Sono ancora vivi gli echi dell’acceso diverbio televisivo con Italo Bocchino e Adolfo Urso avvenuto durante la trasmissione di Gianluigi Paragone “L’ultima parola”. Il video che lo documenta rimane a oggi uno dei più cliccati su youtube.

Ed è proprio da questa constatazione che vorrei partire per giudicare quanto sta accadendo nella politica italiana e nel Pdl. Anzitutto una politica rissosa e urlata attira i tifosi, ma allontana i cittadini perché non si pone come servizio e non dà spazio alla centralità della persona e alla costruzione del bene comune. In una parola non è ciò che dovrebbe essere.



Questo non significa che non debba esserci confronto, anche acceso se necessario, ma mai e poi mai deve venire meno il rispetto dell’altro e della sua storia. Valgono ancora i continui richiami del Presidente Napolitano per una politica che non veda nell’altro il nemico da abbattere, ma sia protesa alla costruzione del bene comune, all’interno di un contesto di reale “bipolarismo mite”.



L’aspetto più grave infatti del dibattito non sono state le urla, che possono anche essere indice di passione politica, quanto il fatto che per sostenere una posizione si arrivi ad attaccare la mia radice, la mia storia, ciò che ho di più caro, Comunione e Liberazione, movimento ecclesiale di educazione alla fede.

È infatti grazie alla propria storia e agli ideali che ciascuno vive che si possono costituire partiti e fare presenza politica. E la solidarietà che ho ricevuto da tantissimi colleghi è innanzitutto la stima nei confronti di una esperienza personale mia e di altri amici che in piena libertà e assumendosi la propria responsabilità continuano a vivere quella storia.



In secondo luogo il dibattito interno al Pdl. Le posizioni espresse in questi giorni risultano alla maggioranza degli italiani incomprensibili, più legate a personalismi che non a questioni di fondo. Tanto che si è partiti dalla volontà di costituire gruppi autonomi per arrivare alla richiesta di poter esprimere e difendere le proprie idee, cosa non solo legittima, ma scontata.

Incomprensibile anche perché il Governo è uscito rafforzato dall’ultima tornata elettorale nella sua leadership e nella sua alleanza. Ci aspettano quindi tre anni di governo nei quali procedere spediti verso la sfida del cambiamento e delle riforme. A partire da quelle già instradate, come il federalismo fiscale, il lavoro, la riforma dell’università.

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In terzo luogo il rapporto con la Lega. L’immagine che meglio sintetizza la forza di questo governo è l’abbraccio in piazza San Giovanni tra Berlusconi e Bossi. Non solo frutto di condivisione politica, ma anche di amicizia. Si è insieme per governare e l’alleato non è il tuo nemico, contribuisce con te all’attuazione del programma di governo. Il suo successo è anche il tuo. Il Pdl non può quindi tornare a essere un partito vecchio, un partito delle correnti che lo stesso Fini aveva definito come “metastasi della politica”.

 

Il Pdl è un partito dove si incontrano storie diverse, ma unite da un’unica concezione della persona, della libertà, della responsabilità, della sussidiarietà. La ricchezza delle storie è parte integrante della sfida per applicare concretamente e tradurre questi principi in atti di governo. E in nessun modo inficia la concezione di fondo e gli ideali del Partito.

 

Queste idee sono quelle che hanno caratterizzato l’attività del Governo Berlusconi e di cui gli anni di guida di Roberto Formigoni della regione Lombardia sono una traccia. Su questo saremo giudicati.