La nuova ondata di scandali, intercettazioni e avvisi di garanzia che ha visto coinvolti i vertici della Protezione civile e alcuni esponenti del Pdl tiene in subbuglio il mondo politico. Intanto ieri la Corte dei Conti ha fatto sapere che nel 2009 sono triplicate le denunce per fatti di corruzione e Berlusconi ha annunciato misure anticorruzione più severe. Ma c’è stato un altro fatto degno di nota per il dibattito sull’etica pubblica. «Non si dica più “ha mentito: è umano; ha rubato: è umano”» – ha detto Papa Benedetto XVI ai sacerdoti romani. «Questo non è il vero essere umani – ha aggiunto -. Essere umani è invece essere generosi, essere a immagine di Dio». Il commento di Giulio Sapelli.



Che senso possono avere le parole del Papa per un paese che riscopre di essere attraversato dalla corruzione?

L’unico senso che può avere un messaggio cristiano come quello impersonato dal Santo Padre: un che di scandaloso, di scandaloso nel senso evangelico del termine. Siamo fatti ad immagine di Dio ma non siamo come Lui. Siamo limitati e condizionati dalle circostanze ma abbiamo anche il libero arbitrio. Se volete rinnovare una presenza divina in voi stessi, questo mi pare il senso di quello che ha detto il Papa, dovete comportarvi come vi insegna il Vangelo. Dio perdona i ladri e le prostitute, ma certamente non li indica come modelli da seguire.



Nel 18simo anniversario di Tangentopoli i giornali e l’opinione pubblica hanno scoperto che la corruzione esiste ancora.

Diciamo pure i giornali, perché l’opinione pubblica è fatta di persone che lavorano e che hanno altre cose a cui pensare. La corruzione esisterà sempre. Diventa un problema per l’ordine sociale quando appaiono due fenomeni strettamente legati: quando si trasforma da fenomeno patologico in fatto fisiologico, e quando da visibile diventa invisibile.

Ma il nostro paese ha fatto «progressi» dal ’92 a questa parte o no?

Una dato è certo: la corruzione è aumentata. E come tale è ormai un fatto fisiologico. Il che mette una pietra tombale sugli entusiasmi di chi sperava che l’ondata giustizialista cambiasse l’Italia e preparasse l’avvento degli onesti.



Le colpe sono o non sono dei politici corrotti?

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Io continuo a sostenere la mia vecchia tesi della cleptocrazia come meccanismo unico della corruzione. Cioè che coloro che spingevano per la corruzione in Italia non sono stati tanto i partiti, quanto gli imprenditori. Pensiamo che nel 1991 i grandi imprenditori di questo paese, quelli che mantenevano in piedi il sistema, potessero farsi impensierire dai politici? Non scherziamo. Erano loro a mantenere l’assessore o il funzionario di turno, a farlo eleggere o a consolidarne la posizione.

 

Prima ha parlato di corruzione visibile e di corruzione invisibile. Cosa intende dire?

 

Che più il finanziamento dei partiti è visibile – come avviene negli Usa, dove la legge che lo stabilisce è stata da noi tanto criticata ma non si capisce perché – e più la corruzione si riduce. Invece più i meccanismi sono invisibili, più il passaggio di denaro dalle imprese ai partiti diventa una patologia «regolata» dalla legge della corruzione sottobanco. Nella crisi finanziaria hanno avuto gravi responsabilità, ma i paesi anglosassoni hanno ancora molto da insegnarci. Nei paesi euroasiatici, dove il mercato è meno dispiegato, c’è anche meno transparency. E più corruzione.

 

Bastano leggi migliori per contrastare la corruzione?

 

No. Direi però che leggi migliori possono offrirci più occasioni per dare alla corruzione una sanzione morale. Questo non vuol dire che la corruzione non esisterà né che non sia esistita prima di Tangentopoli. Di corruzione parlava già Cicerone, se non sbaglio. Anni fa in un’intervista all’Herald Tribune Di Pietro disse che i suoi maestri sul fenomeno della corruzione erano Giulio Sapelli e Vilfredo Pareto. Ma forse Di Pietro ha saltato le pagine straordinarie del Cours de sociologie dove Pareto dimostra che la corruzione è consustanziale a tutte le forme di economia.

 

Allora è utopico prospettare un sistema nel quale sia finalmente sradicata.

 

Certamente. Ma non è utopico, come fa il Santo Padre, auspicare una cultura per cui la corruzione abbia una sanzione morale. La legge migliore è quella americana, ma non basta. Il resto tocca al nostro senso morale e alla nostra libertà. Ecco perché la rivoluzione giudiziaria non ha certo cambiato il sistema in senso positivo, ha solo prodotto politiche di corruzione più scaltre.

 

Dopo gli ultimi fatti di cronaca anche Berlusconi si è raccomandato di fare più selezione nelle candidature politiche e a livello istituzionale ha annunciato norme anticorruzione più severe.

 

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Non posso che essere d’accordo con Berlusconi. Però un conto è ricevere un avviso di garanzia per aver difeso un gruppo di lavoratori durante un picchetto, e un altro per aver rubato. L’immunità parlamentare risolverebbe molti problemi. Ma va detto che i partiti sono cambiati. Oggi i partiti in senso classico sono scomparsi e restano confederazioni che mettono insieme imprenditori e politici, nuovi cacicchi che cercano il controllo del territorio e che possono allearsi a geometria variabile per formare un partito a scala nazionale. Oggi la corruzione è molto più diffusa che nel 1992 perché è molto meno visibile.

 

Galli della Loggia sul Corriere ha smascherato l’illusione di chi pensava che la corruzione fosse riservata solo all’ambito politico. È l’intera società ad essere guasta.

 

No, la società italiana non è marcia. Ha una costruzione del potere per cui arrivano alla cuspide dei sistemi di potere, in politica e in economia, i meno capaci ma più aggressivi e coloro che sono figli delle persone più influenti dal punto di vista della ricchezza e della cultura.

 

Gli ha fatto eco Ricolfi sulla Stampa. «Non possiamo continuare a contare soltanto su un sussulto delle coscienze – ha scritto -. Se identifichiamo i meccanismi possiamo provare a cambiarli».

 

D’accordo, ma il vero problema è che c’è stata una tremenda decadenza dell’etica pubblica. A sua volta questa dipende dal disordine morale individuale. Le istituzioni servono perché tengono a bada le mire dell’uomo, però l’uomo deve usare bene la sua libertà personale. Occorre piuttosto domandarsi: perché oggi il denaro è l’unico metro? È con la virtù che si educano i giovani, cioè con l’evidenza di buone prassi in grado di mostrare che operare per il bene è possibile. Sono fiducioso. L’Italia è piena di persone che non verrebbero mai messe nelle liste elettorali, perché incapaci di portare soldi.

 

Che parte può avere il richiamo morale della Chiesa verso la società civile?

 

Oggi il richiamo della Chiesa ha un’altissima qualità morale ma un’incidenza scarsa. La Chiesa non è fatta solo dai suoi preti, ma anche e soprattutto dai suoi laici. I laici però hanno subito un influsso culturale di tipo protestante che li ha allontanati dalla Chiesa. L’immagine del «cattolico adulto» dice tutto: un cattolico adulto non è cattolico, perché il cattolico è per sua natura minorenne. Non servono cattolici adulti, ma cattolici che pensano e vivono secondo l’insegnamento della Chiesa. Oggi però il popolo cattolico, tranne poche eccezioni, mi sembra che abbia perso la voce.

 

(Federico Ferraù)