Il quadro politico è in costante movimento. Nel centrodestra si trascina lo scontro tra Berlusconi e Fini, al centro l’Udc lavora per creare un nuovo e più ampio “Partito della Nazione”. A sinistra invece, a pochi giorni dal “ritorno” di Veltroni, Carlo De Benedetti demolisce la dirigenza Pd e concede addirittura l’onore delle armi a Silvio Berlusconi.
Peppino Caldarola rimette in ordine la scacchiera della politica italiana e guarda ai possibili scenari futuri, discutendone con IlSussidiario.net.
Come va letto l’attacco dell’ingegner De Benedetti, editore di Repubblica e L’Espresso, a Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema. Si è parlato di “impeachment” nei confronti del segretario del Pd. L’Ingegnere sta tirando forse la volata a Veltroni?
A mio parere, sono dichiarazioni che sanciscono un vero e proprio divorzio tra il Gruppo Repubblica e il Partito Democratico.
Carlo De Benedetti, che aveva rivendicato per sé la tessera numero uno del Pd, non crede più nel progetto. I dirigenti, a suo dire post-comunisti privi di fantasia e iniziativa, avrebbero ormai “ammazzato il partito”.
Non ridurrei però questa mossa alle logiche dello scontro interno al Pd. Che gli sia sempre piaciuto Veltroni è un dato di fatto, ma l’Ingegnere che esce dal libro di Paolo Guzzanti è ormai disincantato. Non tifa più per uno o per l’altro, mette una pietra pesante sopra al Pd e si lascia ampi margini di manovra.
In che senso?
I suoi apprezzamenti nei confronti di Berlusconi, a cui riconosce la categoria del combattente, magari un po’ bugiardo, ma certamente non manigoldo, sono suggestivi e fanno capire che ora ha le mani libere.
Riscrivendo la storia recente della battaglia politica italiana, in pratica, abbandona vecchi amici e cerca un “appeasement” con l’antico nemico.
Potrebbe essere la fine di una guerra, al di là dello scontro politico. Repubblica infatti non cambierà linea, rimarrà il giornale anti-berlusconiano per eccellenza.
Facciamo un passo indietro. A Cortona, pochi giorni fa, Veltroni torna a sfidare Bersani e, spronato dall’esempio di David Cameron, rilancia il suo antico progetto…
Dopo una fase di relativa tranquillità si rinnova lo scontro tra minoranza e maggioranza Pd, nel solco dell’eterna battaglia Veltroni-D’Alema.
La minoranza è molto composita, come si visto, e ha al suo interno chi come Fioroni e Franceschini non esclude l’ipotesi di una scissione. Veltroni invece lo ha fatto e si è proposto come leader del partito e di tutta la coalizione, aprendo per questo motivo un fuoco polemico sulle primarie.
Lo scontro verterà su questo tema?
Sì, ma più in generale è una battaglia tra due visioni. Bersani ha in mente un lento lavoro di costruzione delle alleanze e sembra pronto a un passo indietro in funzione di un cosiddetto “Papa straniero”, un leader più funzionale al progetto, scelto dalle forze in gioco. Per intenderci più Casini che Nichi Vendola, l’esempio classico di un politico che può stravincere le primarie, ma che poi può avere, magari al Nord, qualche problema a livello elettorale.
E nella logica di Veltroni invece?
Per Veltroni le primarie e il bipolarismo sono il cuore del progetto politico di un partito a vocazione maggioritaria e all’americana. Probabilmente sospetta che la maggioranza dalemiana sia tentata dall’idea di abbandonare il bipolarismo per un modello alla tedesca (vedasi il dibattito sul rapporto tra il Pd e Fini) e vuole riaffermare il suo progetto.
La battaglia di minoranza dell’ex sindaco di Roma presenta molti punti in comune con quella di Gianfranco Fini nel Pdl…
Ci sono delle affinità, anche Fini però non sembra innamorato del bipolarismo. Avrebbe bisogno di un sistema politico più articolato. Un proporzionale nel quale una nuova destra costruita a sua immagine possa giocare in solitaria.
Quali sono gli scenari più probabili per questa nuova destra: la minoranza organizzata nel Pdl, la scissione o addirittura il cambio di campo in direzione del “Partito della Nazione” di Casini?
L’ipotesi di un cambio di campo non mi sembra percorribile. Le prospettive di Fini sono quelle di un nuovo soggetto, a destra. La coabitazione all’interno del Popolo della Libertà durerà il più possibile fino a una scissione, sulla strada delle destre evolute europee.
Una coabitazione ancora molto difficile dopo il rifiuto del Presidente della Camera di ricevere l’ambasciatore berlusconiano Verdini.
Fini non vuole trattare con i comprimari, vuole discutere con il cofondatore. Il fatto di essere derubricato a problema interno da affidare a un plenipotenziario lo infastidisce e contraddice la sua vocazione di nuova ipotesi del centrodestra. Un conto sono le trattative riservate, un altro è questo tipo di diplomazia aperta del premier, destinata a fallire anche in futuro.
Alla Direzione l’ex leader di An voleva che fosse accettato lo statuto della minoranza, così non è stato. È uno scontro destinato a proseguire, ma il governo corre altri pericoli.
A cosa si riferisce?
Le voci che si rincorrono ci dicono che per il governo non è poi così lontano il giorno di una crisi verticale per via delle indagini della magistratura a carico di alcuni ministri. Se fosse davvero così si aprirebbe la strada a due prospettive: un governo tecnico di decantazione (solo con il consenso di Berlusconi, dato che Napolitano non darà mai il via libera a un governo accusato di tradire la volontà degli italiani) o il voto. In questa seconda ipotesi il Cavaliere avrebbe il vantaggio di affrontare una minoranza, come abbiamo visto ieri nella lite Bersani-Di Pietro, del tutto impreparata.
La maggioranza sembra esposta su più fronti, qualcuno parla addirittura di un premier che deve guardarsi sia da Fini che da Tremonti…
Il ministro dell’Economia non sembra l’uomo del lavorio contro il Cavaliere. Si sta invece costruendo un’immagine da uomo di Stato e da tutore dei conti pubblici che lo sta portando a essere in prima fila nella successione a Berlusconi.
Se le cose dovessero precipitare sarebbe l’unico in grado di guidare un governo tecnico. La sua politica di rigore ha ottenuto plausi sia a destra che a sinistra e quasi tutti gli riconoscono il merito di averci evitato una crisi “alla greca”. Stiamo assistendo alla nascita di una leadership, anche se manca ancora di una certa affabilità personale, nascosta dal suo carattere ruvido…
Da ultimo, si è parlato anche di un possibile appello di Berlusconi da indirizzare ai centristi che si riuniranno a Todi settimana prossima per costruire un nuovo soggetto politico. Potrebbe essere una mossa azzeccata per resistere ai numerosi attacchi a cui la maggioranza è sottoposta?
È una carta che Berlusconi potrebbe tentare, ma che, a mio avviso, l’Udc rifiuterà. Potrà partecipare ad alcune scelte del governo, ma se il quadro non muta i centristi continueranno a tenere la barra al centro per non perdere la loro posizione di terzietà, augurandosi nel frattempo la crisi del centrodestra e del centrosinistra.
(Carlo Melato)