Forse ai più il dato è sfuggito: in Lombardia sono circa quarantamila le imprese con titolare immigrato (l‘immigrato vale l’11 per cento del Pil lombardo). Per la maggior parte piccole realtà, dinamiche, propositive. Che fanno. E danno lavoro, anche a manodopera italiana. Un’esperienza positiva destinata a crescere. Un segnale confortante nella Regione cardine del sistema Paese.



Eppure, nonostante l’affermarsi di questo fenomeno, che ha contagiato in misura significativa tutte le regioni del Belpaese, l’immigrazione continua ad essere percepita quasi esclusivamente come un problema. Dove non è estranea la lettura ideologica, e quindi di corto respiro, delle forze politiche di entrambi gli schieramenti. Ne consegue che in prima pagina l’immigrato ci finisce solo quando la notizia è cattiva, pruriginosa, dal tipico sapore emergenziale e di ordine pubblico. Insomma, l’immigrato continua ad essere indicato ed additato come lo straniero. Mai come una risorsa possibile. Mai come parte della soluzione e dello sviluppo perché oggettivamente creatore di valore aggiunto per il Paese.



Domando al prossimo Governatore della Lombardia: si può continuare così? Possibile che le istituzioni e la politica non riescano a trasmettere con forza ai cittadini messaggi chiari e netti, e soprattutto rassicuranti, su temi di così grande rilevanza sociale ed economica?

Siamo in campagna elettorale, mancano due mesi al voto. Questo è il tempo della presentazione agli elettori del proprio programma di Governo.

E si tratta di un programma oltremodo fondamentale in quanto destinato a caratterizzare i cinque anni che porteranno la Lombardia all’appuntamento strategico di Expo 2015. Dunque, perché non inserire nei programmi elettorali un punto che sparigli le carte, che apra ad una novità, che indichi una strada ragionevole da percorrere tutti insieme?



La proposta che formulo al futuro Governatore della Lombardia, ma che vale naturalmente per tutti i Governatori, è semplice: dar vita in Lombardia ad un assessorato dedicato all’immigrazione e alla coesione sociale. In questo modo il soggetto immigrato si sentirebbe un po’ meno straniero, un po’ meno corpo estraneo, da sopportare. Perciò riconosciuto il giusto anche in sede istituzionale. È chiedere troppo? È una proposta irrealistica? Non lo credo assolutamente. E sgombro subito il campo da una possibile obiezione, ovvero che la formazione di un assessorato ad hoc sarebbe come costruire un ghetto, un recinto, un’enclave istituzionale. In definitiva un autogol.

Con la Fondazione Ethnoland ho modo di incontrare quotidianamente immigrati. Di raccogliere le loro storie. Di condividerne speranze e preoccupazioni. Una prossimità che genera umana ricchezza. E che mi ha fatto capire come, oggi più che mai, l’immigrato avverta intorno alla propria persona un deficit di fiducia. Una “svalorizzazione” di sé. È come se gli venisse a mancare la terra sotto i piedi. Una condizione insostenibile anche dal punto di vista psicologico.

Per questo motivo la nascita di un assessorato strutturalmente pensato per occuparsi delle piccole e grandi questioni che lo riguardano, beninteso in armonia con la tradizionale vita amministrativa, avrebbe quasi il valore di un abbraccio, di un beau geste, finalmente di un plus di fiducia. Un’attenzione particolare per un bene comune.

 

 

Di questo mi piacerebbe ragionare con i candidati alla guida della Regione Lombardia per il prossimo quinquennio. L’umile scopo di questa lettera aperta al futuro Governatore, cortesemente ospitata da un luogo di riflessione intelligente, puntuale e che ama le cose concrete, intende essere proprio quello di aprire un varco, di affrontare i temi che toccano l’immigrazione senza paraocchi ideologici e steccati mentali. Di aiutarsi ad una condivisione di popolo. Per una prospettiva di svolta che abbatta in maniera definitiva il muro della paura e dell’ipocrisia.            

 

Con stima e speranza,

 

Otto Bitjoka

Presidente Fondazione Ethnoland, animatore degli Stati generali sull’immigrazione