All’indomani del “giorno della verità”, in cui il governo Berlusconi ha ottenuto la fiducia delle camere, nel campo delle opposizioni si riflette sulle motivazioni della sconfitta. Se a destra lo stesso Alessandro Campi invita Gianfranco Fini a una fredda analisi dei propri errori, a sinistra, il direttore de Il Riformista Antonio Polito, indica la “causa prima” di quanto è avvenuto: «la somma di coloro che volevano far fuori Berlusconi non è mai stata capace di indicare, nemmeno a grandi linee, con che cosa voleva sostituirlo».



Il Presidente della Camera non sembra però intenzionato a perdere altro tempo e ieri ha presentato, assieme a Casini e Rutelli, il “coordinamento unitario” del Terzo Polo (con il nome di “Polo della Nazione”). Nel Pd, invece, fa ancora discutere l’autocandidatura di Nichi Vendola alle primarie, rilanciata nuovamente dal governatore pugliese nel bel mezzo del fatidico “B-Day” («un atto irrispettoso nei confronti del Presidente della Repubblica – lo ha definito Enrico Letta -. Un atteggiamento assolutamente autistico, di chi non guarda a quel che gli sta succedendo intorno»).  



«Non darei molto peso ai segnali di nervosismo dei dirigenti Pd che, dopo essere stati subalterni a Fini per tutti questi mesi, ora sono costretti a registrare una sconfitta – dice il direttore de Gli Altri, Piero Sansonetti, a IlSussidiario.net -.  Resta infatti curioso che a guidare la “grande spallata” a Berlusconi non fosse la sua opposizione naturale, ma una parte della sua stessa maggioranza. Il dato da cui partire è comunque quello sottolineato da Polito: anche se la vittoria di Berlusconi è stata rocambolesca, non esiste ancora un’alternativa credibile. Se il Partito Democratico vuole accontentarsi del fatto che quella del premier è una “vittoria di Pirro” (comunque preferibile a una “sconfitta di Pirro”) secondo me fa un grave errore…».



Come si costruisce secondo lei l’alternativa? D’Alema dice che chi mette in discussione il progetto democratico di un governo di responsabilità istituzionale da costruire con il Terzo Polo è un “mentecatto”…

Guardi, la strada a mio parere è una: rifare da capo il Pd, come aveva giustamente proposto Nicola Latorre. Prima di approfondire però è il caso di sottolineare un altro dato politico che esce dalle camere: la sconfitta del Terzo Polo, che allontana, almeno per ora, il rischio del “gattopardo”…

Cosa intende?

Il rischio che il berlusconismo fosse, in pratica,  sostituito dal “marchionismo”. Sarebbe stata una rivoluzione senz’anima, un ammutinamento senza valori, seppur con il sostegno del vasto fronte anti-berlusconiano. Un annientamento di Berlusconi che avrebbe messo in sella un altro pezzo della borghesia italiana, ma che avrebbe confermato in pieno il suo sistema di idee e di governo. Anzi, si sarebbe addirittura dovuto registrare una “svolta a destra” per quanto riguarda la politica sociale. Il berlusconismo, infatti, in questi anni ha assunto in parte il compito di surrogare la Democrazia Cristiana, svolgendo comunque una funzione di mediazione. Con i “gattopardi” si rischiava un liberismo ancor meno temperato…

Ma se da un lato il Terzo Polo è stato sconfitto prima di nascere, dall’altro come si costruisce da “capo” il Partito Democratico?

Non credo che oggi sia possibile rifare l’errore di qualche anno fa immaginando due sinistre: una radicale e una moderata. C’è bisogno di una sola sinistra che abbia in sé richieste radicali, ma la moderazione necessaria per proporsi come forza di governo. Per fare questo il Pd deve allargarsi a Vendola e ad altre forze, costruendo un programma che riesca finalmente a tenere insieme gli aspetti radicali e moderati della sinistra. Se riesce in questo il Pd è credibile altrimenti rimane ciò che è: Bersani che abbaia alla Luna…

E quali sarebbero gli alleati naturali di questo nuovo partito della sinistra?

Questo è l’ultimo dei problemi. La politica delle alleanze in un sistema bipolare costringe a essere molto spregiudicati. Per poterlo essere serve però una struttura stabile. Prima bisogna rifondare il partito e diventare un punto di riferimento importante per una parte della società, poi si può decidere se allearsi con Fini con Casini, o con qualcun altro.

Da tempo lei critica la deriva giustizialista della sinistra, il tatticismo con cui cavalca battaglie che “di sinistra” non sono e la continua oscillazione tra moralismo e antimoralismo, la cosiddetta “doppia morale” di togliattiana memoria. Per tornare a essere credibile la sinistra ha bisogno di una riscossa anche di tipo culturale?

Assolutamente sì. La sinistra ha abbracciato il giustizialismo come strada maestra e lo ha fatto per motivi tattici, per ottenere vantaggi elettorali. In questo modo però ha annientato la sua struttura fondamentale che non può che essere garantista e liberale. È impensabile, infatti, una sinistra che non costruisca se stessa su grandi idee liberali. Per farlo deve tornare a pensare ai prossimi vent’anni e non solo ai prossimi dieci minuti. Deve rinunciare a cavalcare Wikileaks, Ciancimino jr. e Spatuzza, come fanno Repubblica o Travaglio. In pratica deve scordarsi il Watergate…

Cosa c’entra il Watergate?

È il simbolo di un fatto che viene ricordato come una grande vittoria della sinistra, ma che in realtà fu una tragedia per questa parte politica. Il potere di Nixon, infatti, nel ’74 non venne rovesciato dalla sinistra, ma dai servizi segreti. Un episodio che però la sinistra americana ha pagato con vent’anni di reaganismo. Il Watergate rappresenta la madre di tutti gli errori della sinistra (e del giornalismo).
In Italia la sinistra rischia di ripetere lo stesso sbaglio, ma dovrebbe tenere a mente che è molto difficile che i servizi segreti la facciano vincere. Non è proprio nella loro vocazione…

Da ultimo, qual è il suo giudizio sui gravi scontri che si sono registrati a Roma mentre si votava la fiducia?

Molti anni fa ho fatto una scelta che ritengo decisiva non solo per la sinistra, ma per la modernità e per la civiltà: la non violenza. Per questo ovviamente condanno gli scontri.
Detto questo, senza giustificazioni, c’è molto da riflettere: ci troviamo di fronte a una generazione che appare senza futuro, non dico che non lo abbia, ma appare così e vive se stessa in questo modo. Davanti a questo pericolo abbiamo una responsabilità che non si può esaurire nell’indignazione o nell’invio di un poliziotto in più.

Eviterei poi di osservare quello che è successo con gli schemi già pronti e con il provincialismo di chi crede che queste cose riguardino solo noi. Pensiamo alla Grecia, o alla civilissima Gran Bretagna dove hanno assaltato la macchina del figlio della Regina. È in corso una rivolta generazionale che riguarda tutta l’Europa. Sono giovani che non vedono nella politica la possibilità di essere rappresentati. Anche per rispondere a queste sfide spero che nasca una sinistra capace di pensare al dopodomani e di immaginare quello che sarà il Paese tra vent’anni, anche se per ora non la vedo all’orizzonte…

(Carlo Melato)