All’interno del Popolo della Libertà sale l’attesa per la Direzione Nazionale di domani alla quale parteciperanno Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Dopo lo scontro di settimana scorsa i due leader hanno più volte riunito i dirigenti più fedeli per preparare al meglio questo delicato incontro. Tre gli scenari possibili: un improbabile accordo che metta fine a tutti i contrasti, la formazione di una corrente interna o la costituzione di veri e propri gruppi autonomi in Parlamento da parte degli ex An rimasti con Gianfranco Fini.  «In base a ciò che è emerso dal vertice dei finiani – dice Massimo Franco a Ilsussidiario.net – quella della corrente sembra però l’ipotesi più probabile».

Il documento di sostegno a Fini, sottoscritto  dai parlamentari riuniti ieri nella Sala Tatarella, tende a escludere scissioni ed elezioni anticipate. Quali previsioni si possono fare, però, sulle decisioni che verranno prese alla Direzione Nazionale di domani?



Fini ha deciso di fare un passo indietro rispetto alla minaccia di costituire gruppi parlamentari autonomi. La prossima mossa spetta, a questo punto, a Berlusconi. Se la Direzione di giovedì portasse, però, alla nascita della corrente finiana  verrebbe sancita la chiusura di una fase importante, quella del berlusconismo come armonia del Pdl, un partito nel quale tutti si riconoscono in un’unica leadership.  

Come potrebbe rispondere il premier?



Avendo sempre sostenuto che il Pdl non è un partito tradizionale potrebbe rifiutare l’idea del correntismo. Se nasce una corrente, infatti, diventa lecito aspettarsi che poi queste si moltiplichino. Un meccanismo che questa volta sembra difficile da impedire, anche per il Cavaliere.

Sarebbe, a suo avviso, un primo passo verso un partito più democratico o l’inizio della fine per il Pdl?

Nel momento in cui emerge una distinzione formale e formalizzata tra fondatore e cofondatore è evidente che qualcosa si è rotto. Difficile dire se una scelta di questo tipo porterebbe il partito alla democratizzazione o alla balcanizzazione, il moltiplicarsi cioè di correnti in forte contrapposizione tra di loro. Certamente Il berlusconismo cesserebbe di essere la filosofia fondante del Pdl e di tutto il centrodestra, aprendo una stagione di forti tensioni.

Cosa intende?



Vorrei proprio vedere come si comporterà in Parlamento su temi come la giustizia e l’immigrazione una corrente che nasce da una forte critica a Berlusconi e non come elaborazione del berlusconismo. Per tutti questi motivi l’appuntamento di giovedì mi sembra cruciale. L’irrigidimento dei due leader è evidente, staremo a vedere se si tratta di pretattica o se i due sono davvero pronti allo scontro.

All’interno della vecchia guardia di Alleanza Nazionale in questi giorni c’è chi si è allineato a Fini, chi si è smarcato e chi si è proposto come mediatore. Di quali forze sembra poter disporre realmente il Presidente della Camera?

Nonostante il tentativo di isolarlo, bisogna dire che Fini ha avuto una risposta abbastanza consistente dai suoi. Certo, una cosa è contarsi oggi, un’altra sarà farlo nel caso di un’eventuale rottura. Per questo le prese di posizione di questi giorni mi sembrano dettate più dalla tattica che non dalla convinzione.

Il Presidente della Camera si aspettava, a suo avviso, un altro tipo di risposta dalle forze politiche esterne al centrodestra?

 

Probabilmente sì, anche se da un’opposizione ancora a rimorchio della maggioranza e divisa al suo interno era difficile aspettarsi qualcosa di diverso. L’Udc, invece, è rimasta in silenzio. Questa partita non sembra di suo interesse, probabilmente i centristi continuano a perseguire l’obiettivo del terzo polo.

Sullo sfondo di questo scontro al vertice potrebbe esserci la volontà di entrambi di arrivare al Colle?

Ci stanno pensando sicuramente tutti e due, ma non sono certo gli unici…

Anche se sembra poco probabile, l’ipotesi di una vera e propria rottura rimane all’orizzonte. Un ipotetico nuovo soggetto politico a immagine e somiglianza di Fini quale tipo di elettorato potrebbe intercettare?

Tenderei a escludere l’ipotesi del voto anticipato, almeno nel prossimo futuro. In uno scenario di questo tipo, però, una formazione guidata da Fini, data la carica antileghista molto forte che contraddistingue l’area di riferimento, potrebbe guardare a un elettorato meridionale. Il rischio è però quello di introdurre nel panorama politico un ulteriore elemento di frammentazione, che l’elettorato ha già ampiamente dimostrato di non gradire.

Da ultimo, il cammino delle riforme è da considerarsi interrotto?

Se non interrotto almeno fortemente rallentato. Le riforme sono un obiettivo ambizioso che si può centrare solo se almeno la maggioranza di governo è compatta. Direi che non è il nostro caso. 

(Carlo Melato)