Martedì l’ambasciata italiana in Iran è stata presa d’assalto con lanci di pietre al grido di «morte all’Italia, morte a Berlusconi» . Protagonisti dell’incursione sono stati alcuni miliziani Basiji, gruppi armati di giovani islamici arruolati – pur senza farne parte ufficialmente – tra le fila dei Pasdaran, le Guardie delle Rivoluzione Islamica, il corpo militare che presidia il regime, un’emanazione della guida suprema, l’ayatollah Khamenei, e del presidente Ahmadinejiad. La polizia è intervenuta per sedare i tafferugli. Ma come spesso accade in Iran, ha semplicemente fatto da cornice alle violenze. La vicenda alimenta la volontà occidentale di sanzioni. E ha riaperto inquietanti scenari e interrogativi. Ai quali  ha risposto, per il sussidiario.net, Carlo Jean.




Dietro all’attacco all’ambasciata italiana c’è un disegno preventivo o si tratta dell’azione di una frange estremista?

Anzitutto non è stata attaccata solo l’ambasciata italiana, ma anche quella olandese, quella tedesca e quella francese. Le ambasciate di quattro grandi Paesi europei. Verosimilmente, quindi, non si è trattato di un manipolo di pazzoidi. L’attacco è stato effettuato, infatti, dalle milizie Basiji, che fanno parte del corpo delle Guardie della Rivoluzione islamica. Queste sono state mobilitate per manifestare. La polizia, certo, le ha respinte, ma si è trattato di una messa in scena.



Mobilitate da chi?

A mio avviso, visto che sono state attaccate ben quattro ambasciate, sicuramente da qualche persona che, all’interno delle Guardie rivoluzionarie, sta molto in alto. Se non, addirittura, dal governo.

A quale scopo?

Il motivo è abbastanza chiaro: oggi è il 31° anniversario della Rivoluzione islamica. Dal momento che la situazione è piuttosto caotica e le proteste e le manifestazioni contro il regime continuano, il governo ha voluto dare un segnale interno dicendo «quello che stiamo facendo trova il sostegno del popolo. Infatti è il popolo stesso che ha manifestato proprio di fronte alle ambasciate dei “cattivi” imperialisti».



L’Italia, quindi, rientra tra i “nemici”?

L’Italia è stata presa di mira, sicuramente, dopo il viaggio di Berlusconi in Israele. Il nostro ambasciatore, infatti, era stato convocato dal ministero degli Esteri iraniano domenica scorsa, e gli era stata presentata una nota di protesta per il fatto che Berlusconi aveva detto, come del resto tutti gli altri Paesi europei, oltre che l’America, che non è accettabile un Iran nuclearizzato.

proposito, a che punto è l’Iran con l’arrichimento nucleare per scopi bellici?

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Oggi fabbricare la bomba nucleare non è particolarmente difficile. Il problema è la militarizzazione: ovvero metterla sulla testata di un missile; questa è una cosa abbastanza complicata. Ma la tecnologia dell’arricchimento dell’uranio l’Iran già la possiede. E se è già in grado di arricchirlo al 5 per cento, può anche farlo al 20 per cento, come Ahmadinejad dice di essere intenzionato a fare. L’Iran, inoltre, possiede già un impianto ad acqua pesante, ad Arak, che produce plutonio.

Questo cosa comporta?

Cinquanta chili di uranio arricchito militarmente per fare un’esplosione nucleare corrispondono a quattro chili di plutonio. Per fare esplodere il plutonio, tuttavia, occorre una tecnologia elettronica sofisticata. Perché non si tratta di spingere l’una contro l’altra le due masse sub-critiche, ma si tratta di comprimere le due masse con-subcritiche di plutonio. Questo richiede, per esempio, il possesso di timer precisi al nanosecondo.

L’Iran è in grado o no di sviluppare questi strumenti?

Si tratta di una tecnologia estremamente raffinata. Ma non è da escludere che sia in grado di entrarne in possesso. Non stiamo parlando di un Paese del terzo mondo ma di uno Stato estremamente avanzato, il più avanzato di tutti gli Stati islamici.

 

Posto, quindi, che l’Iran entri in possesso della bomba atomica, che uso ne farà?

 

Il fatto di esserne in possesso modificherà gli equilibri mondiali. Diventerà una carta negoziale per aver maggior influenza in Iraq, e tra gli Sciiti che abitano in Iraq, negli Emirati Arabi, nell’Arabia Saudita, in Oman e così via. Ma una cosa è far veder i muscoli, un’altra "tirare sberle". L’Iran sa benissimo che, nel secondo caso, questo provocherebbe necessariamente una reazione durissima che l’annienterebbe, nel giro di cinque o sei ore.

Quando l’Iran entrerà in possesso dell’atomica, cosa farà Israele?

 

Israele fa quello che gli dice di fare l’America. E’ ben difficile che prenda l’iniziativa da solo, senza nessun concerto precedente con gli americani. Provocherebbe un disastro nell’economia mondiale.


Cosa intende?

 

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L’Iran chiuderebbe immediatamente gli stretti di Hormuz, gli stretti che dal Golfo Persico portano sul Mare Arabico. Da lì passa un terzo delle esportazioni di petrolio. Solo gli Stati Uniti sono nelle condizioni di schierare caccia-mine, mezzi navali, sommergibili per sminare lo stretto e per eliminare gli eventuali missili che possono essere lanciati da terra.

  

Attualmente Europa ed Usa sembrano intenzionati a seguire la linea delle sanzioni. Metteranno in pratica questa linea?

Le sanzioni possono essere di due tipi: nel primo caso si tratta di quelle con il simbolo dell’Onu sopra, il che richiede che Russia e Cina siano d’accordo, perché sono membri del Consiglio di Sicurezza con diritto di veto; la Russia sembra che sia abbastanza convinta, dopo questa dimostrazione di forza/debolezza del governo iraniano. Gli Stati Uniti presenteranno una proposta di risoluzione al Consiglio di Sicurezza per irrobustire le sanzioni nei confronti dell’Iran. Ma molto difficilmente la Cina desisterà dalle sue posizioni contrarie e continuerà a porre il suo veto. Allora l’Occidente – gli Stati Uniti e l’Europa – devono decidere se mettere in atto il secondo tipo di sanzioni, quelle unilaterali. Con questo rischio: anche se la Russia fosse più o meno favorevole, potrebbe non allinearsi con l’Occidente e aggirare le sanzioni. Queste, infatti, sono efficaci solo se sono tutti d’accordo.

Perché la Russia non appoggia completamente l’Occidente?

Finché gli Stati Uniti rimangono insabbiati in Medio Oriente, la Russia non subisce la pressione americana in Europa. La Russia sta cercando di recuperare un po’ del terreno perduto negli anni ’90, quando l’Occidente adottò un sistema abbastanza punitivo nei suoi confronti, con l’espansione della Nato e con lo schieramento dei missili.

E la Cina, invece, perché è contraria alle sanzioni?

La Cina, non approvando le sanzioni, lancia un segnale: fa capire di essere sempre più forte, di aver preso coscienza della propria forza, e che continuerà nel suo atteggiamento.

 

Non crede che sia motivata da ragioni economiche?

 

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No, la questione è sostanzialmente politica. La Cina era contraria alle sanzioni prima dell’annuncio dei sei miliardi di dollari di armi dati dagli Stati Uniti a Taiwan, prima che Obama accettasse di ricevere il Dalai Lama e adesso diventerà ancora più contraria. Lo farà per sottolineare la sua potenza e la sua autonomia su scala globale.

 
Come valuta, ad oggi, la linea intrapresa dall’amministrazione Obama nei confronti dell’Iran?

 

All’inizio, la linea morbida era da tastare obbligatoriamente, se non altro per reazione all’amministrazione precedente e per le promesse fatte in campagna elettorale. Indubbiamente governare è differente da fare una campagna elettorale. E quando uno si confronta con la dura realtà delle relazioni internazionali, capisce che la mano tesa e la carota senza il bastone servono a ben poco. Per Obama la diminuzione del gradimento da parte dell’opinione pubblica e la perdita del seggio del Massachusetts sono stati campanelli d’allarme; lo hanno convinto che non può permettersi di apparire troppo morbido, che è venuto il momento di mostrare i denti. 

 

In sintesi, che idea si è fatto in proposito?

 

L’Occidente, in questa situazione, deve dare prova di unità. Se non lo farà, lo scenario non potrà che seguire una china pericolosa.

 

Tornando all’Iran, non crede che all’interno del mondo islamico più estremista (terrorismo compreso) ci sia una guerra in corso per decidere chi ne sia la guida? 

 

Sicuramente esiste una competizione tra Sciiti e Sunniti per il ritorno alla purezza dell’Islam. L’Iran ha già impiegato il terrorismo provocando, per esempio, un attentato in Argentina, nel quartiere ebraico di Buenos Aires, dove morirono decine e decine di ebrei. E gli Hezbollah sono uno dei bracci armati della politica islamica, addestrati a compiere attentati dalle Guardie della Rivoluzione islamica. L’Iran, poi, sostiene Hamas, che per noi è un’organizzazione terroristica. Non si può dire che l’Iran non faccia terrorismo. La grossa competizione è tra Iran e Arabia Saudita. Che a sua volta finanzia i Talebani e gli attentati nella parte meridionale nell’Iran.