«Questa non è una manovra qualsiasi» ha confidato alle Regioni il ministro Tremonti durante l’incontro di ieri con il Governo, sottolineando l’esigenza di uno sforzo comune per rispondere alla crisi economica. Come si legge da giorni, sono previsti tagli agli stipendi dei dipendenti pubblici, un giro di vite nella lotta all’evasione fiscale, una stretta sulle pensioni di invalidità, sulle spese della sanità e delle Regioni stesse.
«Certo, non piace  a nessuno annunciare tagli e contenimenti di stipendio – dice Maurizio Belpietro a IlSussidiario.net -. Il Cavaliere non sarà certo contento di farlo, ma non si tirerà indietro. Un governo responsabile ha il dovere di dire alla gente qual è la reale situazione e cosa stiamo rischiando».

La trattativa per definire la manovra, da quanto si legge, sarebbe stata tesa e difficile. Le dimissioni del ministro del Tesoro sarebbero state più volte messe sul tavolo. Si è consumato un vero e proprio scontro tra Berlusconi e Tremonti?



Non so se sia corretto parlare di scontro, certamente la volontà di Berlusconi di fare di più, di non chiedere sacrifici agli italiani si è dovuta confrontare con la razionalità di Tremonti, preoccupato di far tornare i conti in un momento difficilissimo. Nella situazione in cui siamo, un’azione decisa del governo sul piano della razionalizzazione delle spese e della riduzione degli sprechi non è più rimandabile.

Nei suoi editoriali ha spronato il Governo a tagliare senza risparmiare enti inutili e sanità. Bisogna evitare, diceva, finte manovrine da Prima Repubblica…



Mi riferivo a quei provvedimenti a cui ci siamo abituati per anni, che non hanno mai colpito le sacche di rendita e di spreco e che ci hanno portato pian piano verso quel debito pubblico che ci ritroviamo sulle spalle oggi. Non si può più far finta di risolvere il problema così.

Lei da cosa partirebbe?

Ho citato fonti autorevoli e imparziali come i dati di Luca Ricolfi secondo cui si possono risparmiare 6,5 miliardi di euro solo sul piano della sanità. Aggiungerei gli 8 miliardi recuperabili mettendo la parola fine al vizio italiano dei finti invalidi. In alcune regioni è uno stratagemma per distribuire sussidi e stipendi a persone che non lavorano. Non è accettabile visto che, tra l’altro, molti posti di lavoro vengono addirittura rifiutati.

Passando all’abolizione delle province: è un tema che Fini ha usato nel famoso scontro con Berlusconi alla Direzione Nazionale Pdl. Esiste un veto leghista in questa direzione? 



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Probabilmente sì, per il timore che una misura di questo tipo limiti l’autonomia del potere locale. Bisogna però anche dire che con il taglio delle sole province non si risparmia granché, perché parte delle risorse recuperate va poi ridistribuita ai Comuni. Rimango comunque dell’idea che qualunque cosa si possa fare è bene che venga fatta e su questo la maggioranza può trovare un’intesa.

In molti sostengono che il federalismo, pur assicurando innegabili vantaggi nel lungo periodo, non è da attuare in questa fase. Preoccupazione legittima o estremo tentativo di affossare tutto?

Il federalismo fiscale, senza alcun dubbio, va attuato al più presto e fino in fondo. Una parte di trasferimenti continuerà come prima, per la restante gli enti locali dovranno badare alle proprie risorse e avranno tutti gli strumenti per raccoglierle partecipando, ad esempio, alla lotta all’evasione fiscale. Questo è un altro di quei temi di cui si parla da trent’anni, finalmente però si è capito che per i comuni è più facile individuare chi dichiara un reddito basso e poi acquista ville e macchinoni. Chi si oppone vuol bloccare tutto.

Anche nel centrodestra?

L’idea dello stato centralista che controlla tutto è ancora viva e contraddistingue buona parte di coloro che vengono dalla Prima Repubblica. Lo stesso Fini probabilmente è figlio di questa visione.

Quante possibilità ci sono che in occasione della manovra il Parlamento trovi per un attimo quell’unità e quella condivisione tanto sperata da Napolitano?

È una speranza che è legittimo coltivare, ma che purtroppo rischia di rimanere delusa. Basta leggere le dichiarazioni di questi giorni per farsi un’idea.

Passiamo all’altro scoglio che la maggioranza dovrà superare, quella legge sulle intercettazioni che sta sollevando un vespaio di polemiche…

Il dibattito di cui lei parla vede da un lato chi difende le intercettazioni perché le ha sempre usate e vuole continuare a usarle come strumento di lotta politica. Dall’altro c’è chi vuole fermare la diffusione indiscriminata delle comunicazioni tra le persone e che non ne può più di processi consumati a mezzo stampa.
In tutti questi anni la stragrande maggioranza delle intercettazioni pubblicate non era determinante ai fini giuridici:  questo dovrebbe far riflettere.

Ma secondo lei, per come si sta delineando, è una buona legge?

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No, non lo è perché scarica il problema sulle spalle dei giornalisti. La responsabilità della diffusione di materiale riservato riguarda però solo chi si è prestato a questo gioco e ricade su quei magistrati che dispongono intercettazioni e le infilano nei fascicoli anche quando sanno che sono assolutamente inutili.

Anche nel mondo del giornalismo secondo lei servirebbe un’assunzione di responsabilità?

Certo, con la consapevolezza che l’uso della giustizia per condurre battaglie politiche non ha portato a buoni risultati, ma solo a disastri. Non vedo però la voglia e il coraggio di riconoscere i propri errori, solo tanta ipocrisia.

Qualche giornale ha annunciato disobbedienza civile nei confronti di questo provvedimento…

Voglio proprio vedere cosa succederà quando le sanzioni ripeto, secondo me sbagliate, arriveranno. Chissà che faccia faranno gli editori…

Alla luce di questi due passaggi delicati e a poche settimane dalle dimissioni di Scajola e dello scontro Berlusconi-Fini, qual è lo stato di salute della maggioranza?

Non si può certo dire che sia ottimo, queste tensioni limitano necessariamente l’azione del governo. Chi però si aspetta un crollo della maggioranza o spera nel voto anticipato si sbaglia. Questo governo arriverà alla fine della legislatura.

(Carlo Melato)