«Silvio Berlusconi torna a condurre il gioco, Gianfranco Fini è costretto al radicale ripensamento del suo progetto politico, ogni trattativa tra i due, anche se di facciata, perde di senso, mentre l’onere di destabilizzare il governo ritorna all’opposizione». Questo il bilancio del tanto atteso “giorno della verità”, che Stefano Folli sintetizza così a IlSussidiario.net.
Una lunga giornata quella di ieri, che già nel corso del mattino ha visto il governo Berlusconi ottenere, com’era prevedibile, la fiducia al Senato. In un clima di grande tensione si è poi svolto l’apertissimo testa a testa alla Camera che alla fine ha sorriso al premier (314 voti contro 311). A meno di un’ora dal verdetto di Montecitorio l’amara nota di Fini: «La vittoria numerica di Berlusconi è evidente quanto la nostra sconfitta, resa ancor più dolorosa dalla disinteressata folgorazione sulla via di Damasco di tre esponenti di Futuro e Libertà. Che Berlusconi non possa dire di aver vinto anche in termini politici sarà chiaro in poche settimane».
Il Cavaliere, dal canto suo, prima di concedersi ai giornalisti, sale al Quirinale, mentre le manifestazioni contro il governo degenerano e la Capitale viene messa a ferro e fuoco. Al suo ritorno però la discussione è radicalmente cambiata. Non si parla più, infatti, di “compravendita” di voti, di falchi e colombe, ma di allargamento della maggioranza. Una domanda si fa perciò sempre più insistente: l’ingresso dell’Udc nel governo è davvero possibile? Ne abbiamo discusso con Stefano Folli.
L’esito del cosiddetto “B-Day” apre una nuova fase per il centrodestra e per il Paese?
Se si osservano i numeri è indubbio che l’allargamento della coalizione che sostiene il governo è l’unica ipotesi alternativa al voto anticipato. Un progetto tutt’altro che semplice e indolore perché se è vero che a livello teorico lo spazio per una trattativa con i centristi esiste è anche vero che l’equilibrio dentro il quale sarà possibile muoversi rimane precario.
Si riferisce alla resistenze della Lega, prevedibili anche se esponenti autorevoli del Carroccio fanno sapere che non ci sono più veti di sorta?
Questa è la criticità più evidente, gli stessi centristi però non sembrano affatto disponibili a un “rimpastino”. L’apertura del premier alla riforma della legge elettorale può essere il primo passo di un negoziato da condurre, questa volta, con grandissima serietà. Parallelamente Berlusconi, che sembra aver chiuso definitivamente (dopo l’intervento alla Camera di Bocchino) le relazioni diplomatiche con Futuro e Libertà, farà di tutto per riaccogliere i futuristi pentiti. Un’operazione che non risolve di certo il problema di fondo e che può far recuperare al massimo 7 o 8 voti al Pdl.
Al primo passo falso ci si ritroverebbe direttamente a elezioni anticipate?
Date queste premesse e stabilito che, se si vuole un allargamento serio non si può che rivolgersi all’Udc, le urne rimangono in ogni caso lo sbocco più probabile. Devo però aggiungere che ieri il premier ha mandato dei segnali tutt’altro che scontati ai centristi, arrivando addirittura a non escludere pubblicamente l’ipotesi di una crisi pilotata che passi attraverso le sue dimissioni. Il Cavaliere sembra davvero disponibile a provarle tutte per raggiungere l’obiettivo. In questo non è difficile immaginare che gli inviti di Napolitano abbiano avuto il loro peso. Il tempo ci dirà se questa ipotesi avrà fortuna…
Secondo lei Berlusconi cercherà però di ottenere parallelamente le dimissioni di Fini dalla Presidenza della Camera?
Il fatto che ieri il premier abbia scelto di non rispondere alle domande sul Presidente della Camera è un segnale che fa ben sperare che lo scontro istituzionale si plachi, come il Colle da tempo richiede. Non penso, tra l’altro, che sia il momento di infierire. È vero che c’è una bella differenza tra un Berlusconi dimissionario e un Berlusconi che ottiene la fiducia, seppur risicata. D’altro canto però non bisogna dimenticarsi che il governo ieri ha vinto la prova parlamentare mostrando però tutta la propria evidente debolezza strutturale.
Da ultimo, una riflessione sugli scontri che ieri hanno sconvolto Roma.
In parte c’è un malessere oggettivo che percorre il Paese è che può sfociare in queste forme, nella sostanza però si tratta di scontri gravissimi ed evidentemente pre-organizzati.
Devo dire che la sinistra politica sbaglia enormemente nel non mostrarsi ferma contro questa degenerazione. La sua analisi è debole, si limita a mettere in luce gli aspetti di malessere sociale, che ci sono, ma che non costituiscono il cuore della questione. Giustificare una piazza che reagisce in questo modo a un responso del Parlamento è poi, paradossalmente, il regalo più grande che si possa fare a Berlusconi. L’opinione pubblica dei moderati, giustamente spaventata, non può accettare queste complicità.
(Carlo Melato)