La Direzione Nazionale del Popolo della Libertà di ieri ha fatto registrare un salto di qualità nel conflitto tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Lo scontro, senza esclusione di colpi e alla luce del sole, ha confermato ciò che da mesi filtra dalle voci di corridoio e sembra sancire la rottura, probabilmente definitiva, di un rapporto umano e politico.
Il documento conclusivo ha escluso la possibilità che si formino delle correnti, resta però difficile prevedere se si verificherà o meno una scissione. Maurizio Gasparri, ex colonnello di Alleanza Nazionale, oggi Presidente del gruppo Pdl al Senato, ne ha discusso con IlSussidiario.net.
L’appuntamento di ieri, già alla vigilia, aveva l’aspetto di una resa dei conti. Si aspettava però un epilogo di questo tipo?
Speravo in un confronto sereno, ma la tensione che si era accumulata in questi giorni con gli annunci di gruppi autonomi e scissioni su giornali non poteva che esplodere alla Direzione Nazionale. Tutti hanno notato una sproporzione, però, tra le richieste che Fini ha esposto pubblicamente, tra l’altro largamente accettabili, e ciò che invece aveva dichiarato nei colloqui riservati. E’ difficile infatti credere che si possa spaccare un partito perché si è discusso poco della riforma delle pensioni.
Quali previsioni si sente di fare a questo punto?
Ci sono gravi responsabilità di governo che incombono sul Pdl, spero che ne tengano conto tutti, anche se è difficile essere ottimisti. L’ipotesi di costituire gruppi autonomi sembra sia stata esclusa dagli stessi finiani, non resta che lavorare per migliorare il dialogo senza cristallizzarsi in correnti stabili.
Basterà?
Dipende da come si vuole stare nel partito, se si accetta il confronto o se si punta all’ostruzionismo. A volte mi sono trovato più vicino a Berlusconi, altre a Fini. Il confronto è importante, ma alla fine bisogna accettare la decisione della maggioranza. Per immaginarsi altri scenari servirebbero invece dei numeri diversi.
Si riferisce agli undici voti contrari al documento conclusivo?
Si può anche sostenere che alcuni parlamentari non fanno parte della Direzione, ma con 11 voti su 170 diventa difficile per la minoranza fare qualcosa di diverso. La stragrande maggioranza degli ex An non li segue: un conto è firmare la solidarietà a Fini, un altro è seguirlo in un gruppo. Il documento firmato da me, Alemanno, La Russa e Matteoli che invece conferma la validità del Pdl supererà le cento firme.
In questo momento la minoranza finiana mi sembra in pratica sopravvalutata e sovrarappresentata, basti pensare che all’ufficio di Presidenza gli ex An sono 9, di cui 4 della minoranza. E’ troppo, ma non ci appelleremo al Tar per questo.
Non sembrano esserci le forze quindi per un nuovo “Partito della Nazione”, anche se lo stesso Fini ha promesso a Bondi “scintille in Parlamento”…
Partiti nuovi ne possono nascere anche due al giorno, la cosa difficile è farli votare. In Parlamento invece bisognerebbe ricordarsi che siamo chiamati a rappresentare qualcuno, non a esercitare il nostro gusto personale in maniera bizzarra.
Spesso si dice che il Pdl non avrebbe nulla da invidiare in quanto a democrazia rispetto alla vecchia Alleanza Nazionale. Lei cosa ne dice?
Questo sarebbe ingeneroso. Non bisogna mitizzare il passato, ma nemmeno sostenere che non ci fosse democrazia in An. La lunga vita di un partito vede momenti di maggiore e minore confronto, questo vale sia per Alleanza Nazionale che per il Popolo della Libertà. Ironia della sorte, quando Fini decise di entrare nel Pdl non ci fu nessuna consultazione, per me non fu un problema perchè ero d’accordo, ma effettivamente nessuno mi chiese come la pensavo.
Come si spiega lo scollamento tra Fini e la sua Vecchia Guardia?
Ieri ho citato Galli della Loggia: Fini ha cambiato il suo pensiero di 180 gradi, entrando in conflitto con le sue vecchie idee e con il proprio elettorato. Chi cambia le sue opinioni per me non è un traditore, figuriamoci chi come noi è rimasto coerente.
Come si è spiegato questo suo mutamento?
Non me lo spiego, ne prendo atto. O ha sempre sostenuto idee in cui non credeva o la vita lo ha portato a cambiarle su molte cose. Lo stesso Bondi era comunista, oggi invece è coordinatore del Pdl, ma non penso che sia una colpa.
Tra Fini e Berlusconi più che di scollamento si può parlare di punto di non ritorno. Hanno contribuito secondo lei anche questioni personali?
Lo escludo, non si sfascia un partito per ragioni personali, c’è di mezzo il Paese, i problemi in questi casi sono sempre politici.
L’accusa, che circolava sugli ex An oggi più vicini a Berlusconi, di essere dei venduti l’ha offesa?
No, preferisco credere alle smentite piuttosto che a quello che, a quanto mi dicono, Fini direbbe di me, ma non mi piace lasciare questioni in sospeso. Ho precisato che persone comprate non ce ne sono, probabilmente ce ne sono di “regalate” alle idee sbagliate.
Che consiglio darebbe a Fini a questo punto?
Non do consigli che tanto non accetterebbe. Sa come la penso e sono intervenuto alla Direzione, anche se probabilmente non mi ha ascoltato.
(Carlo Melato)