In uno dei momenti più delicati per la maggioranza, alle prese con una manovra di grandi sacrifici, pressata dalle inchieste giudiziarie e destabilizzata dalle divisioni interne, il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini ha voluto lanciare un appello: le forze responsabili formino un governo di larghe intese guidato da Berlusconi e conducano il Paese fuori da quest’impasse. Una nuova stagione all’insegna delle riforme e della ripresa economica.



«È ormai sempre più evidente – dice il leader dei centristi a IlSussidiario.net – che questo bipolarismo non funziona. Il Paese attende riforme da quasi vent’anni che nessuna maggioranza, di centrodestra come di centrosinistra, è stata in grado di approvare. Bisognerebbe fare ogni sforzo per evitare il declino, l’Italia invece si sta avvitando in una spirale di odi contrapposti, di lotte corporative, territoriali, sindacali che rischiano di disgregarla. Aggiungiamo la crisi morale che è sotto gli occhi di tutti e non può più essere minimizzata».



La sua proposta nasce dalla convinzione che la crisi del governo e del berlusconismo sia vicina?

Il concetto che ho è espresso subito dopo le elezioni regionali è semplice e ancora valido: ci sono tre anni di legislatura davanti a noi e il Governo ha cento parlamentari di maggioranza su cui contare. Se è capace di realizzare le riforme necessarie, a partire da quelle economiche di cui abbiamo bisogno per reagire alla crisi, lo faccia. Siccome però non mi pare in grado, credo che prima o poi si debba aprire una fase politica nuova, con una formula che coinvolga le forze più responsabili dell’opposizione e consenta finalmente di affrontare i problemi dell’Italia.



Lei ha escluso in più occasioni un ingresso del suo partito in questo esecutivo, la sua proposta di “larghe intese” presuppone, senza eccezioni, la crisi dell’attuale governo?


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Un ingresso dell’Udc in questo esecutivo sarebbe ridicolo e umiliante. Non tradiamo il patto con gli elettori. I ribaltoni li ha fatti Bossi, non io. Di fronte alla gravità della crisi economica e alla difficile situazione del Paese penso sia indispensabile arrivare a un armistizio e fare appello a tutte le forze politiche perché si assumano le proprie responsabilità. Un appello che dovrebbe partire come è logico dalla maggioranza, da chi ha vinto le elezioni, e quindi da Berlusconi. A quel punto vedremmo chi ci sta e chi no. Per quanto mi riguarda di fronte a quest’ipotesi porrei una sola condizione: che si facciano le grandi riforme con la consapevolezza che bisognerà anche usare un linguaggio impopolare. Gli annunci e gli spot non risolvono i problemi.

La Lega Nord è stata la prima a rimandare la proposta al mittente. Secondo il Carroccio siete un partito nemico del federalismo. È così?

Solo chi non ci conosce o fa finta di non conoscerci può pensare che il nostro sia un partito anti-federalista. Il federalismo e la valorizzazione delle autonomie locali fanno parte del nostro dna e della nostra migliore tradizione politica, risalgono ai tempi di don Sturzo. Ma il federalismo serve a unire, non a dividere. La Lega poi mi pare così affezionata allo schema federale più  per mantenere i posti di potere e aumentare i centri di spesa: non vuole abolire infatti le province, non vuole liberalizzare i servizi pubblici, è contraria ad accorpare i Comuni più piccoli. Un federalismo di questo tipo non ci interessa e infatti non l’abbiamo votato. È poi sotto gli occhi di tutti una certa schizofrenia.

A cosa si riferisce?

Parla di federalismo e intanto si scatena la protesta delle Regioni colpendole con pesanti tagli che pagheranno i cittadini in termini di cancellazioni o riduzioni di servizi. Sono contraddizioni che i Governatori delle Regioni, a partire da Formigoni, hanno rilevato correttamente. E a Formigoni in primis va riconosciuto di averlo fatto con onestà intellettuale, superando le logiche di schieramento. Sia chiaro: la manovra è inevitabile e necessaria, ci viene richiesta dall’Europa e serve ad allontanare lo spettro della Grecia. Ma così com’è, è costruita male.

Molte delle critiche che oggi Fini pone a Berlusconi e al suo partito sono le stesse che motivarono il suo mancato ingresso nel Pdl. Fini è costretto a darle ragione con qualche anno di ritardo?

È una domanda che andrebbe rivolta a Fini. Quello che vedo è che i fatti stanno confermando in pieno quello che avevamo previsto due anni fa. Un partito fondato sul predellino, sull’aut aut “chi ci sta dentro, chi non ci sta fuori”, sul carisma di una sola persona, non poteva che essere destinato a implodere. Ma i problemi non riguardano solo il Pdl, anche il Pd sta attraversando una crisi profonda. È la fine dell’illusione del bipartitismo. Due anni fa noi abbiamo messo a repentaglio la nostra stessa esistenza politica per opporci ad esso. Oggi possiamo dire che avevamo visto giusto.
Berlusconi in passato ha provato a mettervi uno contro l’altro?

 
 

Non so se in passato Fini abbia accettato di essere usato contro di me. Di certo io non mi sono fatto usare né intendo farmi usare contro nessuno. E per il mio ruolo parlo con tutti: con Berlusconi, Fini o Bersani.

Esiste un “patto di consultazione” tra lei e il Presidente della Camera?

Assolutamente no, la mia prospettiva politica è quella di rimettere insieme questo Paese dilaniato e paralizzato da troppi scontri a tutti i livelli e andare oltre l’attuale bipolarismo. Gli italiani sono stanchi e soprattutto meritano di meglio.
Per quanto riguarda Fini, sta facendo bene il presidente della Camera. Le dinamiche interne alla maggioranza non mi interessano, sono problemi loro.

Siete pronti a formare con Fini il “terzo polo” se abbandonasse il Pdl? Se sì a quali condizioni?

Il Partito della Nazione è aperto a tutti, non è un restyling dell’Udc, è un soggetto nuovo capace di guardare al futuro, che riconosca il valore della tradizione da cui veniamo, ma che non abbia la nostalgia come programma politico. Un partito che consenta la costruzione di un nuovo sentire comune degli italiani e che traghetti questo Paese lacerato verso una pacificazione nazionale.
Se diventeremo il terzo polo si vedrà. Quanto a Fini: è nel Pdl e non mi pare intenzionato a uscirne.

Da ultimo, come giudica le reazioni alla vostra proposta soprattutto nelle file dell’opposizione?

Se avessi detto che a guidare il governo di larghe intese potrebbe essere Tremonti e non Berlusconi le risposte da parte di esponenti del Pd come Letta e Franceschini sarebbero state diverse e l’intervista di D’Alema conferma questo convincimento.
Chi sta all’opposizione dovrebbe prospettare vie d’uscita credibili dalla crisi in cui tutto il Paese si trova, non lavarsi la coscienza dicendo che va tutto male. A Berlusconi comunqe non faccio alcun regalo, quello che ci interessa è aiutare l’Italia a trovare una via d’uscita dalle difficoltà in cui si dibatte. È il Paese ad avere sempre più bisogno di "risorgere”.