Le dimissioni del sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino, a breve distanza dai casi Scajola e Brancher, interrogano la maggioranza, secondo molti commentatori al centro di una vera e propria “questione morale”. Nelle fila dell’opposizione, intanto, si inizia a parlare di “fine del berlusconismo” e di “larghe intese” che comprendano o meno il premier. «Che un certo logoramento di Berlusconi – dice Massimo Franco a IlSussidiario.net – sia in atto da tempo non è una novità. Parlare di tramonto del berlusconismo è però prematuro. L’opposizione è ancora estremamente debole e poco strutturata, mentre all’interno del centrodestra non si è ancora visto un possibile successore».
Ancora una volta il premier sembra costretto a cedere alle richieste di Fini. Queste dimissioni rappresentano l’ennesima vittoria per l’ex leader di An o ne limitano gli argomenti per continuare la sua costante polemica di logoramento?
Credo che dal modo con cui Berlusconi reagisce a Fini non emerga tanto la forza del leader della minoranza del Pdl, ma l’esigenza di ascoltare, anche se di riflesso, le indicazioni del Quirinale. Il peso di Fini in questo momento deriva più dalla carica di Presidente della Camera che dal fatto di guidare l’opposizione interna. Il rapporto tra i due leader, comunque, sembra avere una conclusione piuttosto obbligata.
Quale?
Il divorzio. Resta da capire quali siano i tempi e i modi per realizzarlo, ma, mentalmente, è già avvenuto.
Fini non sembra però l’unico problema di Berlusconi: si registra un certo nervosismo anche nella componente azzurra del Pdl e nella Lega, lo stesso Tremonti è rimasto poi stranamente defilato, dopo le dimissioni di un suo sottosegretario…
Credo che Berlusconi non sia così isolato come sembra. La Lega ha ancora bisogno di lui per ottenere il federalismo. Qualche difficoltà con Tremonti e le sue posizioni rigoriste si è potuta registrare, ma è lo stesso Presidente del Consiglio a non poter fare a meno del ministro, unico vero garante agli occhi dell’Europa.
Questa manovra ha aperto però un altro fronte, quello con i governatori della stessa maggioranza…
Certo, è una tensione in più, ma non mi sembra possa portare ad altre rotture. Formigoni si sente accerchiato dalla Lega e da Tremonti e pone un problema serio, come del resto ha fatto in questi giorni il ministro Galan.
Il Pdl ha fissato per agosto un nuovo appuntamento interno per rilanciare la propria azione. Cosa potrà accadere in quell’occasione?
Difficile dirlo. L’unica cosa che viene ulteriormente certificata è la crisi del partito. Berlusconi sta cercando in qualche modo di rimediare, di ristrutturare, ma la situazione sembra essergli sfuggita di mano. Se rimettere a posto le cose fosse facile, il Pdl avrebbe già scelto un coordinatore unico.
L’ipotesi di un voto anticipato con cui il premier potrebbe essere tentato di risolvere tutti i suoi problemi rimane valida?
Nel breve periodo la escluderei. Da qui a un anno, però, dipenderà molto dall’economia. La situazione potrebbe anche precipitare, al di là della volontà dei soggetti in campo.
Tornando all’attualità, gli appelli del premier contro questo nuovo “clima giacobino” fanno intendere che siamo alla vigilia di una nuova tangentopoli? La politica dovrebbe interrogarsi maggiormente su questa nuova “questione morale”?
Per ora non ci sono indizi coerenti, diciamo che la situazione non sembra comunque “mordere” più di tanto il governo. Le avvisaglie di questa ipotetica emergenza si erano viste prima delle elezioni regionali, che il centrodestra vinse poi ugualmente. Certamente ci sono dei fenomeni preoccupanti, ma aspetterei a parlare di “Tangentopoli II”. La vera Tangentopoli, tra l’altro, fu all’origine del berlusconismo, una rivoluzione moderata e ambigua allo stesso tempo.
Incoraggiati dalle difficoltà della maggioranza Casini e D’Alema in questi giorni hanno chiesto al governo di ammettere la propria impotenza e di aprire una nuova stagione di “larghe intese”. Per il capo dei centristi la leadership potrebbe rimanere allo stesso Berlusconi…
Nessuna delle due proposte è comunque credibile. Il centrodestra dovrebbe infatti appoggiare un epilogo completamente a suo svantaggio. Berlusconi al governo con tutti sarebbe poi l’assoluta contraddizione di tutto ciò che è stato in questi anni: l’uomo del maggioritario. Sarebbe la fine di Berlusconi e del bipolarismo. D’altronde l’opposizione non può che augurarsi che succeda qualcosa all’interno del centrodestra e sta giocando di rimessa.
Da ultimo, ieri sera Umberto Bossi ha dichiarato: «Berlusconi se la caverà, si alzerà una mattina e scoprirà di avere la spada affilata e la utilizzerà per fare la guerra». Cosa significano queste parole secondo lei?
Solitamente Bossi non parla senza motivo. L’altro giorno ha finto di smentire una dichiarazione facendo intendere che Cosentino se ne sarebbe poi effettivamente andato. Probabilmente Berlusconi ha in mente un piano, ma non può ancora dichiararlo. Non mi stupirei se nel mirino ci fosse Fini.