«L’alternativa alla manovra è il collasso», ha detto ieri il ministro Giulio Tremonti ai rappresentanti delle regioni. Non ci sono alternative sugli importi, sulle risorse e sulla distribuzione dei tagli; è impossibile alleggerire il peso dei sacrifici a carico delle regioni se non coinvolgendo anche quelle a statuto speciale e lavorando sulla proporzionalità dei tagli.



Il giudizio dei governatori al termine dell’incontro è stato durissimo: «Non abbiamo incontrato nessuna apertura nel governo, di fatto il federalismo fiscale viene messo in condizione di non praticabilità», ha detto il presidente della regione Emilia Romagna, Vasco Errani (Pd). È davvero così? La manovra affossa veramente il nascente federalismo fiscale? «Assolutamente no, anzi essa ne accelera l’attuazione», risponde il professor Luca Antonini, presidente della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale.



«Le correzioni alla manovra ipotizzate dal governo e presentate alle regioni permettono di tagliare non i servizi, ma gli sprechi. E premiando le regioni virtuose, costituiscono un anticipo e non una negazione del federalismo fiscale».

Il problema, spiega Antonini, è la distribuzione dei tagli, non la quantità: «Siccome secondo Luca Ricolfi le regioni buttano decine di miliardi di euro in sprechi, e questo dato ha una buona attendibilità, una riduzione dei trasferimenti pari a quattro miliardi non è tantissimo. L’importante è che non si penalizzino le regioni virtuose, ed è l’ipotesi su cui il governo è impegnato. Chi ha già provveduto ad auto-ridurre le spese sarà premiato, chi spreca avrà un segnale che non può più andare avanti così».



 

Il governo starebbe lavorando per mettere a punto un sistema di sacrifici che non sarebbero più direttamente proporzionali al bilancio, ma relativi ad alcuni «indici di virtuosità». «Per esempio – chiarisce il professor Antonini – il rapporto tra spesa per il personale e spesa corrente. Chi ha tagliato il personale in eccesso o ha rispettato il patto sulla salute sarà premiato, cioè subirà tagli meno pesanti; chi invece ha fatto assunzioni pletoriche o presenta una sovraspesa sanitaria sarà punito».

Come mai allora il governatore Errani parla di fine del federalismo fiscale? Risponde Antonini: «È una posizione ideologica. La manovra non affossa, ma accelera la realizzazione di tale riforma. Infatti, il criterio di ripartizione dei tagli, necessari perché imposti dalla situazione europea, seguirà il criterio di virtuosità e non sarà più proporzionale come in passato, quando si faceva di ogni erba un fascio. Ora si va a guardare analiticamente nelle singole situazioni locali e si vedrà chi spreca e chi è virtuoso.

E questa è esattamente la logica del federalismo fiscale, che dunque subirà una spinta e non un freno. Per esempio, andiamo a vedere qual è la spesa pro-capite per il personale regionale, cioè quanto sborsa ogni cittadino per gli stipendi dei dipendenti della sua regione; mettiamo a confronto il valore di questo rapporto in Lombardia e in Puglia, e capiremo subito chi spreca e chi no. Altro che la morte del federalismo fiscale, come sostiene Errani: questa manovra ne è una chiara anticipazione».