Caro direttore,

Abbiamo atteso con ansia e con speranza il voto di ieri, qualunque fossero le posizioni di partenza. Sembrava che tutto dovesse cambiare e che come un evento magico sarebbe cominciata una nuova era politica… Ma dopo l’eccitazione di martedì, che ha conferito alla seduta un’atmosfera surreale e ha assunto toni drammatici nelle strade di Roma , oggi è giorno di primi bilanci e i commenti che si incrociano per i corridoi di Montecitorio, in aula, alla bouvette hanno un tono più disincantato.



Ci si chiede tutti cosa sia realmente accaduto, che senso abbia oggi la fiducia ottenuta di stretta misura, e in che modo tutto ciò possa influenzare il futuro del governo e dei lavori parlamentari.

Ma soprattutto cosa cambierà per le famiglie italiane in difficoltà, per i giovani senza lavoro, per il rallentamento vistoso delle nostre imprese, per i crescenti livelli di povertà e per la mancata innovazione tecnologica e organizzativa.



La domanda che tutti si pongono è che rapporto ci sia tra la fiducia chiesta dal Premier poco più di un mese fa e ottenuta con ampia maggioranza: un centinaio di voti, e la fiducia ottenuta ieri, oggettivamente risicata, dal momento che alla Camera è passata per soli tre voti. Tra le due fiducie sembra che ci sia stata una svolta drammatica, che pur confermando la maggioranza, l’ha lasciata gravemente ferita, con il forte dubbio che possa sopravvivere alle naturali schermaglie dei lavori parlamentari. Non si può immaginare il futuro, né a breve né a medio termine, se non si capisce il presente.



Il fatto più clamoroso è stato il passaggio di Futuro e Libertà all’opposizione, sottraendo in questo modo voti preziosi alla maggioranza, che invece è stata sostenuta da un gruppetto di transfughi: due parlamentari di Italia dei Valori, due membri del gruppo misto e tre parlamentari di Futuro e Libertà, che si sono dissociati dalla nuova formazione politica. Sono volate parole grosse, si è parlato di tradimento, di corruzione e di compravendita di parlamentari, di rimpasti nel governo col solo scopo di soddisfare ambizioni forse comprensibili, ma non sempre nobili e condivisibili. Il tempo dirà se davvero c’è stata trattativa e di cosa si è veramente trattato.

 

La riflessione più interessante però riguarda i margini che può avere una scelta fatta in coscienza e che in un certo senso tocca soprattutto i dissidenti all’interno di Futuro e Libertà: votati nella maggioranza, convinti sostenitori della stabilità del governo e dell’inopportunità di aprire una crisi, hanno scelto di restare fedeli alla loro collocazione originaria. Ma il gruppo –il loro gruppo- non ha gradito e Catia Polidori e Maria Grazia Siliquini sono state coperte di insulti e di improperi.

 

Tanto meno è stato capito il voto a favore del governo di Antonio Razzi e di Domenico Scilipoti, membri dell’Italia dei Valori e da sempre incardinati nelle file dell’opposizione. La Polidori e la Siliquini un mese fa avevano votato a favore della fiducia al governo, che hanno confermato in questa occasione. Razzi e Scilipoti invece hanno cambiato idea, prendendo chiaramente le distanze dal loro partito di cui Scilipoti ha fatto una critica ampia ed articolata.

 

Catia Polidori e Maria Grazia Siliquini in queste ultime settimane avevano fatto insieme a Moffa, che non ha partecipato alle votazioni, una intensa attività di mediazione per ricomporre le tensioni tra Fini e Berlusconi.

 

Soprannominate “le colombe”, insieme ad un piccolo gruppo di colleghi, non avevano mai nascosto le loro intenzioni, si erano prodigati fino alla fine nella direzione dell’unità e della coerenza con la posizione iniziale del gruppo. Ma davanti al pur legittimo prevalere di una posizione diversa dalla loro, hanno scelto di agire in coscienza e di confermare la fiducia al governo. Tre persone, Polidori, Siliquini e Moffa, che hanno scelto in modo diverso da quanto io ho fatto, ma di cui difendo con convinzione il diritto ad agire in coscienza. Anche questa è la democrazia, la libertà di opinione, la responsabilità nell’assumere le conseguenze delle proprie posizioni. Queste tre persone hanno “salvato” il governo e questo viene loro imputato contestualmente a colpa o a merito. L’attuale governo si regge su questa scelta di coscienza, discutibile –forse- ma concreta e reale. Certamente fragile.

 

Ma se invece dovesse prevalere una interpretazione diversa di queste scelte e delle motivazioni che l’hanno determinata; se non fosse stata l’opzione per la propria coscienza a guidare le loro scelte, allora la maggioranza sarebbe di fatto inesistente, puramente virtuale, perché legata ad una ipocrisia che non potrebbe certamente durare. La differenza non è di poco conto.

 

In questo clima si presentano due sole alternative: allargamento della maggioranza oppure ritorno alle urne. Per allargare la maggioranza ci sono tre ipotesi:

 

Immaginare che ci siano alcuni parlamentari attualmente all’opposizione che individualmente passano con la maggioranza, con il Popolo della Libertà o con la Lega, con diverse motivazioni, che vanno dalla scelta di valore alla scelta opportunistica, tra questi ci potrebbero anche essere alcuni parlamentari di Futuro e Libertà che ritornano sulle loro scelte; sono cambiamenti sempre possibili che valgono quanto valgono le motivazioni che li determinano;

 

Immaginare che un altro partito, per esempio l’Unione di Centro decida di passare dall’opposizione ad un appoggio esterno al governo o addirittura di partecipare al governo stesso. Una scelta difficile da immaginare proprio per il capovolgimento di prospettiva che susciterebbe perplessità negli elettori che hanno voluto l’UDC in posizione alternativa rispetto al PdL. A meno che non si tratti di un governo di ben altra ispirazione, per esempio un governo di interesse nazionale impegnato a concludere la legislatura su di un programma concreto e ben definito nei suoi obiettivi e nelle sue strategie. Un programma che dovrebbe includere una nuova legge elettorale, un alleggerimento significativo della pressione fiscale che si scarica sulle famiglie, una intensa ed efficace presa in carico dei giovani e della loro esigenza di inserirsi adeguatamente nel mondo del lavoro. Ma di questo per ora non si vedono le condizioni reali…

 

Immaginare invece che dall’opposizione e in particolare dall’UdC si possano fare scelte che –coerentemente con quanto detto al punto precedente- mettano in primo piano gli interessi delle famiglie, dei giovani, il contrasto alla povertà, la stabilità sociale e quindi ci sia la piena disponibilità a sostenere tutte le singole scelte del governo che vanno in questa direzione. Un sostegno che può nascere da valori condivisi, da strategie concordate e da una unica vera motivazione politica: muoversi per risolvere problemi concreti, al servizio del Paese, superando quell’improvvida contrapposizione bipolare che in questi anni ha esposto l’Italia ad una dialettica conflittiva permanente.

 

In questo senso si colloca l’attuale organizzazione del nuovo polo, che proprio ieri ha dato vita ad un coordinamento parlamentare, che non può assolutamente essere assimilato alla nascita di un nuovo partito, ma all’agire coordinato di tre forze politiche, che vanno dall’Unione di Centro, forte della sua antica e consolidata tradizione politica, all’Alleanza per l’Italia, che festeggia in questi giorni il suo primo anno di vita, e includono il più recente partito di Futuro e Libertà.

 

E’ un coordinamento politico che fa salve le rispettive identità politiche, ciascuna delle quali rimanda ai propri elettori reali e potenziali, al proprio statuto, e alla propria Carta dei valori. Ma è nello stesso tempo una modalità concreta con cui ben 100 parlamentari si impegnano a cercare modalità concrete di collaborazione per sostenere di volta in volta quei disegni di legge che più e meglio rispondono agli obiettivi sopra accennati.

 

In altri termini il sostegno al governo è legato al governo stesso, alle sue scelte e alle sue proposte, a cui il nuovo polo offre la garanzia potenziale di 100 parlamentari tutte le volte che verrà confermato un programma condiviso o almeno condivisibile. Può essere una soluzione che contribuisce ad abbassare i toni esasperati di questi giorni, che riduce la conflittualità d’aula e di piazza, rilanciando uno stile di vita democratica che riconcili i cittadini con le istituzioni parlamentari e con gli stessi partiti.

 

E’ un modo per tornare a guardare alla politica come il luogo in cui si elaborano decisioni condivise tra maggioranza e opposizione, proprio perché nel confronto si trovano mediazioni di alto profilo grazie anche allo specifico contributo del nuovo Polo. Nasce una nuova modalità di far politica che simbolicamente guarda alla trigonometria come una nuova modalità di costruire figure geometriche semplici, ma di grande tenuta, come accade per quelle costruzioni modulari fatte di triangoli che si supportano reciprocamente. Sapere trigonometria è la nuova sfida culturale del nostro attuale quadro politico, proprio per evitare quella esasperata vis polemica, che si riduce nel reciproco impedimento di passare dall’ideazione alla realizzazione.

 

Veniamo da quattordici anni di sterile improduttività, per di più caratterizzata da una alternanza che ha spesso vanificato ciò che faticosamente si era costruito con il governo precedente, destra o sinistra che fosse. La prospettiva di un nuovo polo ha il pregio di poter dire basta a questa dialettica disgregativa per raccogliere di volta in volta le forse e le energie necessarie a costruire soluzioni condivise dialogando con gli uni e con gli altri, o per lo meno con gli uni o con gli altri. Si tratta di cambiare lo scenario politico italiano così come appare al momento attuale per assumere un punto di vista più alto e più ampio, qualcosa che riecheggi almeno in parte la prospettiva del PPE. Una formazione politica di ispirazione cristiana ma laica nei modi e nelle strategie, forte nei criteri e nei valori su cui si fonda ma dialogante nelle relazioni e nelle alleanze possibili.

 

Non è detto che la sfida riesca… questi anni ci hanno consegnato una infinita serie di fallimenti piccoli e grandi, di strutture politiche suggestive ma sterili alla prova dei fatti, ricche di immaginazione ma povere di realizzazione. Ma soprattutto ci hanno lasciato strutture che dopo aver faticosamente visto la luce sono implose davanti a tensioni interne legate all’ansia di affermazione di alcuni a scapito di altri, dalla mancanza di democrazia interna, ma soprattutto dal tradimento tutto al loro interno dei loro stessi valori fondativi. Il nuovo polo ha una lunga galleria di errori da contemplare e da cui imparare: la sua gestazione è appena iniziata e l’aspettativa è che superi indenne la sua adolescenza, senza soccombere davanti a tentazioni di tanti tipi.

 

Le aspettative sono molte e forse sono diverse, l’importante è che la diversità resti segno di rispetto e di arricchimento reciproco, e non rozza dissoluzione dell’identità dell’altro. Ma questa è una storia che abbiamo appena iniziato a scrivere nel segno della pace e della collaborazione, speriamo di essere all’altezza della situazione: il temo dirà se siamo stati migliori di chi ci ha preceduto, se siamo stati uguali a loro e quindi destinati all’insignificanza o se siamo stati addirittura peggiori, deludendo le attese e le speranze di tanta gente per bene, gente normale che aspira ad un futuro migliore per sé e per i propri figli. Niente di più e niente di meno…