Strasburgo, 12 febbraio 2010 – Il terremoto finanziario internazionale e le sue drammatiche conseguenze sull`economia reale sono innegabili. L’Ue si trova ad affrontare una complicata fase di rilancio economico. Sappiamo bene che nei prossimi anni, in mancanza di interventi forti, la situazione non è destinata a migliorare. La crescita del debito pubblico nei paesi dell’Unione europea non è sostenibile con l’1 per cento di crescita all’anno del Pil. Per aumentare il tasso di crescita, che è l’unico modo per ridurre il debito pubblico senza aumentare la pressione fiscale, è necessaria una sorta di demand kick (spinta della domanda) a livello comunitario, dal momento che a livello nazionale non ci sono fondi a sufficienza per sostenere la domanda.



È necessario che l’Europa intervenga sulla Grecia. Non farlo potrebbe avere conseguenze imprevedibili, in termini di contagio sugli altri Paesi dell’area e di perdita di reputazione di alcuni debitori sovrani. Di più, se i Paesi europei o la Bce intervengono in aiuto della Grecia, possono farlo negoziando condizioni che la obblighino ad attuare un processo di consolidamento fiscale.



Il generale rallentamento economico sta avendo effetti negativi sul finanziamento della Strategia di Lisbona con pesanti conseguenze sullo sviluppo di settori strategici come le energie alternative, le reti trans-europee e le nuove tecnologie. I cittadini attendono una risposta dall’Ue, ma le risorse di bilancio europee paiono troppo limitate.

Come rilanciare allora l’economia europea se l’Ue manca delle risorse necessarie? Crediamo fortemente che sia arrivato il momento di considerare la possibilità di introdurre gli Eurobond come risorsa addizionale per finanziare i progetti di interesse strategico europeo.



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Gli Eurobond presentano un grande vantaggio: rispetto alle altre fonti di finanziamento del bilancio comunitario (ad esempio: Iva, Pnl), non richiedono alcun trasferimento dai bilanci nazionali. La Banca Europea degli Investimenti (Bei), sarebbe perfettamente idonea a prevedere l’emissione di strumenti di debito garantiti dal bilancio dell’Unione europea e dei bilanci degli Stati membri, preferibilmente sotto la supervisione della Banca centrale europea.

Siamo consapevoli circa la resistenza di alcuni Stati membri rispetto agli Eurobond, ma siamo altrettanto sicuri che sia possibile proporre un diverso profilo di Eurobond, al fine di ridurre il timore per il cosiddetto problema del “free ride”: 

 – Ogni governo della zona euro europeo potrebbe partecipare all’emissione di Eurobond in base alla propria quota di capitale nella Bei;

 – Il tasso di interesse sugli Eurobond potrebbe essere una media ponderata dei rendimenti dichiarati in ciascuno dei mercati dei titoli di Stato;

Ogni governo potrebbe pagare il tasso annuo di interesse, della sua parte di Bond, impiegando lo stesso tasso di interesse nazionale usato per calcolare il tasso d’interesse medio sugli Eurobond.

Questa formula eviterebbe il problema del “free rider” che ha da sempre ostacolato il raggiungimento di un accordo sugli Eurobond. 

Abbiamo bisogno di proporre una condivisione delle emissioni di debito, per contrastare la crescente eterogeneità degli spread dei bond nazionali. In questo modo pensiamo sia possibile creare un mercato comune attraente delle obbligazioni per la zona euro. Dopo dieci anni di Unione Economica e Monetaria è tempo di chiederci come dare alla nostra moneta comune la possibilità di diventare un potente strumento per sostenere la crescita, l’occupazione e la battaglia contro il cambiamento climatico.

Infine, crediamo che il recupero dell’economia europea passi attraverso la securizzazione del settore finanziario, ma in merito l’accordo preliminare del Consiglio sul pacchetto di riforma della supervisione finananziaria è particolarmente deludente.

I cittadini si aspettano che l’Europa dimostri il suo valore. Il Consiglio (in riunione) informale di oggi può rappresentare una punto di svolta fondamentale.

 

Mario Mauro