Il giorno della Direzione Nazionale è arrivato. Dopo una settimana di dichiarazioni, documenti pro o contro Gianfranco Fini e scontri in tv, il Popolo della Libertà si riunirà quest’oggi per prendere una decisione importante sul suo futuro.
Il Presidente della Camera, che aveva minacciato inizialmente gruppi autonomi in Parlamento, sembra deciso a portare avanti la critica al partito dall’interno, formando una vera e propria corrente. Si attende la contromossa di Silvio Berlusconi, che, come dice Antonio Polito a IlSussidiario.net, «potrebbe comunque far passare una brutta giornata all’ex leader di Alleanza Nazionale».

Che idea si è fatto di questa crisi del Pdl e cosa si aspetta dal vertice di oggi?



A mio parere, dopo il passo indietro di Fini la scissione è impossibile, mentre l’espulsione penso di poterla scartare. Si potrebbe andare verso una convivenza molto difficile che Berlusconi cercherà di scongiurare, anche se in realtà non ne ha i mezzi. Oggi potrebbe comunque far passare una brutta giornata all’ex leader di Alleanza Nazionale.

Cosa intende?



Ci sono molti modi per farlo, dalla platea potrebbero piovere fischi e provocazioni. Berlusconi non accetterà mai l’esistenza di una minoranza strutturata, cosa che renderebbe il suo partito troppo simile a quelli di tutto il mondo.

L’eventuale svolta correntista del Pdl sarà a suo avviso un passo in avanti verso la democratizzazione o verso l’implosione?

Dipende, se le correnti sono accettate e gradite possono dar vita a più democrazia, se non è così possono addirittura servire a stroncare il dibattito. Basta che ogni proposta di Fini venga messa ai voti per poterla bocciare. Non credo comunque a un Pdl più democratico, ma a una vita parlamentare più turbolenta sì, sui temi che stanno a cuore a Fini potrebbero esserci votazioni sorprendenti.

In base alle dichiarazioni degli ex An che idea si è fatto delle forze di cui Fini può disporre?



La corrente dovrebbe poter contare su 36 deputati e 14 senatori. Sarebbero stati molti meno nel caso di una scissione. Comunque non è poco, una trentina di deputati è decisiva alla Camera. Con questi numeri dichiarerei tramontata la possibilità di una riforma costituzionale “a spallate”, coltivata da Berlusconi e dalla Lega. Una grande riforma costituzionale portata avanti contro l’opposizione, la minoranza interna e il Presidente della Camera mi sembra impossibile.  

Da domani potrebbe mutare anche il rapporto tra Berlusconi e la Lega?

Non penso che cambierà di molto. In questi anni Berlusconi non ha mai frenato le pretese leghiste usando il dissenso di Fini come pretesto. Era un gioco che poteva fargli comodo, non l’ha mai fatto perché è un proto-leghista.

Davanti alla crisi del Pdl il Partito Democratico è sembrato incapace di approfittarne. Rutelli, già co-fondatore del Pd poi fuggito al centro, ha rivisto in Fini il suo stesso travaglio. I due principali partiti hanno delle difficoltà comuni?

Evidentemente non godono di buona salute, al di là dei risultati e della capacità di nascondere i problemi. Sono due contenitori di obiettivi politici personali e di nomenclature che non hanno eguali in Europa.
La differenza sta nel fatto che mentre nel Pd l’amalgama non è riuscita, come denunciava Rutelli, nel Pdl è riuscita fin troppo bene e ha portato il Popolo della Libertà all’attuale forma plebiscitaria.

Possiamo parlare di crisi strutturale del bipolarismo?

Guardi, il bipolarismo in Italia si regge solo sull’esistenza della figura di Berlusconi che da 15 anni aggrega accozzaglie bipolari in nome del berlusconismo o del suo opposto. Il sistema però è rimasto quello di una Repubblica di partiti: l’esistenza di ben cinque soggetti politici di peso alla fine prende sempre la sua rivincita. Questo schema ha già ampiamente dimostrato di non poter garantire un governo attivo.  

Da fondatore del Partito Democratico che svolta auspica per il Pd?

 

Fino a quando ci sarà Berlusconi il Partito Democratico continuerà a perdere le elezioni o a vincerle alleandosi con una marea di soggetti con cui poi è impossibile governare. O si inventa un sistema istituzionale ed elettorale diverso o non ha nessuna speranza in questo tipo di Seconda Repubblica.

Fini diventa, a questo punto, un alleato naturale per i Democratici?

Tutte le  forze che si oppongono alla monarchia berlusconiana sono dei compagni di strada, degli alleati, compreso Fini. Non voglio dire che l’ex leader di An farà la tessera del Pd o dovrà allearsi con la sinistra, perché non accadrà mai, ma immagino una convergenza di interessi. Bisogna riscrivere le regole e costruire uno scenario completamente diverso, questo può iniziare attraverso maggioranze spurie nell’immediato futuro.

Bersani è il segretario giusto per superare lo schema attuale?

Cerca di tenere in piedi la ditta, con un lavoro umile e onesto, la strada però è ancora lunga e non c’è ancora una strategia e un’idea programmatica. Il progetto di cui parlavo, poi, non è oggettivamente di facile realizzazione: Berlusconi ha la maggioranza e nessuna intenzione di modificare le regole del gioco.

Secondo lei Fini si aspettava un altro tipo di risposta dall’Udc e da tutti quei soggetti, come Montezemolo, che da mesi lavorano a scenari post-berlusconiani?

Probabilmente sì. Il dato politico è che tutte queste forze ora sono immobili. Fini però ha deciso di condurre la sua battaglia dall’interno e non può che cavarsela da solo. Chiunque volesse aiutarlo da fuori, tra l’altro, gli farebbe del male. L’aspetto più misterioso e intrigante di questa vicenda rimane però il silenzio di Casini.

Cosa vuole dire?

È praticamente sparito. Così facendo autorizza i sospetti di chi pensa che in realtà stia trattando il rientro a destra con Berlusconi.

(Carlo Melato)