ricerca, che ora è al vaglio del governatore Caldoro, l’assessore regionale alla Cultura, Caterina Miraglia, ha avviato l’operazione austerity nei confronti del Madre, sentenziando: «La Regione non è un bancomat».
AUSTERITY IN ARRIVO – Una dichiarazione che, come riferisce l’edizione napoletana de La Repubblica, ha mandato su tutte le furie Antonio Marciano, coordinatore della segreteria regionale del Pd e consigliere regionale nonché uomo di fiducia di Bassolino: «Con un colpo di mano la giunta Caldoro intende cancellare esperienze importanti nel campo della cultura come il museo Madre e il “Napoli teatro festival”. La politica dell’austerity colpisce anche l’organizzazione degli eventi del Natale. Si afferma che il Madre deve concorrere sul mercato ricercando sponsor privati, ma non si dice che nello statuto era già prevista questa possibilità. Si critica la gestione del “Napoli teatro festival” ma si tace sugli innumerevoli attestati di stima nazionale e internazionale. Si liquidano come chiassose feste di piazza gli spettacoli natalizi e del Capodanno mentre negli uffici di diretta collaborazione del presidente della giunta si continuano a stipulare contratti di dirigenti esterni. Ma non dovevamo rispettare il patto di stabilità?».
POLITICA CONTRO CULTURA – Chi si contrappone alla giunta Caldoro è arrivato a formare un comitato “Save Madre”. «Non si può distruggere un museo per motivi politici. Il presidente Caldoro può eliminare consulenze e prebende invece di colpire la cultura e l’arte campana» attaccano l’ex assessore provinciale dei Verdi, Francesco Borrelli, e i consiglieri del Pd di Comune e Provincia, Emilio Di Marzio e Livio Falcone. I quali affermano: «Ovviamente condividiamo la politica di austerity in un momento come questo, ma non potremo accettare che il Madre sia sacrificato sull’altare dei regolamenti di conti politici tra vecchia e nuova gestione della Regione. Ben vengano i privati, ben venga la razionalizzazione delle spese, ma guai a chiudere i luoghi della cultura e dell’arte».
«PEGGIORE AL MONDO» – Il governatore Stefano Caldoro però non le manda a dire, ribattendo piccato: «Non c’è museo di arte contemporanea al mondo gestito come il Madre. È il peggior esempio, di gran lunga il più costoso». Aggiungendo, come se non bastasse: «Peggior esempio al mondo», con introiti pari al due per cento dell’investimento. «Da quelle parti credono che la Regione sia un bancomat». La delibera dell’assessore alla Cultura, Caterina Miraglia, è quindi votata e approvata in giunta. Una delibera che avvia la modifica dello Statuto e apre la Fondazione Donnaregina ai capitali privati con ingresso nel consiglio di amministrazione.
MUSEO DI REGIME – «La Regione non è un bancomat – ripete Caldoro -. Hanno gestito la Regione come se fosse un grande Comune, un modello insostenibile per le iniziative culturali. La loro logica era di concedere a uno soltanto. Non è stato coinvolto nessuno, ma individuati dei player senza discutere di teatri, musei, cinema. E invece l’arte contemporanea è una cosa seria, complessa, che coinvolge circuiti che non sono stati presi in considerazione. Qui si è voluto creare, in una logica un po’ sovietica, un museo di Stato, di regime». Il museo Madre quindi, per il governatore, «deve rientrare in quella che è la dimensione di tutti gli altri musei di arte contemporanea nel mondo. Occorre realizzare un impianto che preveda una giusta concorrenza e valutazione dei vari sistemi e che, attraverso la programmazione, interviene in questi campi e tutti ne sono beneficiari». A breve presenteremo un nuovo piano che cambierà tutta la programmazione culturale. Siamo in un momento di difficoltà oggettiva e a fine anno sarebbe bene non esagerare. Investire di più, ad esempio, su San Gregorio Armeno. Ma non so se è proprio necessario fare le chiassose megafeste. Chiaramente, non si vieta nulla, la competenza è esclusiva dei Comuni, ma noi non investiremo in quella direzione. Per Napoli meglio la sobrietà».
(Pietro Vernizzi)