“La prima riforma che arriva in Parlamento dopo le dichiarazioni del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è il Lodo Alfano costituzionalizzato. Ne prendiamo atto”.

Lo ha dichiarato Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato, commentando la notizia che a breve sarà presentato a Palazzo Madama un disegno di legge costituzionale che introdurrà uno scudo giudiziario per il premier, il presidente della Repubblica e i ministri. Un commento a margine della conferenza stampa sulla riforma della professione forense.



Per Finocchiaro questa è “la cartina di tornasole per valutare l’attendibilità del premier” sulle riforme. “Non abbiamo pregiudizi – ha precisato -, giudichiamo momento per momento, ma il primo momento è’ negativo”.

La capogruppo del Pd al Senato ha sottolineato inoltre, quando le è stato fatto notare che il testo non è ancora stato presentato perché’ manca l’accordo con la Lega nord, che “nella maggioranza c’è un gioco al rialzo e che la pace imposta da Berlusconi sarà contrassegnata da questo. La Lega mostra la volontà di alzare il prezzo, nelle coalizioni funziona così”. Insomma il potere del capo del governo non è più monolitico e dopo il gesto di Gianfranco Fini ora ciascun alleato si sente in diritto di alzare il dito per chiedere”. Uno scenario che secondo Finocchiaro potrebbe realizzarsi anche sulle intercettazioni: “E’ possibile ma non e’ automatico, si tratta di processi complessi”.



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Il Pd chiede che la riforma della professione di avvocato torni all’esame della commissione dal momento che il dibattito in aula ha messo in luce due visioni opposte dell’ordinamento forense. E’ stata la presidente dei senatori Pd, Anna Finocchiaro, a formulare la richiesta in aula e a spiegare, in una successiva conferenza stampa, il senso delle proposte emendative messe a punto dal suo gruppo.

“’E questa – ha spiegato la presidente dei senatori del Pd – è una conferenza del gruppo e non di Anna Finocchiaro. Si torni a discutere della riforma della professione forense in commissione perché l’esame d’aula ha messo in luce l’esistenza di due visioni opposte dell’ordinamento forense, come si ricava dalla valanga di 730 emendamenti, con votazioni, come si è visto, che possono essere anche del tutto casuali, con il risultato che alla fine potrebbe uscire un obbrobrio nel quale nessuno di noi si riconoscerà”’.



Incontrando i giornalisti nella sala del direttivo del gruppo, Finocchiaro ha enumerato i punti qualificanti dell’attività emendativa del Pd: estendere le norme sulla maternità e sulla paternità alla professione forense; superare la riserva di esclusiva degli avvocati professionisti, riconoscendo per esempio a un giovane brillante la possibilità di attività extragiudiziale anche senza l’iscrizione all’albo; l’abolizione delle tariffe minime, per consentire ai giovani di giocare sulla competizione. Il Pd chiede inoltre al governo la soppressione della norma che vieta di svolgere contemporaneamente il tirocinio in uno studio legale e un impiego pubblico o privato.

A giudizio del Pd, rimarca Anna Finocchiaro, si tratta di riconoscere ai giovani tirocinanti le stesse prerogative riconosciute per esempio ai medici, per i quali si considera la frequentazione in corsia, durante l’ultimo anno di università, alla stregua del tirocinio.

 

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Si tratta inoltre, aggiunge Finocchiaro, “di combinare insieme la selezione rigorosa all’accesso e il riconoscimento del merito e del talento. Un obiettivo che il Pd suggerisce di cogliere, con un emendamento, attraverso due prove scritte: una relazione su un atto giudiziario e un parere su una sentenza”.

“Si tratta di norme – spiega ancora Finocchiaro – esclusivamente votate a favorire il merito e a promuovere la selezione e la formazione dei giovani che vogliono intraprendere l’attività di avvocato. Da un lato, insomma, c’è il testo del governo, preoccupato di tenere chiuso il recinto; dall’altro le nostre proposte che tendono ad aprire l’attività, offrendo a tutti le stesse tutele ma, soprattutto, le stesse chance”.

Alle opposizioni che ieri hanno criticato le proposte del Pd, Finocchiaro ha replicato dicendo di preferire “un ragazzo che si forma facendo tirocinio davvero a un ragazzo costretto invece a fare fotocopie”.

Ai cronisti che hanno domandato se sia possibile tornare alla filosofia dei decreti Bersani e prevedere, in via breve, l’abolizione dell’ordine degli avvocati, Finocchiaro ha risposto di non aver mai demonizzato gli ordini professionali, ma di credere piuttosto che una serie di problemi possano essere meglio affrontati e risolti nelle università, tornando a una selezione e a una formazione più severa negli studi.

 

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“Non vogliamo nasconderci dietro a un dito – ha aggiunto Anna Finocchiaro -. Qui si stanno scontrando due visioni opposte dell’ordinamento forense, stante la necessità di riformarlo visto che la regolazione risale a 70 anni fa. Da una parte c’è l’idea che occorra conservare e presidiare l’esistente, intendendo la modernità solo come spostamento di poteri di organizzazione pubblica nelle mani del Consiglio nazionale forense, cioè del sistema o della casta o corporazione che dir si voglia. Dall’altra parte chi pensa che la regolazione delle professioni, la libertà di libera concorrenza, la promozione delle nuove generazioni possano essere quegli elementi di modernizzazione che possono consentire anche sotto questo profilo al nostro Paese di competere”.

“Questo naturalmente matura un giudizio politico sulla maggioranza e sulla sua volontà di conservazione – continua la presidente dei senatori del Pd -. Altro che modernizzazione, e per di più in uno dei settori più importanti della vita del Paese. Mentre le opposizioni vogliono consegnare all’Italia un sistema professionale, oggi con gli avvocati domani con i commercialisti, i farmacisti, i notai, che sia non solo aderente a quello che avviene nel panorama europeo, ma anche tale da smontare il potere della successione ereditaria e delle corporazioni, per consegnare nelle mani delle giovani generazioni gli strumenti per la loro crescita e per la crescita del Paese”.

“Il punto è questo – ha rivendicato Finocchiaro – ed è un punto di principio e politico sul quale siamo secondo noi chiamati anche a tornare in commissione”.

 

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