Una volta archiviate le elezioni regionali e i ballottaggi delle comunali il momento delle riforme sembrava proprio arrivato. La discussione sul presidenzialismo si è però interrotta bruscamente a causa di un vertice di fuoco tra i due fondatori del Popolo della Libertà, Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, che ha portato il partito a un passo da una clamorosa scissione. Niente lasciava immaginare che il contrasto tra i due potesse esplodere in questo modo, mettendo in crisi una maggioranza uscita vincitrice dalle urne. Stefano Folli, editorialista de Il Sole 24 Ore, ne ha discusso con IlSussidiario.net, all’inizio di una settimana decisiva per il governo.



La minaccia di Fini di costituire gruppi autonomi in Parlamento ha scosso il Pdl. Il partito è in fibrillazione, aspettando la resa dei conti di giovedì alla Direzione nazionale. Quali sono, a suo avviso, i reali margini di recupero?

Sul piano dei rapporti personali la situazione sembra definitivamente compromessa. Su quello politico, invece, l’unico margine è dato dall’evidenza che la scissione non conviene a nessuno: né a Fini, che ne uscirebbe ridimensionato, né a Berlusconi. Il Pdl è nato su un presupposto diverso rispetto a quello del partito personale, questa soluzione costituirebbe perciò un grave danno anche per il premier. Tutto ciò dovrebbe far riflettere entrambi.

Sul tavolo rimangono tre ipotesi: l’accordo tra i leader per una reale diarchia, la formazione  di una corrente di minoranza finiana, oppure la nascita di “Pdl Italia”, corpo estraneo all’attuale Popolo della Libertà. Quale le sembra la più probabile?



Sono convinto che il Pdl riuscirà a evitare una frattura. Per questo motivo, quella di una corrente minoritaria mi sembra l’ipotesi più probabile. Fini dovrebbe però passare dal controcanto sterile, che lascia trasparire un certo fastidio personale nei confronti del premier, alla proposta, alle idee alternative. Su alcuni temi, come il rispetto delle istituzioni, o la legge elettorale, infatti, Fini ha una posizione interessante e originale per costruire un centrodestra sempre più aperto e moderato. Su altri temi, invece, è meno credibile.

Come ad esempio?

L’ex leader di An, a pochi giorni dalle elezioni, critica i cedimenti del Pdl nei confronti della Lega. Come mai, allora, ha accettato che fossero candidati esponenti del Carroccio in tutto il Nord? Diciamo che, al di là delle contraddizioni, la scelta dei tempi per provare l’“azzardo” di una crisi è stata decisamente infelice.



In base a quello che verrà deciso dai vertici del partito si capirà se dovremo tornare presto alle urne e se Gianfranco Fini dovrà lasciare la carica di Presidente della Camera…

Se Fini sceglie di perseguire la strada dei gruppi autonomi e, in pratica, va all’opposizione non vedo come possa continuare a svolgere questo incarico. Riguardo al voto, l’eventuale crisi del partito di maggioranza relativa rappresenterebbe una condanna per questa legislatura e le sue promesse riformatrici. A quel punto potrebbe essere plausibile un voto anticipato, magari nel 2011, giusto in tempo per attuare i decreti fiscali del federalismo. Un assist involontario a Berlusconi e alla Lega.

Cosa intende?

Sono convinto che Berlusconi non abbia intenzione di aspettare tre anni per ricorrere nuovamente al voto e l’ex leader di An potrebbe fornirgli un comodo pretesto. Per quanto riguarda la Lega, l’indebolimento del Pdl aumenterebbe ancor di più la sua forza al Nord. Come sottolineava Angelo Panebianco, “Pdl Italia” potrebbe, all’opposto, prendere involontariamente le sembianze di un vero e proprio Partito del Sud.  

L’area che faceva riferimento ad Alleanza Nazionale si sta in ogni caso misurando per capire chi è rimasto fedele al vecchio leader. Qual è, secondo lei, il peso dei seguaci di Fini in Parlamento e nel Paese?

 

Difficile dirlo, certamente conteranno di più rimanendo all’interno del Pdl, rischiano invece l’isolamento se decideranno di abbandonarlo. Per quanto riguarda i vecchi colonnelli, non è una scoperta che molti di loro oggi sono più vicini a Berlusconi che a Fini.

Ma all’esterno del centrodestra Fini ha trovato degli interlocutori interessati?

Tra i centristi dell’Udc emerge una evidente freddezza. Nel centrosinistra, invece, il dato politico che esce dal Pd è abbastanza sconfortante: nemmeno di fronte a una crisi così grave del Pdl, il Partito Democratico sembra in grado di trovare una posizione chiara e condivisa. Davanti alla scelta di cercare, o meno, il dialogo con Fini il partito si sfalda e si limita a sperare negli insuccessi degli avversari.

Dal Colle, invece, con quale spirito si osserva la situazione?

Napolitano da tempo cerca di favorire in ogni modo la stabilità del Paese. Sarebbe un vero peccato, effettivamente, sprecare l’occasione di centrare l’obiettivo delle riforme. Il fatto è che per una volta non sono tanto le forze che fanno resistenza al cambiamento a impedire questo risultato, quanto l’incapacità della politica di presentare un progetto chiaro.

(Carlo Melato)