Dopo il susseguirsi di sentenze, decisioni e ricorsi sulle liste elettorali, Berlusconi ha deciso di cambiare strategia. La gente comincia ad essere stanca, è convinto il premier, di sentir parlare di timbri e ricorsi. Occorre tornare a parlare di cose reali, anzitutto prendendo le distanze da chi ha tentato di estromettere il centrodestra dal voto in modo illiberale e antidemocratico. È questa la nuova linea del premier, che desta però non poche perplessità. Se non altro perché in piazza andrà anche la sinistra.
Tutti in piazza dunque. Berlusconi per difendere il voto e la sovranità popolare, Bersani e il Pd per denunciare i «trucchi» del centrodestra, Di Pietro e il popolo viola per scagliarsi contro la «correità» di Napolitano – aveva detto l’ex pm domenica scorsa – con chi si fa beffe della Costituzione, e contro la politica golpista del premier. «Ma la piazza è sempre una sorpresa – dice a ilsussidiario.net Massimo Franco, notista politico del Corriere della Sera -, un’incognita. Essendo il massimo dell’autoreferenzialità politica, può sempre succedere di tutto».
Berlusconi, come la sinistra, andrà in piazza, ma la sua scelta è controversa. Sintomo di debolezza, ansia di rimediare ai pasticci del caos, tentativo estremo di recuperare consenso?
Credo sia tutto questo. Da un lato c’è l’esigenza di rassicurare non solo un partito ma un intero elettorato, abbastanza disorientato da quello che è successo nelle ultime settimane. Dall’altro, c’è anche l’esigenza di rovesciare una tendenza che, rispetto a due settimane fa, è meno favorevole al centrodestra. E questo Berlusconi lo sa molto bene.
Anche la sinistra va in piazza, e per gli stessi motivi: difendere la democrazia delle regole.
Due osservazioni. Primo, è stato Di Pietro molto più del Partito democratico a dettare l’agenda. Credo poi che Bersani si sia sentito quasi obbligato a seguire Di Pietro, per non perdere i contatti con un certo centrosinistra che mi sembra molto più antiberlusconiano di quanto sia mai stato. Secondo, il cedimento del Pd all’Idv pone un importante interrogativo, che riguarda i rapporti tra l’intero centrosinistra e il Quirinale. Nel momento in cui fa una violenta polemica con Berlusconi che implica anche forti critiche a Giorgio Napolitano, Di Pietro non dà a Bersani sufficienti garanzie di difendere il Quirinale.
Sono molto meno entusiasti di andare in piazza Fini e Bossi. Come valuta la loro posizione?
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Dal punto di vista di Fini c’è l’alibi della presidenza della Camera, un alibi molto ben motivato dal punto di vista istituzionale. È normale che prenda questa posizione, anche se naturalmente non tutti nel centrodestra la vedranno solo in questo modo. Per quanto riguarda Bossi, invece, il discorso mi sembra più delicato. Bossi e la Lega tendono a marcare una propria specificità. Il fatto che dicano «andiamo se ce lo chiede Berlusconi» vuol dire che se lo fanno, lo fanno solo per disciplina di coalizione.
Quale sarà il vero nemico di questa tornata elettorale?
Il primo e senz’altro l’astensionismo. Il secondo è il timore nel Pdl che questo astensionismo si traduca in voti per la Lega al nord, e al sud all’Udc di Casini dove Pdl e Udc sono alleati.
Il Pdl attraversa un momento molto difficile: poche eccellenze politiche, individualismi, divisione tra Berlusconi e Fini. Riesce ad immaginare uno scenario post-elettorale?
Intanto vedo un Berlusconi molto più forte di Fini: un Berlusconi che rappresenta ancora la maggior parte del centrodestra, e un Fini che rappresenta invece una posizione non dico residuale, ma certamente minoritaria. Credo che dopo le elezioni regionali, a seconda dei risultati, assisteremo ad una serie di reazioni importanti. La sensazione più netta è quella di un rimescolamento all’interno del centrodestra, ma non è da escludere un rimpasto all’interno della maggioranza di governo.
E dopo le elezioni quali potrebbero essere invece i nuovi equilibri a sinistra?
Dipende da quanti voti prendono rispettivamente il Pd e Di Pietro. Nel Partito democratico c’è una minoranza che sta alla finestra e aspetta di vedere quanti voti riuscirà a racimolare Bersani e quante regioni riuscirà a portare a casa, per poi trarne le dovute valutazioni. Di Pietro era abbastanza in calo negli ultimi mesi, ma ora gli errori della maggioranza lo hanno rilanciato. Non escludo però che anche lui, alla fine, possa essere danneggiato dall’astensionismo.
Ieri è arrivato il sì del Senato al legittimo impedimento, in un clima pessimo per quanto riguarda i rapporti tra Berlusconi e i giudici. La campagna elettorale è destinata ad aggravare lo scontro?
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Credo che sia inevitabile, per come si sono configurati i rapporti tra Berlusconi e la magistratura non solo negli ultimi mesi ma in questi anni. Gli ultimi eventi lo hanno dimostrato: è come se ci fossero due verità contrapposte che non riescono a riconciliarsi.
Quali in particolare?
Il fatto che Berlusconi abbia chiesto di non andare all’udienza a motivo del Consiglio dei ministri, e che il Tribunale di Milano abbia risposto che non lo considerava legittimo impedimento. Mi sembra qualcosa di profondamente vistoso e grave da parte di entrambi e indica che non c’è legittimazione reciproca. Questo porterà ad altre tensioni e non vedo allo stato attuale come se ne possa venir fuori. Per adesso è un gioco a somma zero.
Anche il conflitto tra politica e magistratura è una chiave di lettura della campagna elettorale?
Lo è di fatto, sia per il legittimo impedimento, sia per gli attacchi che Berlusconi ha portato ad alcuni magistrati e che hanno provocato la reazione del Consiglio superiore della magistratura. Si profila come un conflitto istituzionale e c’è da sperare che alla fine non venga coinvolto anche il capo dello Stato come presidente del Csm.
Cosa si attende dalle manifestazioni di piazza di maggioranza e opposizione?
La piazza è sempre una sorpresa, un’incognita. Essendo il massimo dell’autoreferenzialità politica, può sempre succedere di tutto. Penso che servirà a far sfogare il malcontento di tutti: quello delle opposizioni nei confronti del governo, ma anche del Pdl verso una parte della sua stessa classe dirigente e del centrodestra verso quelli che sono considerati i sabotatori delle liste. Spero che non si vada oltre questo. Ma mi sembrano, da parte della gente, manifestazioni più che legittime.