La manovra economica del governo è a rischio di incostituzionalità, sostiene il governatore lombardo Roberto Formigoni. «È un’ipotesi che potrebbe trovare un suo fondamento», sostiene il professor Beniamino Caravita di Toritto, docente ordinario di diritto pubblico all’università La Sapienza di Roma e tra i maggiori costituzionalisti italiani. Sono tre i punti che l’avvocato Caravita sottolinea.



«Il primo è la drammaticità della situazione: una crisi allo stesso tempo economica, finanziaria e istituzionale che coinvolge l’intera architettura europea. Da un lato gli interventi dei singoli stati sono necessari, dall’altro però si rivelano insufficienti nell’ambito di un più vasto coordinamento europeo», dice il professore, che è consulente legislativo di alcune regioni tra cui la stessa Lombardia.



Il secondo aspetto è «l’enorme difficoltà di far funzionare il sistema istituzionale italiano se non si coinvolge nel processo decisionale il sistema delle autonomie regionali e locali». Gli enti periferici rappresentano il 30-40 per cento della spesa pubblica e non è pensabile, è il pensiero di Caravita, che subiscano tagli consistenti senza essere consultati. «Bisogna istituzionalizzare con rapidità un tavolo di confronto soprattutto con le regioni, dando corpo a un meccanismo permanente di consultazione».

 

Non è sufficiente un organismo come la conferenza Stato-regioni? «È uno strumento ormai datato – risponde il professore -, risale al 1998, prima che fosse approvata la riforma del Titolo V della Costituzione, ed è superato dalla normativa e dalla giurisprudenza costituzionale».



 

Ed ecco la questione-chiave, quella sollevata da Formigoni. Caravita non dice che la manovra è palesemente incostituzionale, tuttavia non può nemmeno escluderlo in partenza. Il punto chiave è il rispetto dell’articolo 119 della Costituzione, quello che assegna «autonomia finanziaria di entrata e di spesa» a comuni, province, regioni e città metropolitane.

 

«Bisogna rispettare il principio della congruenza tra risorse e funzioni – spiega Caravita -. Se i tagli ai trasferimenti impedissero agli enti locali di attuare le funzioni assegnate dai decreti Bassanini, ciò potrebbe mettere a repentaglio l’attuazione dell’autonomia fissata dal 119. Per ora è un timore, un’ipotesi negativa».

  

È a rischio anche l’attuazione del federalismo fiscale? «Difficile fare previsioni in questo momento. Si tratta di capire qual è la proporzione tra i sacrifici chiesti alle regioni e i tagli alla spesa pubblica complessiva, e questo dato richiede una valutazione approfondita. Ribadisco tuttavia che, a mio giudizio, una manovra di tale portata avrebbe richiesto di coinvolgere maggiormente già nella fase di elaborazione le realtà locali su cui si concentra la gran parte dei sacrifici».