Nel botta e risposta di questa vigilia elettorale, non spiccano le (quasi) ovvie risse fra i due (due?) poli, ma le tensioni e i battibecchi interni all’alleanza che governa il Paese. E la Lombardia, la sua capitale. È qui a Milano che i contraccolpi della temuta crescita leghista accendono, si fa per dire, il dibattito fra Pdl e Lega. Rendendo nervosi gli attori, soprattutto quelli nel mirino dei desiderata “verdi”.



Il primo target del Senatur, soprattutto per bocca dell’onnipresente e onnidichiarante Salvini, è stato Formigoni. Ma, si sa, il Celeste sa come tenere a bada le “voglie” della Lega la quale, peraltro, è consapevole che, fin che c’è Roberto “uno di noi”, il Pirellone resta un pio desiderio per Bossi & Co.



Ed ecco l’altro bersaglio grosso nel mirino, sul quale Matteo Salvini ha non poco infierito in questi mesi – stiamo parlando di Letizia Moratti – portando a casa, per la Lega, alcuni risultati sul piano della comunicazione e della presenza, in modo particolare sugli issue tradizionali: immigrati, sicurezza, traffico, ecc. En passant, alle critiche leghiste si sono aggiunti i rilievi e le punzecchiature di Gabriele Albertini, sintomo ulteriore di un certo scollamento, se non  di un vero e proprio indebolimento morattiano.

 

Per di più, oltre al sindaco di Milano, anche il Vice Sindaco De Corato è stato attaccato da Salvini, che si è beccato del "Leoncavallino" (da giovane). Schermaglie, certamente. Ma significative di quello che sarà lo scenario a urne chiuse quando, presumibilmente, la Lega crescerà e chiederà. Anche se in politica chiedere è un conto, ottenere, un altro.



Il fatto è che lo stato maggiore leghista rappresenta oggi una sorta di soviet capace di organizzare una presenza capillarmente efficace e, soprattutto, in grado di motivare il proprio popolo sui temi nordisti e sulle parole d’ordine che ben conosciamo. Ogni leghista è, da Bossi in giù, un attivista e un sindacalista. E questo fa la differenza, sia a destra che a sinistra. "Altro che quei mollaccioni del Pdl", si dice dalle parti di Via Bellerio. E tuttavia…

Tuttavia la politica ha le sue logiche, oltre che i suoi numeri. E il Senatur è consapevole del fatto che, se il Pirellone gli è vietato, anche Palazzo Marino sarà ancora off limits per le camicie verdi. Non solo o non tanto per il deludente e non rimpianto periodo formentiniano, quanto, soprattutto, perchè a Milano la Lega è, ad oggi, un partito troppo piccolo rispetto al Pdl. Crescerà, ma mai al punto di pretendere il Primo Cittadino. Al massimo, potrà chiedere (e ottenere) il vice sindaco. La Russa è avvisato.

Quanto al Cavaliere, l’alleanza con Bossi è strategica per le riforme, e viceversa. Il punto vero non sono i risultati del match, compreso quello tutto dentro l’alleanza di governo. Il punto è e sarà: come riempire di riforme il triennio. Su questo si giocherà la tenuta dell’alleanza. E non solo. Berlusconi e Bossi farebbero bene a ricordarselo.