«Sono convinto che sulle intercettazioni serva una legge molto dura, che impedisca la violazione della privacy e garantisca la libertà di tutti. È una questione di civiltà». A dirlo, discutendo questo delicato tema con IlSussidiario.net, non è un opinionista dell’area di centrodestra, ma Piero Sansonetti, già direttore di Liberazione, oggi alla guida de Gli Altri.
«Una legge che non limiti in alcun modo la libertà del giornalismo, la libertà di fare inchiesta, di scoprire, non quella di trascrivere le veline passate dai giudici e dagli avvocati. Questo non è giornalismo, è il contrario di tutto ciò che ho imparato in questi 35 anni».
Cosa intende?
Non dimentichiamoci che quando non venivano passate le intercettazioni ai giornali il giornalismo giudiziario esisteva lo stesso. Un giornale come Repubblica, oggi alla guida della campagna contro questa legge, aveva in redazione grandissimi cronisti che oggi purtroppo nessuno ricorda, come Franco Coppola o Franco Scottoni. Indagavano, trovavano le fonti e le verificavano. Oggi invece molto spesso non si verifica un bel niente e si pubblicano falsità incorreggibili.
Perché incorreggibili?
Per il semplice fatto che quando una persona viene diffamata e distrutta nella sua reputazione non si può più rimediare, la sua credibilità pubblica o privata è compromessa. Il fatto che l’intera corporazione dei giornalisti si sia sollevata contro questa legge civile mi sembra davvero il segno della crisi profondissima che sta attraversando questo mestiere.
Il giornalismo rischia di diventare strumento di altri poteri?
In un certo senso sì. Il fatto che altri poteri cerchino di indirizzare e dare le soffiate è da sempre nelle regole del gioco. Il problema è cosa fa subito dopo il giornalista, se seleziona, verifica e cerca la verità rispettando le persone chiamate in causa, o se le considera solo un oggetto del proprio lavoro.
In un suo vecchio articolo lei cita alcuni casi trasversali, alcune “vittime” di questo cattivo giornalismo: lo scandalo contro l’innocente Ottaviano Del Turco, Fassino e D’Alema “spiati” nella scalata a Bnl e lo stesso premier attaccato da Repubblica con una campagna costruita sulle dichiarazioni del pentito Spatuzza…
Sono tre casi emblematici, anche se ce ne sono molti altri. Certo, riguardo a Del Turco le responsabilità maggiori le ha la magistratura che ha arrestato un presidente di regione e lo ha mandato in carcere per alcuni mesi senza motivo. E i giornali sono andati a ruota.
Fassino e D’Alema, invece, sono stati eliminati dalla corsa alla direzione del Pd, direi che non è poco. Riguardo a Spatuzza: siamo davanti a un caso di dilettantismo che ha solo fatto del male alla lotta contro la mafia. Raccontando delle balle, d’altra parte, si fa un pessimo servizio a quelli a cui si vorrebbe magari fare un piacere. E così, come si iniziava a vedere durante Tangentopoli, i giornalisti diventano sempre più dei passacarte.
Paolo Franchi, su IlSussidiario.net, ha espresso un certo disorientamento nel veder diffondersi l’idea secondo la quale i cittadini onesti non dovrebbero avere niente in contrario nel farsi intercettare…
Guardi, essendo di sinistra per me è già atroce l’idea di dividere la società in cittadini “onesti” e “disonesti”. Mi sembra figlia di una visione manichea e, diciamolo, reazionaria della società. Partendo da lì si arriva poi alla caccia alle streghe e ai linciaggi.
Secondo lei opporsi a un’eccessiva intrusione dello Stato nella vita privata è una battaglia di sinistra?
Certo! Eugenio Scalfari nel 1967 realizzava uno dei suoi più grandi scoop denunciando alcuni carabinieri che avevano pedinato migliaia di politici ed erano pronti a ricattarli. Oggi la sinistra va in piazza con striscioni del tipo: “giù le mani dalle intercettazioni”. È un po’ un mondo alla rovescia… quantomeno è una parabola preoccupante.
La politica adesso definirà i contenuti di questa legge e non sarà certo immune dalle critiche. Su questo tema secondo lei era lecito aspettarsi un minimo di autocritica anche da parte della magistratura?
Secondo me sì. È giusto che i magistrati vogliano trovare i colpevoli, ma devono capire che quella non è l’unica missione dello Stato. Deve rimanere anche lo spazio per la libertà, per il diritto a non essere accusati ingiustamente, e per il diritto a non essere accusati giustamente.
Si spieghi meglio.
Non mi sembra un’aberrazione affermare che se uno è colpevole ma non ci sono le prove non deve andare in galera. Quello che voglio dire è che il giustizialismo non può mettere in subordine tutti gli altri scopi e tutti gli altri valori. Se così accade ci attende una società fondamentalista e totalitaria. Non c’è il rischio, al di là di quello che pensa qualcuno, di un fascismo nei modi in cui lo abbiamo già conosciuto, ma di una deriva di questo tipo sì. La sinistra però rimane fermamente convinta che il problema vitale in questo momento siano le intercettazioni.
E quale sarebbe allora la battaglia che la sinistra farebbe bene a portare avanti?
Ad esempio quella in difesa dell’articolo 41 della Costituzione, un punto su cui a mio parere destra e sinistra dovrebbero avere posizioni opposte. Se il capo della sinistra è De Benedetti però è difficile che questo accada.
Da ultimo, un pensiero sul centrodestra. Cosa pensa delle dichiarazioni di Berlusconi secondo cui la sovranità sarebbe passata dalla politica ai pm. Citando Mussolini all’Ocse il premier aveva già lamentato scarso potere. Come legge questi segnali?
Secondo me Berlusconi parla dei magistrati, di Fini e di chi lo limita alla luce del sole nei suoi poteri, ma si riferisce in realtà a qualcosa di diverso. Ai grandi poteri economici italiani e a quelli internazionali. Il Presidente del Consiglio forse si sta rendendo conto che c’è una rete di potere reale che va oltre il suo potere politico. L’Europa, d’altra parte, sta cambiando la legge sulle pensioni e il Governo sembra non poter fare nulla. Faremmo bene a rifletterci attentamente.
(Carlo Melato)