Il Consiglio dei Ministri di mercoledì 22 dicembre ha deciso il reintegro dei fondi necessari a coprire il “5×1000” per il 2011.
La nostra soddisfazione non è “appena” per il fatto che vi sono le risorse sufficienti a coprirlo, ma soprattutto perché non è stato intaccato forse l’esempio più concreto dell’applicazione del principio di sussidiarietà.
Non ci hanno stupito le reazioni del terzo settore, dei media e delle tante persone che quotidianamente incontriamo. Il “cinque per mille” ha solo quattro anni, ma è già adulto e vale ora la pena ricordare a noi stessi e ai lettori de IlSussidiario.net il perché.
Non è fuori luogo affermare che si tratta di una applicazione corretta del principio di sussidiarietà (orizzontale!) perché troviamo nell’istituto tutti gli ingredienti necessari: il ruolo dello stato regolatore e non gestore; la libertà di scelta, la responsabilità degli enti, il sostegno non clientelare ma dettato da un giudizio di qualità, la capillarità e il legame con il territorio.
Andiamo con ordine.
Il ruolo dello stato: per decenni il sostegno al terzo settore, al volontariato in genere è stato “gestito” dallo stato, anche nelle sue declinazioni territoriali, o come tentativo disperato di esternalizzare servizi pubblici con risparmio per la PA o come una matematica divisione dei fondi a disposizione tra gli enti presenti sul territorio. Raramente (non vuol dire mai, ma poche volte) chi governa arriva a valutare la qualità dell’operato di alcune realtà sul territorio.
L’istituto del “5×1000” rende implicito il riconoscimento di un valore pubblico dell’iniziativa del privato e sulla base di questo riconoscimento non si ha paura a fare un passo indietro, lasciando che sia direttamente il cittadino a scegliere (libertà di scelta) chi sostenere. Lo Stato non rinuncia però alla funzione che gli compete: detta le regole e svolge controlli.
Responsabilità degli enti: i soggetti beneficiari diventano responsabili (dal latino respondeo, rispondo) e cioè rendono conto a chi li ha sostenuti. Non a caso siamo persuasi del fatto che il primo controllo sull’utilizzo dei fondi venga fatto direttamente da chi ha “preferito” quell’ente. Nel corso dell’anno può facilmente constatare come sono stati utilizzati quei finanziamenti, molto meglio di come potrebbe fare la “macchina statale”.
Capillarità e legame con il territorio. Anche in questo caso vogliamo fare chiarezza: non è vero, dati alla mano, che il “5×1000” sia destinato ai grandi, a quelli che hanno risorse sufficienti per fare pubblicità. Il 5×1000 si è infatti dimostrato capace di sostenere (perché “filtrato” dal giudizio del cittadino che ha rapporto diretto con l’ente) le piccole, spesso piccolissime associazioni sul territorio.
Missione compiuta? Siamo a buon punto, ma non ancora. Anzitutto occorre dare stabilità al “5×1000”, sia per metterlo al riparo da futuri attacchi politici o “tecnici”, sia (e questo è ancor più importante) per dare elementi certi a chi grazie al “5×1000” è in grado di realizzare un progetto in più o in alcuni casi addirittura decidere se continuare o interrompere l’attività.
Certo, non mancano elementi da correggere, ma a “soli quattro anni” l’istituto può ancora crescere.
Maurizio Lupi, Vice Presidente della Camera dei Deputati – PDL
Ugo Sposetti, Deputato PD
Cofirmatari del progetto di stabilizzazione del “5×1000”