Non si placano le polemiche in seguito alla decisione del Capo dello Stato di firmare il decreto interpretativo che consente alla lista di Roberto Formigoni Per la Lombardia di correre per le elezioni del 28 e del 29 marzo. Non si arresta, in particolare, il furore del leader dell’Italia dei Valori Antonio di Pietro. Che dopo aver ipotizzato che per Napolitano sussistessero gli estremi per l’impeachment, invece di fare marcia indietro e venire a più miti consigli, alza la soglia della tensione: «Insisto nel sostenere che il comportamento del capo dello Stato nell’avallare questo decreto golpista è stato inutile e dannoso».



Antonio Di Pietro è furibondo per la decisione di Napolitano di firmare il decreto salva liste: «Ho letto i giornali – dice Antonio Di Pietro – e ho assistito all’ipocrisia e alla pavidità tipiche di una certa cultura di questo Paese». Secondo Di Pietro «Tutti hanno detto che questo provvedimento è assurdo, abnorme, costituzionalmente senza senso, e ha ridotto la credibilità della funzione governativa e di quella di controllo». Di Pietro, non tenendo in considerazione che oltre al decreto lo stesso Tar si è espresso in favore di Formigoni, definisce il provvedimento «oltre che dannoso, inutile, perché non c’era bisogno di un decreto per riammettere le liste Polverini e Formigoni. Si doveva avere l’ umiltà e l’accortezza di aspettare l’esito del lavoro dei giudici, cioè di rispettare le regole».



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Secca e immediata la replica del Pdl. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha parlatodi una sinistra «ammenettata» a Di Pietro che punterebbe ad uno «stato di polizia», mentre Fabrizio Cicchito ha dichiarato che «Di Pietro è un troglodita».

 

Intanto arriva la smentita della Conferenza Episcopale italiana alle affermazioni di monsignor Domenico Mogavero responsabile per gli affari giuridici della Cei. «Cambiare le regole del gioco mentre il gioco è già in atto è altamente scorretto, perchè si legittima ogni intervento arbitrario con la motivazione che ragioni più o meno intrinseche o pertinenti mettono un gioco un valore» aveva detto Mogavero, ripreso immediatamente dai giornali che avevano titolato come se a parlare fosse stata, in veste ufficiale, la Cei. «Le questioni di procedura elettorale hanno natura squisitamente tecnico-giuridica ed hanno assunto nelle vicende degli ultimi giorni ricadute di tipo politico ed istituzionale. Considerata questa connotazione la Cei non ha espresso e non ritiene di dover esprimere valutazioni al riguardo» ha successivamente sottolineato la Cei in una nota ufficiale.