Se per il ministro Gelmini l’approvazione della riforma universitaria alla Camera, nonostante le tensioni di questi giorni, è stata la «migliore delle cose fatte in questa legislatura», in molti iniziano a temere (o a sperare) che possa essere l’ultimo atto del governo Berlusconi. Il 14 dicembre è ormai vicino e il Parlamento potrebbe addirittura chiudere fra pochi giorni, facendo slittare la mozione di sfiducia nei confronti del ministro Bondi e rimandando ogni discorso all’attesissimo “giorno della verità”.
«Non so se questa sarà l’ultima riforma di questo governo – dice Piero Ostellino a IlSussidiario.net -, ma è sicuramente una buona riforma. Come tutti i tentativi di cambiamento è perfettibile, non riesce ancora infatti a disegnare un’università all’altezza dei grandi paesi del mondo, ma introduce dei criteri di merito. Riduce poi il potere dei “baroni”, cercando di impedire che gli atenei si trasformino in un grande ammortizzatore sociale dedito soltanto all’occupazione dei docenti. Chi è sceso in strada o è salito sui tetti di certo non ha fatto niente per migliorarla, mentre l’opposizione che ha saputo soltanto urlare in difesa del futuro dei giovani, senza spiegare perché fosse in pericolo e senza avanzare proposte credibili, ha dimostrato di non essere all’altezza del proprio dovere».
Il governo è stato però criticato per aver identificato chi protestava nel “partito dei baroni”…
Guardi, gli scontri di piazza non migliorano le leggi, ma spaccano la società radicalizzando le contrapposizioni. Se invece vogliamo dare un senso diverso agli assalti a cui abbiamo assistito significa che siamo ancora fermi al ’68 e che quindi abbiamo subito una regressione culturale e psicologica di oltre quarant’anni.
Aspettando il 14 dicembre ogni giorno sui giornali si cerca di prevedere quale sarà il verdetto dell’Aula. Al di là di quello che si può ipotizzare oggi, secondo lei cosa si meriterebbe il Paese?
Un Presidente del Consiglio che, invece di perdere tempo nel definire “traditori”quei parlamentari eletti nel Pdl che intendono schierarsi con un nuovo governo, facesse un appello all’opposizione affinché tutte le forze politiche prendano atto della discrasia profonda esistente tra sistema politico e sistema istituzionale.
Che tipo di appello e con quale progetto?
Un invito a collaborare affinché si trovi una soluzione istituzionale che stabilizzi la governabilità, a vantaggio di tutti. Oggi esiste una frattura tra un sistema politico ormai diventato maggioritario e plebiscitario e un sistema istituzionale che tende a formare i governi all’interno del Parlamento e non attraverso le elezioni.
Il Paese ha bisogno di una fase nuova, di un governo stabile che non sia ostaggio, per intenderci, dei Bertinotti, dei Mastella o dei Fini… Purtroppo vedo che si continua a insistere con la “demagogia del tradimento”, che, tra l’altro, non è nemmeno una categoria politica. Inizio, in realtà, a dubitare che Berlusconi abbia la forza e la cultura politica per fare questa mossa, ma rischiamo davvero di perdere l’ultimo treno…
In molti, escluso il premier, sembrano invece sperare in un governo di transizione in cui possano collaborare alcune figure autorevoli. I nomi sono ormai noti: Draghi, Padoa-Schioppa, Mario Monti, Montezemolo e molti altri… Un governo di questo tipo è una soluzione alla “crisi di sistema” di cui stiamo parlando?
Assolutamente no, un’ipotesi come questa avrebbe un solo scopo: rappresentare tutte le corporazioni che dividono questo Paese e distribuire risorse a destra e a manca. Il fatto è che i governi di unità nazionale non hanno alcun senso in democrazia. Le “ammucchiate”, infatti, nascono nella convinzione che tutto deve essere condiviso, che ogni riforma e ogni decisione debba avere il consenso di tutti. È una menzogna: in democrazia c’è chi è contento e chi è scontento. Chi non è soddisfatto dal governo, al prossimo turno vota per l’alternativa. Questa è democrazia, tutto il resto è “papocchio”.
Se non ci fosse questo nuovo “patto” per cambiare il sistema, a suo modo di vedere la strada del voto potrebbe rappresentare il minore dei mali, magari con alcuni correttivi alla legge elettorale?
Guardi, sia che Berlusconi ottenga la fiducia, sia che non la ottenga l’instabilità governativa di cui stiamo parlando rimane. In una situazione come questa potrebbe prendere il via da un momento all’altro una speculazione internazionale sul nostro debito. Per questo dico che se la classe politica non capisce cosa c’è in gioco il Paese rischia di andare alla rovina. Date queste premesse, è evidente che nemmeno il ricorso al voto, che certo restituirebbe la sovranità al popolo, potrebbe risolverebbe il problema. Ciò che serve è un’iniziativa da vero statista, come De Gaulle ai tempi della Quinta Repubblica francese…
Ci spieghi meglio.
La Francia versava più o meno nelle nostre condizioni quando scoppiò la crisi algerina e il generale riuscì a rinnovare la Costituzione rimpiazzando un sistema politico ormai debole e inadeguato. Se si osservano le ribellioni per l’immondizia al Sud e i segnali di insofferenza di un Nord che non accetta più di dover donare per puro assistenzialismo 50 miliardi di euro all’anno, penso che non siamo poi così lontani da una situazione simile. Anzi, mi auguro che questa sia la “nostra” Algeria, aspettando la mossa di De Gaulle…
(Carlo Melato)