NAPOLITANO FIRMA IL DECRETO: BERSANI, ORA LA CONSULTA – Dopo la firma di Napolitano al decreto “salva liste”, che lo stesso capo dello stato, in una lettera pubblicata sul sito del Quirinale, ha detto fondata sulla volontà di «garantire che si andasse dovunque alle elezioni regionali con la piena partecipazione dei diversi schieramenti politici», e l’annullamento della sospensiva della lista Formigoni da parte del Tar della Lombardia, ora il dibattito diventa prettamente politico.



«Un effettivo senso di responsabilità – così termina la lettera del capo dello stato – dovrebbe consigliare a tutti i soggetti politici e istituzionali di non rivolgersi al Capo dello Stato con aspettative e pretese improprie, e a chi governa di rispettarne costantemente le funzioni e i poteri». Ma le opposizioni protestano. Bersani, segretario del Pd, difende il capo dello stato, accusa il governo e dice di voler portare il decreto davanti alla Consulta. «Il presidente della Repubblica non c’entra niente – ha detto il segretario del Pd Bersani – non si nascondano dietro al presidente della Repubblica. La Costituzione la conosciamo. Loro sono responsabili di quello che hanno scritto, del trucco vergognoso che hanno introdotto». «Vogliamo – ha proseguito – che si pronuncino i livelli giurisdizionali, immaginiamo che questa norma possa essere messa ad una valutazione più attenta della Corte costituzionale». E ha annunciato una mobilitazione.



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SINISTRA IN PIAZZA SABATO PROSSIMO – Mobilitazione di piazza che viene annunciata per sabato prossimo. Tra una settimana il Pd, l’Idv, il popolo viola e tutte le sigle politiche della sinistra andranno in piazza per protestare contro il decreto firmato dal capo dello stato che ha riammesso le liste del Pdl in provincia di Roma e di Formigoni in Lombardia. Proprio quest’ultimo aspetto farà molto discutere, perché il Tar si è pronunciato ravvisando irregolarità nella decisione della Corte d’Appello di Milano, senza considerare il decreto che pare non fosse ancora stato stampato sulla Gazzetta ufficiale e quindi non fosse esecutivo. «Il Tar – ha detto Formigoni – ha riconosciuto che l`ufficio elettorale della Corte d’Appello dopo aver accettato la nostra lista non aveva più alcun potere di intervento. Il Tar ha riconosciuto che la nostra lista è sempre stata in corsa e non era fondata l`esclusione. Sottolineo che la decisione del Tar prescinde dalla presa in considerazione del decreto legge di venerdì».



 

D’ALEMA CONTESTATO AL PANTHEON – La posizione più difficile rimane quella di Bersani, stretto tra l’opposizione al decreto, ribadita subito, e l’attacco diretto al capo dello stato che viene da forze come il popolo viola e l’Idv di Antonio Di Pietro. Secondo il quale ci sarebbero i termini per l’impeachment, perché Napolitano avrebbe violato il suo ruolo e le sue funzioni e trasgredito la legge.

 

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Di Pietro parla di «correità» di Napolitano in un provvedimento che contravviene al dettato costituzionale. «C’è la necessità di capire il ruolo di Napolitano – ha detto Di Pietro – in questa sporca faccenda, onde valutare se non ci siano gli estremi per promuovere l’impeachment nei suoi confronti per aver violato il suo ruolo e le sue funzioni».

Lo «sfregio alla legalità e alla democrazia» di cui parla di Pietro, dunque, mette in imbarazzo il Pd. Massimo D’Alema infatti è stato contestato al suo arrivo davanti al Pantheon, dove si è recato per ascoltare il discorso di Emma Bonino, ma al suo arrivo è stato bersagliato di fischi, che i simpatizzanti delle altre forze hanno cercato di coprire con gli applausi. Bersani, D’Alema, Violante, e i maggiori esponenti dei Democratici hanno scelto la linea di difendere il capo dello stato contro l’aggressione dipietrista e viola: quella di Di Pietro, si commenta, è «una posizione assolutamente inaccettabile».